Arrivano finalmente le nuove entrate per la Regione
Dunque lo Stato onora i suoi debiti verso la Sardegna.
Lo ha reso noto sabato scorso il deputato del Pd Giulio Calvisi che, anticipando i distratti Cappellacci e La Spisa, ha comunicato che nell'assestamento in corso del bilancio statale sono previsti i 1323 milioni che lo Stato deve ancora alla Regione, per il periodo 2010-2012, in base al nuovo articolo 8 dello Statuto sardo.
La notizia non dovrebbe lasciar spazio a trionfalismi di sorta dato che lo Stato si appresta, seppure con grave ritardo, ad adempiere ad un suo preciso ed ordinario obbligo costituzionale. Di questi tempi, però, in cui è persino difficile distinguere tra ciò che è ordinario e ciò che manifesta, invece, la straordinarietà degli eventi, la notizia diventa politicamente rilevante, generando, come tale, differenti e contrapposte reazioni.
Nel centro sinistra si riconosce al presidente Monti il merito di aver voluto finalmente chiudere l'umiliante, per la Sardegna, vicenda delle entrate negate dal governo Berlusconi. Nel centro-destra c'è chi, come Cappellacci e l'assessore La Spisa, si assume invece il merito del traguardo raggiunto, mentre Mauro Pili tuona, come suo solito, contro l'attuale governo che con una mano concede e con l'altra toglie.
Ricordo, a mia e vostra memoria, che il nuovo regime delle entrate della Regione era entrato in vigore nel gennaio del 2007 con la modifica dell'articolo 8 dello Statuto sardo, intervenuta a sua volta con la legge finanziaria statale del dicembre 2006 a seguito dell'accordo Prodi-Soru. Il nuovo sistema delle entrate, dopo un primo triennio di avvicinamento (2007-2009), sarebbe dovuto entrare a regime a partire dal 2010. Il governo Berlusconi si era però "dimenticato", sia nel bilancio del 2010 che in quello del 2011, di onorare il patto costituzionale con la Sardegna.
Una dimenticanza ovviamente voluta alla quale avevano specularmente fatto riscontro sia il silenzio di un allora assai meno tonante Pili che gli imbarazzati balbettii di Cappellacci e La Spisa, ondeggianti tra le assicurazioni di un inesistente stanziamento governativo accantonato per la Sardegna (agosto 2010) e la necessità di norme di attuazione dell'articolo 8 dello statuto regionale senza le quali, a loro dire, non si potevano pretendere dallo Stato le somme che ci erano dovute.
Ecco dunque il rilievo politico della notizia. Sappiamo oggi con certezza - ma lo vado scrivendo da oltre due anni - che il governo Berlusconi non aveva accantonato alcunché per la Sardegna e che le norme di attuazione non erano necessarie per il trasferimento di quanto dovuto alla nostra Regione. Mi è pertanto difficile comprendere quale vanto politico possano trarre da questa vicenda Cappellacci e la sua maggioranza. Forse per il tardivo ricorso alla Corte costituzionale al quale erano però obbligati sin dal 2010 da un preciso ordine del giorno del Consiglio regionale? Non scherziamo!
Non dovrebbe scherzare neanche l'onorevole Pili che usa due mazzi di carte per giocare la medesima partita, il che, come potete immaginare, ne falsa non poco il risultato. Con un lungo comunicato dell'altro ieri Pili ha, infatti, tentato di confondere l'opinione pubblica mettendo assieme dati assolutamente disomogenei per sminuire politicamente l'operato del presidente Monti. Una cosa sono, però, i fondi statali delle nuove e maggiori entrate della Regione che il governo finalmente ci trasferisce e al cui dato bisogna attenersi, punto e basta. Altra cosa è invece il contributo che le Regioni a statuto speciale, compresa la Sardegna, sono chiamate a dare, con la recente manovra contenuta nella legge dello "spending review", per la riduzione della spesa pubblica. Pili lo sa bene ma facendo finta di non saperlo compie un'azione politica scorretta, offendendo oltretutto l'intelligenza dei suoi concittadini.
Per tornare alla notizia, l'effettiva entrata a regime della riforma del 2006 sulle entrate regionali comporta per la Regione il diritto di chiedere, oggi, un importante ritocco, in rialzo, dei limiti del patto di stabilità in termini di maggiori pagamenti e impegni di spesa, come ha affermato la stessa Corte costituzionale. Se questo diritto ci venisse riconosciuto in tempi celeri se ne avvantaggerebbe già da quest'anno non solo la Regione, ma ne trarrebbero beneficio anche i comuni sardi. E di questi tempi ciò non è davvero poco.
Carlo Mannoni è stato il Vicepresidente e l'Assessore ai lavori pubblici della Regione Sardegna dal 2004 al 2009. Ha trascorso ad Alghero gran parte della sua infanzia e adolescenza.
Carlo Mannoni |
La notizia non dovrebbe lasciar spazio a trionfalismi di sorta dato che lo Stato si appresta, seppure con grave ritardo, ad adempiere ad un suo preciso ed ordinario obbligo costituzionale. Di questi tempi, però, in cui è persino difficile distinguere tra ciò che è ordinario e ciò che manifesta, invece, la straordinarietà degli eventi, la notizia diventa politicamente rilevante, generando, come tale, differenti e contrapposte reazioni.
Nel centro sinistra si riconosce al presidente Monti il merito di aver voluto finalmente chiudere l'umiliante, per la Sardegna, vicenda delle entrate negate dal governo Berlusconi. Nel centro-destra c'è chi, come Cappellacci e l'assessore La Spisa, si assume invece il merito del traguardo raggiunto, mentre Mauro Pili tuona, come suo solito, contro l'attuale governo che con una mano concede e con l'altra toglie.
Ricordo, a mia e vostra memoria, che il nuovo regime delle entrate della Regione era entrato in vigore nel gennaio del 2007 con la modifica dell'articolo 8 dello Statuto sardo, intervenuta a sua volta con la legge finanziaria statale del dicembre 2006 a seguito dell'accordo Prodi-Soru. Il nuovo sistema delle entrate, dopo un primo triennio di avvicinamento (2007-2009), sarebbe dovuto entrare a regime a partire dal 2010. Il governo Berlusconi si era però "dimenticato", sia nel bilancio del 2010 che in quello del 2011, di onorare il patto costituzionale con la Sardegna.
Una dimenticanza ovviamente voluta alla quale avevano specularmente fatto riscontro sia il silenzio di un allora assai meno tonante Pili che gli imbarazzati balbettii di Cappellacci e La Spisa, ondeggianti tra le assicurazioni di un inesistente stanziamento governativo accantonato per la Sardegna (agosto 2010) e la necessità di norme di attuazione dell'articolo 8 dello statuto regionale senza le quali, a loro dire, non si potevano pretendere dallo Stato le somme che ci erano dovute.
Ecco dunque il rilievo politico della notizia. Sappiamo oggi con certezza - ma lo vado scrivendo da oltre due anni - che il governo Berlusconi non aveva accantonato alcunché per la Sardegna e che le norme di attuazione non erano necessarie per il trasferimento di quanto dovuto alla nostra Regione. Mi è pertanto difficile comprendere quale vanto politico possano trarre da questa vicenda Cappellacci e la sua maggioranza. Forse per il tardivo ricorso alla Corte costituzionale al quale erano però obbligati sin dal 2010 da un preciso ordine del giorno del Consiglio regionale? Non scherziamo!
Non dovrebbe scherzare neanche l'onorevole Pili che usa due mazzi di carte per giocare la medesima partita, il che, come potete immaginare, ne falsa non poco il risultato. Con un lungo comunicato dell'altro ieri Pili ha, infatti, tentato di confondere l'opinione pubblica mettendo assieme dati assolutamente disomogenei per sminuire politicamente l'operato del presidente Monti. Una cosa sono, però, i fondi statali delle nuove e maggiori entrate della Regione che il governo finalmente ci trasferisce e al cui dato bisogna attenersi, punto e basta. Altra cosa è invece il contributo che le Regioni a statuto speciale, compresa la Sardegna, sono chiamate a dare, con la recente manovra contenuta nella legge dello "spending review", per la riduzione della spesa pubblica. Pili lo sa bene ma facendo finta di non saperlo compie un'azione politica scorretta, offendendo oltretutto l'intelligenza dei suoi concittadini.
Per tornare alla notizia, l'effettiva entrata a regime della riforma del 2006 sulle entrate regionali comporta per la Regione il diritto di chiedere, oggi, un importante ritocco, in rialzo, dei limiti del patto di stabilità in termini di maggiori pagamenti e impegni di spesa, come ha affermato la stessa Corte costituzionale. Se questo diritto ci venisse riconosciuto in tempi celeri se ne avvantaggerebbe già da quest'anno non solo la Regione, ma ne trarrebbero beneficio anche i comuni sardi. E di questi tempi ciò non è davvero poco.
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