Il ventennio berlusconiano e il diritto alla verità
Il momentaneo ritiro di Berlusconi mi aveva indotto a pensare che gli aspetti degenerativi della politica potessero scomparire come d’incanto.
Abbiamo assistito, nel ventennio berlusconiano, ad un continuo conflitto fra istituzioni ed in particolare tra partiti di maggioranza e Governo da una parte emagistratura dall’altra, accusata di manie di persecuzione e di volersi sostituire alla politica, ampliando il proprio campo d’azione.
Giuseppe Santino, oggi in pensione, è stato insegnante di lettere e dirigente scolastico.
Giuseppe Santino |
In una normale democrazia può accadere che i confini tra i poteri dello Stato si modifichino con il modificarsi della società nelle sue diverse espressioni ma senza giungere mai all’annullamento dell’uno o dell’altro. Con il rischio, come ci ha insegnato un altro ventennio, della fine della democrazia. La convinzione del cambiamento è volata via al primo venticello, non avendo tenuto conto dell’azione profonda,negativa, nella cultura politica del Presidente del Consiglio (metto le maiuscole perché non ne faccio un tutt’uno tra la funzionee la persona che pro tempore la esercita).
Abbiamo così assistito al sorgere di gruppi pro e contro, e ciò che temo, senza alcuna voglia di discutere e di valutare serenamente le proprie posizioni, chiusi in un manicheismo di bandiera che non aiuta la democrazia. In interventi piuttosto “pesanti” autorevoli rappresentati della sinistra hanno utilizzato linguaggi tipici della destra, abbattendo quella linea di demarcazione tra destra e sinistra che costituisce, anch’essa, una manifesta vita democratica.
L’on. Violante, magistrato, Presidente dell’antimafia, Presidente della Camera, ha parlato di complotto contro Napolitano e contro Monti, orchestrato dagli avversari politici quasi a voler sovvertire l’ordinamento costituzionale. È stata come acqua fresca nell’arido deserto della destra, che si è subito ringalluzzita, rilucidando le vecchie parole d’ordine per attaccare ancora una volta la magistratura, al grido crociato “Violante lo dice”.
L’on. Violante, magistrato, Presidente dell’antimafia, Presidente della Camera, ha parlato di complotto contro Napolitano e contro Monti, orchestrato dagli avversari politici quasi a voler sovvertire l’ordinamento costituzionale. È stata come acqua fresca nell’arido deserto della destra, che si è subito ringalluzzita, rilucidando le vecchie parole d’ordine per attaccare ancora una volta la magistratura, al grido crociato “Violante lo dice”.
Il ventennio berlusconiano ha operato anche questo miracolo: aver assottigliato il confine tra destra e sinistra anche attraverso i linguaggi per cui puoi dire “è di destra” “è di sinistra” in differentemente e senza margine di errore. In un clima di continuo conflitto la regola ad excludendum è la norma per cui tutto è utile e buono se serve ad annullare l’avversario e a toglierlo dalla competizione politica. Tutto è utile e buono se si riesce ad annullare chi compie il proprio dovere; il male non è nel ladro che ruba ma nel magistrato che lo persegue.
Se questa è la linea prevalente e il clima entro cui ci si sta muovendo nel rapporto fra istituzioni mi chiedo: il presidente Napolitano non avrebbe potuto valutare l’opportunità politica, anche in presenza di incertezze legislative, di non sollevare il conflitto di attribuzione, e anche in considerazione che l’intercettazione, indiretta, non ha alcuna rilevanza nell’indagine? Non avrebbe potuto considerare prioritario perseguire la ricerca della verità, senza far nascere inutili sospetti, su fatti che vedrebbero connivenze tra apparati dello Stato e la mafia e sulle eventuali incidenze di questi rapporti sugli attentati a Falcone e Borsellino? In considerazione che i cittadini hanno il diritto di sapere, di conoscere la verità sugli organismi statali e su chi li rappresenta e li governa?
Se questa è la linea prevalente e il clima entro cui ci si sta muovendo nel rapporto fra istituzioni mi chiedo: il presidente Napolitano non avrebbe potuto valutare l’opportunità politica, anche in presenza di incertezze legislative, di non sollevare il conflitto di attribuzione, e anche in considerazione che l’intercettazione, indiretta, non ha alcuna rilevanza nell’indagine? Non avrebbe potuto considerare prioritario perseguire la ricerca della verità, senza far nascere inutili sospetti, su fatti che vedrebbero connivenze tra apparati dello Stato e la mafia e sulle eventuali incidenze di questi rapporti sugli attentati a Falcone e Borsellino? In considerazione che i cittadini hanno il diritto di sapere, di conoscere la verità sugli organismi statali e su chi li rappresenta e li governa?
Credo che il diritto alla verità sia prioritario rispetto agli altri diritti perché una democrazia non può reggersi sulle menzogne, sulle manipolazioni e sugli scheletri negli armadi. Democrazia è verità e rispetto delle persone e delle istituzioni. Oltre c’è la deriva. E non vorrei che la storia del nostro Paese fosse sempre segnata da un “ventennio”.
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