L'eterna gravidanza della politica
Sulla gestazione della riforma elettorale.
Ma allora dove sta la “truffa”?
Giuseppe Santino |
Filippo Ceccarelli sul quotidiano “La Repubblica” ha definito la gestazione della riforma elettorale come l’eterna gravidanza della politica nella seconda Repubblica. E coglie nel segno.
Assistiamo, difatti, ad un continuo proporre, da parte dei partiti, di modelli, di tecniche e di sistemi sempre diversi, mescolandoli tra di loro come se fossero degli oggetti utili per ogni azione e privi di una peculiarità, a volte anche inconciliabile.
Ogni sistema elettorale presuppone una visione politica della vita democratica di un Paese ed è l’espressione di una storia e di una cultura, non trasferibile in altri contesti con altra storia ed altra cultura. Ma anche i riferimenti alla legge per gli enti locali dimostra come ci sia approssimazione nelle proposte perché non tiene conto che lì si sceglie direttamente il sindaco o il presidente.
Manca nei partiti quel colpo di reni che li farebbe volare alto in un quadro complessivo di sviluppo delle istituzioni democratiche attraverso la partecipazione vera, reale e determinante del cittadino-elettore. Si discute di collegi proporzionali, maggioritari, di liste brevi, di preferenze. E ciascun proponente minaccia fulmini e saette se non si accolgono le proprie indicazioni, con buona pace delle dichiarazioni di disponibilità al dialogo.
È anche vero che la riforma elettorale, proprio perché non dovrà riguardare il singolo partito ma l’interesse generale, consolidare i rapporti democratici e salvaguardare le istituzioni, dovrà essere il risultato di un compromesso, speriamo il meno basso possibile, tra le forze politiche.
Personalmente ho più di una perplessità nel credere nella capacità della nostra classe politica di andare oltre il “particulare”. E questa perplessità nasce da un punto nodale delle singole proposte: il premio di maggioranza. Anche se in linea di principio sono tutti d’accordo nell’attribuire il premio del 10% o del 15%, ci sono delle differenze sui soggetti che ne dovrebbero fruire: il partito con più voti o la coalizione.
Non è un problema di poco conto perché il premio al partito maggioritario vuole aumentare il potere di questo all’interno della coalizione che si formerà dopo le elezioni; il premio alla coalizione tende ad equilibrare i pesi all’interno dell’alleanza che dovrà nascere prima del voto. E non è da tenere in poco conto il fatto che, in assenza di una alleanza preventiva su un programma condiviso, ancora una volta i cittadini voteranno ma non sapranno chi governerà il Paese. Si ritorna a piè pari alla prima Repubblica, dove, però, nonostante le degenerazioni personali o di gruppi politici, si aveva un senso delle istituzioni.
Il premio di maggioranza mi richiama alla memoria un’altra legge, la legge “truffa”. Era il 1953. Le elezioni comunali del ‘52 avevano segnato un aumento dei partiti di opposizione che lasciava prevedere un ridimensionamento del centro. Per contrastare questa ormai chiara progressiva avanzata delle forze di opposizione, la DC ed i suoi alleati vararono la legge che, nelle imminenti elezioni politiche, avrebbe concesso un premio al partito o alla coalizione che avesse raggiunto la maggioranza assoluta, cioè una maggioranza in grado di governare anche senza il premio. Per la forte opposizione delle sinistre e delle destre e di quei gruppi liberali, come Ferruccio Parri, Piero Calamandrei, Francesco Saverio Nitti la legge venne abrogata. Rimase il sistema proporzionale con le preferenze, nel bene e nel male.
Nella proposta di questi giorni il premio va a coprire una parte dei risultati non pervenuti dal voto. Stando ai sondaggi (che bella invenzione!) nessun partito pur con il premio è in grado di governare senza alleanze e le stesse alleanze devono essere ben folte. Assisteremo ancora alla mercificazione della politica e, in assenza delle ideologie (siamo tutti contenti della loro fine senza pensare che è la fine anche delle utopie) temo che il Parlamento sarà sempre più simile ad una stazione ferroviaria, chi parte e chi arriva e chi sta aspetta, in attesa del treno migliore.
Ma allora dove sta la “truffa”?
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