Alcoa o Carbosulcis? Il caso di Eugenio Scalfari
Quando i grandi giornalisti sbagliano scrivendo della Sardegna.
Antonio Budruni |
Doverosa premessa: sono lettore del quotidiano La Repubblica sin dalla sua prima uscita, nell’ormai lontano 14 gennaio 1976, e nutro una grande ammirazione per il suo fondatore, Eugenio Scalfari.
Le migliaia di lettori sardi del quotidiano La Repubblica – il giornale non sportivo più letto in Italia – avranno strabuzzato gli occhi leggendo l’articolo di fondo di Eugenio Scalfari di domenica 2 settembre. Sì, quello che per molti lettori è diventato una sorte di sermone laico. Confesso che mai mi sarei aspettato di imbattermi in errori così grossolani in un giornalista che per molti è un vero e proprio mito vivente.
Analizzando “i mali antichissimi del nostro fragile Paese”, Scalfari affronta, tra gli altri, il tema spinoso della crisi dell’industria sarda. E, meraviglia, confonde l’Alcoa con la Carbosulcis.
Scrive infatti, a pag. 23: “Uno di questi è certamente l’Alcoa che gestisce le miniere sarde di carbone allo zolfo.” E, più, avanti, ancora equivocando: “Lo Stato però riuscì a vendere le miniere alla società canadese [è statunitense!] Alcoa che produce alluminio ed ha bisogno di carbone”. Insomma, il grande giornalista ha costruito un minestrone indigesto mischiando, con disinvoltura, Alcoa e Carbosulcis, e confondendo le attività dell’una e dell’altra. Indotto, probabilmente, da un’affrettata lettura di un pezzo di Alessandro Penati, bravo e documentato giornalista dello stesso quotidiano.
Ora, direte, si tratta di errori veniali, di sviste derivanti dalla necessità di letture rapide e di scritture altrettanto rapide su temi di scottante attualità.
Tutto vero e tutto giustificabile. Però, una riflessione ulteriore si impone. Perché gli svarioni sulla realtà sarda possono essere compiuti con maggiore facilità, anche da grandi giornalisti e da personaggi del mondo della cultura, mentre in pochi si permetterebbero di scrivere inesattezze non dico sulla Fiat, ma neppure sull’agroalimentare emiliano o sulle fabbriche di calzature delle Marche o sui mobilifici del Friuli.
Ho la sensazione che, per gran parte del mondo del giornalismo e della cultura (per non parlare di quello della politica) la Sardegna, e tutto ciò che la riguarda, sia ancora legata a quella vecchia poesia sulle regioni italiane di A. Cuman Pertile che molti di loro (piuttosto attempati) studiarono negli anni più verdi: “Sardegna bruna di là dal mare…”. Ecco, appunto: una realtà lontana, bella per passarci le vacanze, ma poi, comunque, diversa, strana, difficile da conoscere e da interpretare.
Nota della Redazione: nel numero di Repubblica di lunedì 3 settembre - quando questo articolo era già stato inviato alla redazione - Eugenio Scalfari si è scusato con i lettori per gli errori commessi.
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