Francesco e Fabiano, così vicini e così tanto lontani
Sulle tragiche vicende di Francesco Menneas e Fabiano Murgia, sui giovani e sulla società che di essi non si fa carico come dovrebbe.
Dedico queste riflessioni sulle tragiche vicende di Francesco Menneas e Fabiano Murgia, ai giovani innanzitutto ed inoltre alla società che di essi dovrebbe farsi carico e non lo fa come dovrebbe.
Penso, scrivendo su questo sito di Alghero, ai tanti ragazzi algheresi privi di lavoro ed a quelli in grave sofferenza morale e sociale che hanno fatto esperienza della droga e da essa sono stati travolti o rischiano di esserlo. Tali giovani andrebbero protetti e aiutati nel momento dell'estremo bisogno, ma non sempre le autorità riescono a farlo come vorrebbero, anche per mancanza di mezzi, come leggiamo anche nelle cronache algheresi. Compito primario della politica è però quello di impegnarsi a fondo con azioni di contrasto concrete per combattere il disagio giovanile.
Carlo Mannoni |
Penso, scrivendo su questo sito di Alghero, ai tanti ragazzi algheresi privi di lavoro ed a quelli in grave sofferenza morale e sociale che hanno fatto esperienza della droga e da essa sono stati travolti o rischiano di esserlo. Tali giovani andrebbero protetti e aiutati nel momento dell'estremo bisogno, ma non sempre le autorità riescono a farlo come vorrebbero, anche per mancanza di mezzi, come leggiamo anche nelle cronache algheresi. Compito primario della politica è però quello di impegnarsi a fondo con azioni di contrasto concrete per combattere il disagio giovanile.
Ci guarda, quasi sorridente da quella foto ripetutamente pubblicata sui giornali, Francesco Menneas di Orgosolo, e non ci sembra certo un giovane sbandato. Con quella faccia da bravo ragazzo ci riesce addirittura difficile immaginarlo, col viso imbrattato di nero per travisarne le sembianze, mentre rapina una gioielleria in una anonima e tranquilla mattina, come tante altre, ad Orani. Per rimanere poi ucciso per un incidente, si è scritto, dal suo stesso complice. Francesco aveva appena 22 anni.
Ci sorride anch'egli solo dai quotidiani, ormai, il povero Fabiano Murgia di Oniferi che martedì mattina, un'altra tragica mattina, ha perso la vita in un incidente sul lavoro in un cantiere stradale sulla statale 131 D.c.n. Abbasanta - Nuoro. Un altro incidente ma di ben altro tipo: caduto sul lavoro, come si dice in termini burocratici. Aveva solo 24 anni, Fabiano, e una gran voglia di vivere che traspare da quel suo sorriso bello e solare delle foto sui giornali.
Da Oniferi ad Orgosolo la distanza è breve, soltanto 27 chilometri. I due si sono magari qualche volta incrociati, addirittura sfiorati in una domenica sera durante una delle non poche feste dei paesi dei rispettivi circondari. Ci piace immaginarli così, fotografarli in un momento di serenità e spensieratezza, prima dei tragici eventi, come esempio di tanti giovani dei nostri paesi. Paesi e basta, lasciamo da parte, una volta tanto, la distinzione tra quelli dell'interno e gli altri, tanto accomunati sono essi dal malessere e dalla disoccupazione giovanile estrema.
Le loro strade si sono di nuovo divise, quella domenica sera, e non solo fisicamente. Fabiano fa ritorno ad Oniferi con in testa la squadra di calcio del Montalbo, nella quale gioca da terzino, ed il lavoro da riprendere la mattina dopo nel cantiere stradale. Un lavoro come quello del padre, anche lui operaio. A Fabiano quel lavoro non piace, così dicono, ma è già tanto averlo e, in una terra di tanti disoccupati, è come una vera ricchezza. E' sereno e mentre fa ingresso nel suo paese guarda al domani con ottimismo.
Anche Francesco fa rientro, quella domenica sera, al suo paese, Orgosolo. Lui fa l'allevatore, lo stesso lavoro del padre come per Fabiano.Suo padre però se n'e' volutamente andato presto da questa vita ed ora tocca a lui, pur così giovane, badare alla famiglia, madre e due sorelline. Un lavoro duro il suo, come quello del ragazzo di Oniferi, ma a lui piace. D'altronde non ne conosce altri e pensa che quello sarà il lavoro della sua vita. Mentre guida la sua Audi 3 verso Orgosolo pensa alle bestie da accudire e a quell'impegno per il venerdì successivo che un po' lo preoccupa. Quei due, però, lo hanno rassicurato. Una cosa veloce, a mezzogiorno sarai di nuovo nella tua campagna, gli hanno detto. Devi limitarti a legare veloce, come fai con le bestie, al resto pensiamo noi.
Fabiano ha scelto. Sa che la vita è fatica e lui spera un giorno di andare avanti nel lavoro, di farne uno migliore. Per questo ha deciso che la vita va vissuta con attesa paziente e l'avvenire costruito pezzo per pezzo.
Ci sorride anch'egli solo dai quotidiani, ormai, il povero Fabiano Murgia di Oniferi che martedì mattina, un'altra tragica mattina, ha perso la vita in un incidente sul lavoro in un cantiere stradale sulla statale 131 D.c.n. Abbasanta - Nuoro. Un altro incidente ma di ben altro tipo: caduto sul lavoro, come si dice in termini burocratici. Aveva solo 24 anni, Fabiano, e una gran voglia di vivere che traspare da quel suo sorriso bello e solare delle foto sui giornali.
Da Oniferi ad Orgosolo la distanza è breve, soltanto 27 chilometri. I due si sono magari qualche volta incrociati, addirittura sfiorati in una domenica sera durante una delle non poche feste dei paesi dei rispettivi circondari. Ci piace immaginarli così, fotografarli in un momento di serenità e spensieratezza, prima dei tragici eventi, come esempio di tanti giovani dei nostri paesi. Paesi e basta, lasciamo da parte, una volta tanto, la distinzione tra quelli dell'interno e gli altri, tanto accomunati sono essi dal malessere e dalla disoccupazione giovanile estrema.
Le loro strade si sono di nuovo divise, quella domenica sera, e non solo fisicamente. Fabiano fa ritorno ad Oniferi con in testa la squadra di calcio del Montalbo, nella quale gioca da terzino, ed il lavoro da riprendere la mattina dopo nel cantiere stradale. Un lavoro come quello del padre, anche lui operaio. A Fabiano quel lavoro non piace, così dicono, ma è già tanto averlo e, in una terra di tanti disoccupati, è come una vera ricchezza. E' sereno e mentre fa ingresso nel suo paese guarda al domani con ottimismo.
Anche Francesco fa rientro, quella domenica sera, al suo paese, Orgosolo. Lui fa l'allevatore, lo stesso lavoro del padre come per Fabiano.Suo padre però se n'e' volutamente andato presto da questa vita ed ora tocca a lui, pur così giovane, badare alla famiglia, madre e due sorelline. Un lavoro duro il suo, come quello del ragazzo di Oniferi, ma a lui piace. D'altronde non ne conosce altri e pensa che quello sarà il lavoro della sua vita. Mentre guida la sua Audi 3 verso Orgosolo pensa alle bestie da accudire e a quell'impegno per il venerdì successivo che un po' lo preoccupa. Quei due, però, lo hanno rassicurato. Una cosa veloce, a mezzogiorno sarai di nuovo nella tua campagna, gli hanno detto. Devi limitarti a legare veloce, come fai con le bestie, al resto pensiamo noi.
Fabiano ha scelto. Sa che la vita è fatica e lui spera un giorno di andare avanti nel lavoro, di farne uno migliore. Per questo ha deciso che la vita va vissuta con attesa paziente e l'avvenire costruito pezzo per pezzo.
Anche Francesco ha scelto: più di Fabiano ha sperimentato presto le asperità della vita e con essa si sente in credito per quella morte del padre tanto precoce quanto inspiegabile. Così lui, che come altri ad Orgosolo è pericolosamente bordline, deve aver avuto lo stesso pensiero di quel giovane che rivolgendosi a don Casula, ex parroco di Orgosolo, gli avrebbe confidato dopo la tragedia: ma se il colpo riesce ci si sistema per tutta la vita. E infatti Francesco sceglie una drammatica scorciatoia per pareggiare quel credito con la vita che sente suo e che la vita mai gli salderà.
Due ragazzi della nostra terra morti giovanissimi. Due ragazzi così vicini per età e per territorio eppure così lontani a cospetto dei valori fondamentali della vita. La Chiesa nuorese ha pubblicamente espresso la misericordia e il perdono di Dio per il giovane Francesco. Con un duro monito però, religioso e laico, rivolto a se stessa ed alla comunità civile: a nome di questa comunità ti chiediamo scusa, Francesco, per non averti insegnato i veri valori. E la comunità di Orgosolo si è stretta attorno a questo estremo dramma umano, e lo facciamo anche noi in nome di un umanesimo oggi sin troppo dimenticato.
Fabiano non aveva invece cercato alcuna scorciatoia pericolosa per andare avanti. Di pericoloso, nella sua vita, c'era solo il lavoro. E tanto più il lavoro è pericoloso tanto più severe debbono essere le norme di sicurezza applicate. Questa dovrebbe essere la regola: sappiamo però che così non è. Fabiano è infatti morto per una responsabilità diretta, e non indiretta questa volta, della comunità civile, che lo ha lasciato solo, non lo ha protetto in quel cantiere aperto accanto alle auto in corsa spesso incuranti dei limiti di velocità.
La sua morte è un duro monito, questa volta civile e laico, tanto per chi fa le leggi sul lavoro quanto, anzi soprattutto, per chi ha l'autorità per farle applicare. Affinché la morte di Fabiano non venga archiviata e subito dimenticata come un evento tragicamente normale.
Due ragazzi della nostra terra morti giovanissimi. Due ragazzi così vicini per età e per territorio eppure così lontani a cospetto dei valori fondamentali della vita. La Chiesa nuorese ha pubblicamente espresso la misericordia e il perdono di Dio per il giovane Francesco. Con un duro monito però, religioso e laico, rivolto a se stessa ed alla comunità civile: a nome di questa comunità ti chiediamo scusa, Francesco, per non averti insegnato i veri valori. E la comunità di Orgosolo si è stretta attorno a questo estremo dramma umano, e lo facciamo anche noi in nome di un umanesimo oggi sin troppo dimenticato.
Fabiano non aveva invece cercato alcuna scorciatoia pericolosa per andare avanti. Di pericoloso, nella sua vita, c'era solo il lavoro. E tanto più il lavoro è pericoloso tanto più severe debbono essere le norme di sicurezza applicate. Questa dovrebbe essere la regola: sappiamo però che così non è. Fabiano è infatti morto per una responsabilità diretta, e non indiretta questa volta, della comunità civile, che lo ha lasciato solo, non lo ha protetto in quel cantiere aperto accanto alle auto in corsa spesso incuranti dei limiti di velocità.
La sua morte è un duro monito, questa volta civile e laico, tanto per chi fa le leggi sul lavoro quanto, anzi soprattutto, per chi ha l'autorità per farle applicare. Affinché la morte di Fabiano non venga archiviata e subito dimenticata come un evento tragicamente normale.
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