Diada, storia di una rinascita dopo la sconfitta
Museo della storia della Catalogna, a Barcellona |
E’ probabilmente l’unico popolo, quello catalano, che adotta come festa nazionale l’anniversario di una sconfitta, forse la più disastrosa, invece di qualche altro avvenimento più felice. Tuttavia, ogni anno i catalani residenti in patria e all’estero celebrano con passione e orgoglio questo ultimo giorno di libertà riaffermando la propria identità e il proprio senso di appartenenza a una nazione. E’ una ricorrenza sentita, che vede il suo momento mediatico culminante a Barcellona nella cerimonia del parco della Ciutadella, davanti al Parlamento catalano, ma che viene ricordata e festeggiata con eventi, concerti, manifestazioni culturali e bandiere a “quatre barres” gialle e rosse, in tutti i comuni della Catalogna e all’estero, ovunque ci sia una comunità di catalani residenti.
Quest’anno la tradizionale festività ha un ulteriore significato. La “Diada” è da sempre accompagnata da manifestazioni parallele più o meno esplicitamente dedicate al diritto di autodeterminazione della nazione catalana e all’indipendenza di questa dalla Spagna. La manifestazione di quest’anno ha però una valenza amplificata.
E’ già da tempo che la tradizionale passione indipendentista catalana ha incrementato la propria intensità. Nel marzo del 2009 ci fu una importante manifestazione a Bruxelles, con migliaia di catalani che attraversarono la capitale d’Europa per attirare l’attenzione sui temi caldi tra cui anche l’inserimento del catalano tra le lingue ufficiali dell’Unione; poi la Diada del 2010, che ha evidenziato il problema dei tagli operati allo statuto di autonomia catalano (approvato quattro anni prima da un referendum popolare) da parte del tribunale costituzionale di Madrid. Tra il 2009 e il 2011 numerosi comuni hanno organizzato dei referendum indipendentisti (tutti stravinti dai SI) e nel frattempo sono nati nuovi gruppi e movimenti dedicati al raggiungimento dell’autodeterminazione.
Questa volta però il momento sembra propizio. Tant’è che gli organizzatori della manifestazione del 2012, per non lasciare adito a interpretazioni riduttive, hanno scelto il motto chiaro ed esplicito “ Catalunya, Nou Estat d’Europa” (Catalogna, Nuovo Stato Europeo).
Alle questioni storiche, alle rivendicazioni nazionali e alla crisi economica mondiale, inadeguatamente fronteggiata dalle politiche economiche attuate a Madrid (prima dai Socialisti di Zapatero e ora dai Popolari di Rajoy), si aggiunge oggi l’annosa questione del patto fiscale, ovvero l’accordo sulla gestione e la ripartizione delle entrate che al momento escono dalle casse della ricca Catalogna per finire nel buco nero della finanza pubblica a Madrid, senza nessuna contropartita nei confronti di una regione che è il motore trainante dell’economia spagnola.
Secondo molti giornali catalani, un sondaggio fatto oggi su un ipotetico referendum sull’indipendenza vedrebbe una vittoria schiacciante del Si, con solo un 15-20 % di voti a favore del mantenimento dello status quo.
La differenza rispetto agli anni passati si nota. Numerosi parlamentari catalani e persone influenti del mondo della cultura hanno iniziato a lanciare messaggi espliciti, anche a livello europeo, chiedendo a gran voce l’opportunità per il popolo catalano di esprimere in maniera diretta la propria volontà. Il presidente della Generalitat, Artur Mas, ha deciso (dopo alcune esitazioni) di non partecipare alla manifestazione; il solo fatto che abbia considerato questa opzione lascia intendere che l’aria è cambiata.
L’eco di queste esternazioni si è sentito anche a Bruxelles dove la questione dell’indipendenza catalana è tenuta sotto attenta osservazione. Anche José Manuel Barroso, che sino a oggi aveva attentamente schivato la questione, chiamato in causa da un’eurodeputata ha affermato il 30 agosto scorso che “ nell’ipotesi di secessione di una regione da uno Stato Membro, la soluzione sarebbe da trovarsi attraverso una negoziazione secondo le regole dei trattati internazionali”. Vista la proverbiale prudenza adottata dai politici Europei su tutti gli argomenti e in particolare su una fattispecie così delicata e inusuale (sarebbe la prima volta in Europa), una dichiarazione di questo tenore, che mette la materia direttamente tra le mani di un’entità sovranazionale come l’UE, saltando a piè pari il governo nazionale interessato, è da considerarsi rivoluzionaria.
Ad Alghero non si fa eccezione e, come succede già da due anni, è già pronto un piccolo ma interessante calendario di manifestazioni all’insegna della cultura e della lingua catalana.
Si comincia con un omaggio presentato dai bambini di Alghero al Monumento all’Unità della Lingua Catalana. Dopo la cerimonia, ci si trasferirà alla sala conferenze del Chiostro di San Francesco, dove la Professoressa Rosa Maria Delor del “Centre de documentació i Estudi Salvador Espriu” di Arenys de Mar, terrà una conferenza su "Salvador Espriu i l'Alguer", accompagnata dalla voce della cantante Franca Masu che leggerà alcune poesie dell’autore catalano. Il 12 settembre, alle ore 19.00 presso la Sala Manno della Società Umanitaria (via Marconi 10), si terrà la proiezione del documentario "Barcelona en dos colors" di Alberto Diana. Seguirà un dibattito con l'autore e Raffaele Pinto, professore di letteratura italiana all'università di Barcellona.
Joan-Elies Adell Pitarch dirige l'Espai Llull, la sede di rappresentanza ad Alghero della Generalitat de Catalunya
Altri in
Recenti in
Recenti in
Commenti