Dov'è scomparso l'Eccoci?
L'”Eccoci!” di Berlinguer è stata una precisa scelta politica di un partito di sinistra. Il Pd sembra imboccare un’altra strada.
Giuseppe Santino |
Sembra un bollettino di guerra quello dell’ISTAT: diminuiscono gli investimenti, i consumi ed il PIL. L’occupazione under 35 è diminuita del 20% in cinque anni e numeri a due cifre riguardano anche gli over. Nessuno di loro ha, oggi o nel breve periodo, una concreta possibilità di uscire dal tunnel di un futuro che non c’è.
Leggiamo i dati di casa nostra, dove l’assenza di lavoro sembra essere endemica. La Sardegna dal 2003 ha visto ridurre i posti di lavoro di oltre 2500 unità con la chiusura di piccole e medie imprese e con il ridimensionamento dei poli industriali, ridotti al lumicino. E se un qualche spiraglio c’è per Nuraxi Fogus e il Carbonsulcis, con 463 operai in attesa di rilancio, le prospettive sono ancora avvolte nel buio per Alcoa, con 500 operai a rischio lavoro e ribellione. Per non considerare l’indotto.
Non si può dire che il problema lavoro non sia all’attenzione della nostra classe politica, anche per l’“attivismo” dei ministri, con un continuo discutere di soluzioni che non trovano, però, applicazione per la salvaguardia del lavoro e per dare dignità al lavoratore.
Ciò che più mi ha suscitato stupore e mi induce a fare una riflessione è l’assenza dei responsabili nazionali del PD dalle fabbriche e dai luoghi di protesta e di lotta degli operai. Come altrettanta perplessità ha suscitato l’assenza della FIOM dalle feste del PD. I rappresentanti locali sono presenti e vicini agli operai chiusi nella profondità della miniera o che si trovano ad occupare la sommità di una torre ed è ovvio che la presenza in sé del segretario nazionale non avrebbe cambiato la loro condizione.
Ciò che più mi ha suscitato stupore e mi induce a fare una riflessione è l’assenza dei responsabili nazionali del PD dalle fabbriche e dai luoghi di protesta e di lotta degli operai. Come altrettanta perplessità ha suscitato l’assenza della FIOM dalle feste del PD. I rappresentanti locali sono presenti e vicini agli operai chiusi nella profondità della miniera o che si trovano ad occupare la sommità di una torre ed è ovvio che la presenza in sé del segretario nazionale non avrebbe cambiato la loro condizione.
Ma è anche vero che la presenza fisica avrebbe creato una reazione psicologica di forte speranza; il non sentirsi soli in situazioni di precarietà è a volte la spinta a superarle. L'”Eccoci!” di Enrico Berlinguer accanto agli operai è stata una precisa scelta politica di un partito di sinistra. Il Pd sembra che abbia imboccato un’altra strada: l’adesione con aristocratico distacco.
I partiti di maggioranza non hanno ricevuto insieme la delegazione dei lavoratori dell’Alcoa, ma ciascuno separatamente è intervenuto a dire la propria. E gli operai sperano che almeno “colpiscano uniti”. A giustificare gli incontri separati è intervenuto Stefano Fassina, responsabile economico del PD, per dire che non era nell’agenda un incontro unitario per cui era da escludere. Ma poi ha dato una giustificazione politica che lascia alquanto di stucco: l’incontro a tre con i rappresentanti dei lavoratori avrebbe "tagliato fuori l'opposizione", e, considerando che la vicenda dell’Alcoa non è "questione di maggioranza od opposizione … sarebbe stato un errore e avrebbe indebolito la vertenza dei lavoratori".
Francamente non capisco cosa o chi, in ogni caso, avrebbe impedito a Di Pietro, o ad altri dell’opposizione, di incontrare la delegazione dell’Alcoa e in che modo sarebbe stato un danno per la vertenza. Sarebbe potuto succedere il contrario; considerate le posizioni di Passera e della Fornero. Sarebbe stato il segno della presenza di un partito di sinistra impegnato ad affrontare e risolvere con le altre forze sociali i problemi degli operai e dei minatori. Specie in una regione, come la Sardegna, così fortemente colpita da una crisi che si sedimenta su difficoltà secolari che hanno costituito un freno allo sviluppo.
II perché di questa assenza, notata da molti, va cercato nella difficoltà del PD di definire la propria collocazione nello scenario politico del nostro Paese. È un partito con molte anime, segno di ricchezza si può dire, a volte, ma in questo caso credo che sia segno di “impastoiamento” politico.
Dopo aver rotto con Di Pietro, si sta con Vendola e si strizza l’occhio a Casini, anche per non compromettere il delicato equilibrio interno e l’appoggio al governo Monti. Rivedo in qualche modo l’asino di Buridano che, non decidendo da dove attingere la biada, muore di fame. Sarebbe stato importante che nella manifestazione di Roma, in quel clima di forte tensione, ci fosse stato, non solo Fassina, contro cui si è scagliata la rabbia dei manifestanti, ma un altro “Eccoci!”. Importante sul piano umano di condivisione, di solidarietà e di forte partecipazione al dramma che ogni giorno vivono i lavoratori sardi; importante per un partito che avrebbe dato il segno della propria collocazione politica, uscendo da un avvitamento senza fine: centro, sinistra, centro-sinistra.
Tutte forme dai contorni evanescenti e dai contenuti incerti. L’elettore non sa, al momento del voto, cosa ha scelto. Sembra il gioco delle tre carte dove, però, l’unico a perdere sempre è il giocatore-cittadino-elettore.
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