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No agli enti pubblici-armatori
Pur detestando lo statalismo, sono assolutamente contrario all’eccesso di liberismo che, alla luce del “laissez faire”, mette l’economia e la vita di un popolo nelle mani di pochi imprenditori.
Lo Stato, piuttosto, o la Regione, deve intervenire nell’economia per tutelare il bene comune.
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Vittorio Guillot |
Lo Stato, piuttosto, o la Regione, deve intervenire nell’economia per tutelare il bene comune.
Ciò vale anche per il sistema dei trasporti marittimi, indispensabili per la vita del popolo sardo, dato che l’isolamento è un grande svantaggio perché rende difficili i movimenti delle persone, le importazioni e le esportazioni delle merci e lo sviluppo del turismo.
In Sardegna, purtroppo, la liberalizzazione senza vere regole ha causato un aumento sconsiderato dei costi dei biglietti navali che rischia di strangolarci. Ciò non è giusto, ma è ovvio che succeda, perché gli armatori, come ogni imprenditore, sono portati a fare i propri interessi e a massimizzare i profitti.
E’ l’ente pubblico, Stato o Regione, che deve curare che questi interessi si armonizzino con i bisogni della comunità.
Da noi, almeno per quanto riguarda i trasporti marittimi, questa armonizzazione è mancata e la “politica” non ha indirizzato l’iniziativa privata verso gli interessi della gente. Ci si è affidati totalmente al mercato e gli armatori hanno fatto ciò che più è loro convenuto.
Francamente sono contrario agli enti pubblici che si improvvisano imprenditori o armatori perché il più delle volte, per incapacità professionale, offrono dei servizi pessimi che, per di più, causano sprechi di pubblico denaro. Sprechi aggravati anche dal fatto che gli organici dei carrozzoni pubblici, o che, comunque, si reggono su finanziamenti pubblici, per questioni clientelari, sono gonfiati con l’assunzione di un numero esorbitante di "lavoratori" incompetenti ed incapaci.
Perciò penso che sia assai meglio che l’ente pubblico stabilisca le regole che disciplinano i servizi, effettui i controlli ma non li gestisca direttamente. Credo anche che non si possano ottenere dei concreti miglioramenti se non si attuano dei cambiamenti istituzionali che eliminino gli abusi della partitocrazia e diano il potere al popolo, organizzato democraticamente nelle categorie produttrici.
Indubbiamente occorre che una forte moralità civile sia maggiormente diffusa e non credo che la “società civile” sia esente da difetti e vizi né che i politici siano tutti e solo corrotti ed incapaci . Con l’affidare un maggiore potere decisionale alle categorie sociali si favorirebbe, perlomeno, il controllo reciproco e trasparente tra i loro diversi interessi.
In altre parti del mondo i commercianti, gli autotrasportatori, gli industriali, gli artigiani, gli agricoltori e gli operatori turistici hanno costituito delle società d’armamento, hanno acquistato o noleggiato le navi e, così, trasportando persone e cose a prezzi modici, hanno battuto la concorrenza di pochi armatori.
In Sardegna un solo grosso autotrasportatore si è ‘riciclato’ in armatore e trasporta i camion a prezzi concorrenziali. È possibile che il suo esempio sia seguito dalle altre categorie di imprenditori? Un modo, forse più adatto alla nostra situazione e alla nostra cultura, per risolvere la questione in favore delle popolazioni e delle imprese sarde, consiste nel dare in concessione i servizi di linea marittimi al miglior offerente. Il concedente, ossia lo Stato o, se ne avesse la competenza, la Regione, nel bandire il bando di gara, dovrebbe stabilire le condizioni di trasporto ed il tetto massimo delle tariffe.
Questa impostazione del problema e l’interferenza dell’ente pubblico, mi sembra legittima e mi pare che non contrasti con la normativa dell’ Unione Europea, anche perché quelle navi utilizzano i porti costruiti e mantenuti con finanziamenti pubblici.
Beninteso le tariffe non devono essere adottate arbitrariamente, ma tenendo conto delle esigenze del ‘mercato’. Non dimentichiamo, infatti, che il mercato dei noli marittimi è, da sempre, il più aperto alla concorrenza internazionale, dato che le navi, per lavorare, potenzialmente possono essere facilmente trasferite da un continente all’altro.
Nello stabilire condizioni e tariffe occorre, quindi, tenere realisticamente conto se, e fino a che punto, gli armatori sono disposti a trasferire le tipologie di navi necessarie per i collegamenti con la Sardegna in altre parti del mondo, con le quali si entra necessariamente in concorrenza. Se ignorassimo questo particolare, nessun armatore parteciperebbe a quelle gare. Le ’indagini di mercato’ servono anche a questo.
In questa ottica capisco che, per assicurare i collegamenti marittimi anche in periodi di magra, si possano e elargire delle sovvenzioni pubbliche, purché vengano erogate con razionalità e parsimonia e solo se indispensabili.
In definitiva, pur dovendo fare i conti con il mercato, se si sottoponessero i servizi ad una concessione opportunamente disciplinata, si porrebbero comunque dei limiti alla assoluta assenza di regole che consegna la vita della nostra Isola nelle mani di pochi.
Vittorio Guillot ha ricoperto il grado di ammiraglio
In Sardegna, purtroppo, la liberalizzazione senza vere regole ha causato un aumento sconsiderato dei costi dei biglietti navali che rischia di strangolarci. Ciò non è giusto, ma è ovvio che succeda, perché gli armatori, come ogni imprenditore, sono portati a fare i propri interessi e a massimizzare i profitti.
E’ l’ente pubblico, Stato o Regione, che deve curare che questi interessi si armonizzino con i bisogni della comunità.
Da noi, almeno per quanto riguarda i trasporti marittimi, questa armonizzazione è mancata e la “politica” non ha indirizzato l’iniziativa privata verso gli interessi della gente. Ci si è affidati totalmente al mercato e gli armatori hanno fatto ciò che più è loro convenuto.
Francamente sono contrario agli enti pubblici che si improvvisano imprenditori o armatori perché il più delle volte, per incapacità professionale, offrono dei servizi pessimi che, per di più, causano sprechi di pubblico denaro. Sprechi aggravati anche dal fatto che gli organici dei carrozzoni pubblici, o che, comunque, si reggono su finanziamenti pubblici, per questioni clientelari, sono gonfiati con l’assunzione di un numero esorbitante di "lavoratori" incompetenti ed incapaci.
Perciò penso che sia assai meglio che l’ente pubblico stabilisca le regole che disciplinano i servizi, effettui i controlli ma non li gestisca direttamente. Credo anche che non si possano ottenere dei concreti miglioramenti se non si attuano dei cambiamenti istituzionali che eliminino gli abusi della partitocrazia e diano il potere al popolo, organizzato democraticamente nelle categorie produttrici.
Indubbiamente occorre che una forte moralità civile sia maggiormente diffusa e non credo che la “società civile” sia esente da difetti e vizi né che i politici siano tutti e solo corrotti ed incapaci . Con l’affidare un maggiore potere decisionale alle categorie sociali si favorirebbe, perlomeno, il controllo reciproco e trasparente tra i loro diversi interessi.
In altre parti del mondo i commercianti, gli autotrasportatori, gli industriali, gli artigiani, gli agricoltori e gli operatori turistici hanno costituito delle società d’armamento, hanno acquistato o noleggiato le navi e, così, trasportando persone e cose a prezzi modici, hanno battuto la concorrenza di pochi armatori.
In Sardegna un solo grosso autotrasportatore si è ‘riciclato’ in armatore e trasporta i camion a prezzi concorrenziali. È possibile che il suo esempio sia seguito dalle altre categorie di imprenditori? Un modo, forse più adatto alla nostra situazione e alla nostra cultura, per risolvere la questione in favore delle popolazioni e delle imprese sarde, consiste nel dare in concessione i servizi di linea marittimi al miglior offerente. Il concedente, ossia lo Stato o, se ne avesse la competenza, la Regione, nel bandire il bando di gara, dovrebbe stabilire le condizioni di trasporto ed il tetto massimo delle tariffe.
Questa impostazione del problema e l’interferenza dell’ente pubblico, mi sembra legittima e mi pare che non contrasti con la normativa dell’ Unione Europea, anche perché quelle navi utilizzano i porti costruiti e mantenuti con finanziamenti pubblici.
Beninteso le tariffe non devono essere adottate arbitrariamente, ma tenendo conto delle esigenze del ‘mercato’. Non dimentichiamo, infatti, che il mercato dei noli marittimi è, da sempre, il più aperto alla concorrenza internazionale, dato che le navi, per lavorare, potenzialmente possono essere facilmente trasferite da un continente all’altro.
Nello stabilire condizioni e tariffe occorre, quindi, tenere realisticamente conto se, e fino a che punto, gli armatori sono disposti a trasferire le tipologie di navi necessarie per i collegamenti con la Sardegna in altre parti del mondo, con le quali si entra necessariamente in concorrenza. Se ignorassimo questo particolare, nessun armatore parteciperebbe a quelle gare. Le ’indagini di mercato’ servono anche a questo.
In questa ottica capisco che, per assicurare i collegamenti marittimi anche in periodi di magra, si possano e elargire delle sovvenzioni pubbliche, purché vengano erogate con razionalità e parsimonia e solo se indispensabili.
In definitiva, pur dovendo fare i conti con il mercato, se si sottoponessero i servizi ad una concessione opportunamente disciplinata, si porrebbero comunque dei limiti alla assoluta assenza di regole che consegna la vita della nostra Isola nelle mani di pochi.
Vittorio Guillot ha ricoperto il grado di ammiraglio
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