Una chimica nuova per Porto Torres
L’innovativa industria chimica è una tappa fondamentale per sviluppare produzioni compatibili con l’ambiente e per garantire l'occupazione.
Luciano Deriu |
Il progetto, presentato dopo la crisi nazionale e regionale del settore chimico, riapre una nuova fase che le ampie mobilitazioni dei lavoratori della Vinyls e del petrolchimico degli ultimi anni, convincendo l’ENI a trovare un’alternativa alla chiusura del petrolchimico.
Legambiente ritiene che la realizzazione a Porto Torres dell’innovativa industria chimica “Matrica” rappresenti una fondamentale tappa di un nuovo modo di pensare e realizzare produzioni compatibili con l’ambiente e nel contempo garantire e sviluppare occupazione.
Si intravvede un ruolo dell’industria che capovolge una realtà che ha visto la chimica produrre danni incredibili all’ambiente e alla salute di lavoratori e popolazioni. Si potrà dimostrare che è possibile sviluppare ricerca e produzioni innovative migliorando le nostre condizioni di benessere e senza dover pagare prezzi inaccettabili per l’ambiente, anzi aiutando a salvaguardarlo.
È ora necessario che siano spiegati nel dettaglio strategie, obiettivi e finalità del progetto e che siano sgombrati i dubbi finora emersi affinché l’iniziativa possa essere compresa e condivisa dal territorio. Serve, inoltre, un salto di qualità da parte di Regione, aziende, enti locali, sindacati e forze politiche, che dopo aver sottoscritto un accordo penalizzante per i lavoratori devono saper governare i processi che portano a compimento questo progetto. Occorre vincere, con una corretta ed esauriente informazione, l’avversione nei confronti dell’industria chimica presente tra i cittadini memori di passate vicende ben poco soddisfacenti.
Le innovazioni, tra le più avanzate al mondo, con forte valenza ambientale e l’approccio verso il sistema produttivo locale rappresentano, e fanno intravvedere, uno sviluppo economico più equilibrato e coinvolgente delle realtà territoriali.
Il quadro progettuale di Matrica promette importanti novità:
- Si sostituiscono materie prime di origine fossile, non rinnovabili, con altre naturali e rinnovabili provenienti in gran parte da colture agricole;
- Si producono materiali sostitutivi della plastica tradizionale non biodegradabile con altri biodegradabili;
- I materiali prodotti sono a breve vita e utilizzabili nei processi di compostaggio;
- Oltre alle “bioplastiche” si produrranno additivi per gomme (elastomeri e filler) ed oli lubrificanti (entrambi destinati all’autotrazione) in sostituzione degli attuali prodotti che disperdono nell’ambiente sostanze dannose e non degradabili;
- Gli innovativi processi industriali, a parità di prodotto finale, risulterebbero molto meno energivori;
- È previsto l’impiego nei processi produttivi di energia prevalentemente ricavata da fonte rinnovabile;
- Le tecnologie produttive risulterebbero molto meno pericolose dal punto di vista delle emissioni di incidenza locale;
- Si prevede di utilizzare non solo prodotti da coltura, ma anche scarti agricoli e forestali (lignina e cellulosa) sottraendole ad un mero utilizzo come combustibile, producendo così un valore aggiunto (in termini monetari e di bilancio ambientale) sino ad oggi inatteso;
- Dal punto di vista dell’economia locale la realizzazione dell’industria porterebbe alla nascita di una filiera produttiva importante, integrata con quella agricola. Nelle intenzioni la materia prima dovrebbe essere prodotta localmente (prevalentemente nelle zone del nord Sardegna) costituendo una ”filiera produttiva corta” quindi a basso impatto ambientale;
- Complessivamente l’intera filiera produttiva che si creerebbe risulterebbe a bassissima emissione di CO2;
- Le ricadute occupazionali riguardano essenzialmente il recupero dei lavoratori dal sistema produttivo ENI dismesso, oltre ad un indotto forse equivalente a quello preesistente. È prevista l’assunzione di alcune figure professionali di alta qualificazione e la creazione con le università sarde di uno specifico centro di ricerca.
Per quanto concerne il parallelo progetto dell’EniPower di costruire una centrale funzionante a biomasse per la produzione di energia elettrica e di utilies per il comparto chimico, Legambiente ritiene che si debbano verificare le effettive necessità industriali. Occorre graduare perciò le potenzialità termiche ed elettriche inserendosi nella nascente filiera agricola, utilizzare i residui delle materie prime di Matrica, senza impegnare ulteriori territori agricoli per coltivazioni no-food o, peggio, utilizzare biomassa d’importazione.
La potenza elettrica proposta appare superiore (almeno doppia) rispetto alle esigenze di Matrica e del residuale comparto chimico (compresa Vinyls, che deve sopravvivere). Si vorrebbe bruciare una quantità di biomassa superiore ai residui delle coltivazioni necessarie al nuovo stabilimento, oltre ad un combustibile (ancora!) di origine fossile che contraddice i presupposti di compatibilità ambientale all’origine dei progetti.
Se la potenza necessaria è di 20 MWe perché farla da 43? Si sottraggono incentivi ad altri operatori, magari aziende agricole o altre piccole aziende che potrebbero realizzare altri 23 impianti da 1 MW. Non dobbiamo accettare che si faccia come per il fotovoltaico, dove i grandi investitori hanno fatto man bassa ed ora non c'è più possibilità di realizzare neppure piccoli impianti.
Legambiente ritiene, inoltre, che la centrale non dovrebbe ricevere contributi dalla Regione Sardegna (come previsto dagli Strumenti di attuazione dell’ASSE 3 – PAES (1/2) del progetto JESSICA), sottraendoli dai fondi europei destinati ai progetti Smart-City dei comuni sardi. La centrale è già sufficientemente incentivata tramite i certificati verdi.
Per inciso è bene ricordare che ad ogni kWh prodotto con fonti rinnovabili corrisponde un kWh in meno prodotto da carbone od olio combustibile.
Legambiente si dissocia da una campagna che da qualche settimana si sta conducendo contro il progetto Matrica, seppure in modo obliquo, contestando la realizzazione della centrale a biomasse.
In un momento così critico e delicato per il sistema produttivo ed occupazionale sardo, quando occorrerebbe fare (tutti) uno sforzo per trovare soluzioni non temporanee ma di lunga prospettiva, magari pensando anche a introdurre novità e nuove tecnologie produttive nel rispetto dell’ambiente, ormai le uniche di sicuro avvenire, c’è chi vuole buttare via il bambino facendo finta di gettare acqua sporca. Matrica è un'impresa di dimensioni europee che prevede investimenti, a regime, decisamente superiori di quelli della centrale a biomasse, numero di addetti per qualche centinaio di unità, contro poche decine, ed un fatturato considerevolmente superiore a quello della centrale.
Legambiente considera che sia questo il quadro economico, sociale e ambientale su cui innestare una ricerca scientifica e tecnologica, con il coinvolgimento prezioso delle università sarde, che non deve solo essere orientata al prodotto finale di un’azienda, ma al più ampio contesto su cui si opera. Si abbraccia così un orizzonte sicuramente più ampio che travalica la sola industria per andare ad incidere sull'economia del territorio e della regione, offrendo molte opportunità per uno “sviluppo” effettivamente sostenibile, perché legato alle prerogative proprie della nostra regione: l’agricoltura, la pastorizia, l’ambiente, la produzione di cibi di qualità.
Questo comporta la riconversione della conoscenza e professionalità che si sono formate in mezzo secolo di industrializzazione, talvolta subita, ma che ha contribuito a migliorare il livello economico di intere popolazioni e far crescere socialmente generazioni di lavoratori, tecnici, professionisti e un’imprenditorialità diffusa e moderna.
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