La chimica verde non esiste
Perché dire no all'industria di trasformazione delle biomasse in prodotti chimici e combustibili in Sardegna.
Enrico Muttoni |
Mettiamo subito in chiaro una cosa: la chimica verde non esiste. Per lo stesso motivo per cui non esiste la fisica gialla o la matematica pervinca. Chi ha coniato questa espressione ha associato due concetti per dare una connotazione positiva ad una materia, quella chimica appunto, che gli italiani non studiano, non capiscono, temono e quindi non vogliono tradurre in industria.
Personalmente sono contrario ad un'industria di trasformazione delle biomasse vegetali per la produzione di prodotti chimici di base o, meno che mai, di combustibili. Le ragioni della mia convinzione sono tecniche, economiche e sociali, e sono generali, cioè indipendenti dal tipo di coltura che si andrebbe ad impiantare per la produzione di prodotti di base o derivati.
Se si costruisce un impianto industriale chimico, di qualunque tipo, bisogna garantirgli l'approvvigionamento di materia prima. Se la materia prima sono le biomasse, questo è il primo ostacolo, dato che la caratteristica della produzione agricola è la stagionalità. Nè si può pensare a cercare lontano le fonti di approvvigionamento, perchè i costi diventerebbero insostenibili: si pensi ad un impianto di biofuel che finirebbe con l'alimentare i mezzi di trasporto che devono portare il raccolto: più questo arriva da lontano, più il rendimento si abbassa.
L'altra caratteristica delle produzioni agricole è la variabilità delle annate: per mantenere la costanza della produzione, non si porrebbe limite all'uso di pesticidi o fitofarmaci, con pesante compromissione ambientale.
Terzo argomento, la quantità di prodotto. Si è parlato, per Porto Torres, di un impianto da 50 mila tonnellate annue: il carico di mezza nave. Quando di solo fenolo se ne producevano 180 mila, e 60 mila di acetone, e si lavoravano svariate centinaia di migliaia di tonnellate di virgin nafta.
Vale la pena di dedicare e rischiare un territorio per alimentare produzioni così limitate, e quindi richiedenti limitata mano d'opera? O siamo di nuovo davanti a pseudo imprenditori che vogliono produrre perchè la Regione gli regala infrastrutture, terreni, ed agevolazioni di ogni genere, per attuare una sperimentazione che non farebbero a casa loro? Che esperienza pilota possono vantare?
Infine, sono pregiudizialmente contrario ad adibire un vasto territorio, anche se incolto da sempre, alla produzione di biomasse non destinate alla alimentazione umana o animale. Perchè si innesca la concorrenza perversa tra chi vuole alimentare le macchine e chi vuole semplicemente mangiare, e ho paura di sapere chi andrebbe a vincere. Il tutto falsato dalla falsa sensazione della economicità, dimenticando che il prezzo al pubblico dei combustibili è gravato da una eccessiva fiscalità. Se questa fosse applicata nella stessa misura ai bioprodotti, addio convenienza e mercato.
In buona sostanza, la chimica delle biomasse è certamente una lodevole iniziativa solo se la produzione non ha per concorrenti dei derivati estraibili dal petrolio. Ben venga invece una chimica per la valorizzazione dei principi attivi vegetali, basata sulla ricerca. Con il recupero di energia dalle biomasse lavorate. Ma questo discorso non interessa purtroppo nessuno, nemmeno il mondo accademico, grande assente in Sardegna quando si parla di ricerca e sviluppo industriale.
Ai sostenitori della cosiddetta chimica verde, vorrei ricordare che un bellissimo impianto a biomasse, in Sardegna, è stato criminalmente chiuso pochi anni fa: era lo zuccherificio di Villasor, che era sufficiente, ad abundantiam, ai consumi sardi. Lì si sarebbero potuti sfruttare i cascami per la produzione di energia, dopo aver estratto lo zucchero, chiudendo il ciclo. Ma questa azienda aveva tutte le caratteristiche che i politici non vogliono: guadagnava, incrementava l'agricoltura locale, aveva prospettive autonome, che non dovevano passare per il clientelismo. Ebbene, questo gioiello è stato venduto e raso al suolo, per incassare le quote di non so quale regolamento europeo.
Quella era chimica (verde?): l'unica per la quale mi batterei.
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