Alghero è una terra di frontiera
Alghero ha una fortuna: è parte del concetto di "Països Catalans" ed è parte allo stesso tempo della Sardegna.
Gavino Balata |
Ho letto l'articolo di Enrico Chessa recentemente pubblicati in Arti su questo giornale e ho ritenuto utile per il dibattito redigere una risposta.
L'autore parla di manipolazione, confusione identitaria, annessioni e contropartite. Dice che negli ultimi anni l'identità linguistica culturale algherese si sta snaturando e sta subendo una sostituzione con quella della "superpotenza" catalana.
Ma de davero hi creu, senyor Chessa?
Sulla sardità degli algheresi: alzino le mani gli algheresi che, in totale buona fede e nel rispetto assoluto degli altri sardi non abbiano, con orgoglio e naturalezza ma anche con onestà, mai tenuto a precisare di essere, appunto, algheresi e sardi. Specifico: algheresi e sardi, non prima algheresi e poi sardi o solo algheresi. Non conosco un singolo algherese di buon senso capace di negare il suo essere sardo. E a scanso di equivoci dichiaro di non esserne in grado neanch'io, pur essendo algherese (e sardo) solo al 50%.
L'essere algherese è necessariamente una parte dell'essere sardo. Facciamo la gara a chi è più sardo? I nuoresi sono i più sardi di tutti? O i montrestini (che per la serie "forse non tutti sanno che" in realtà hanno radici greche).
Alle volte si adduce il fatto che gli algheresi abbiano perso i cognomi catalani (ad esempio "Caneglias" che in realtà è "Canelles") a favore di quelli sardi e quindi siano geneticamente isolani e non "iberici". E allora? Quanti Palomba, Ciuffo, Esposito, Maresca, Feniello, De Rosa abbiamo ad Alghero. Questo fatto ci rende forse napoletani?
Alghero ha una fortuna: è parte del concetto di "Països Catalans" ed è parte allo stesso tempo della Sardegna (c'è chi la chiama Regione Sardegna e c'è chi la chiama Nazione Sarda).
Alghero, in breve, è stata una frontiera geopolitica e ora è una frontiera linguistica. Le terre di frontiera sono sicuramente le più interessanti. Lì nascono gli scambi, le culture si fondono e convivono tra loro. È successo quasi subito anche ad Alghero. L'iniziale diffidenza nei confronti dell'altro si è trasformata in una graduale fusione dei due gruppi grazie ad attività commerciali sempre più frequenti e divisione politica sempre più labile. Ad Alghero due culture si sono fuse dando vita a una terza, dal dna proprio ma che è impossibile separare dalle due matrici che l'hanno generata.
Ma de davero hi creu, senyor Chessa?
Sulla sardità degli algheresi: alzino le mani gli algheresi che, in totale buona fede e nel rispetto assoluto degli altri sardi non abbiano, con orgoglio e naturalezza ma anche con onestà, mai tenuto a precisare di essere, appunto, algheresi e sardi. Specifico: algheresi e sardi, non prima algheresi e poi sardi o solo algheresi. Non conosco un singolo algherese di buon senso capace di negare il suo essere sardo. E a scanso di equivoci dichiaro di non esserne in grado neanch'io, pur essendo algherese (e sardo) solo al 50%.
L'essere algherese è necessariamente una parte dell'essere sardo. Facciamo la gara a chi è più sardo? I nuoresi sono i più sardi di tutti? O i montrestini (che per la serie "forse non tutti sanno che" in realtà hanno radici greche).
Alle volte si adduce il fatto che gli algheresi abbiano perso i cognomi catalani (ad esempio "Caneglias" che in realtà è "Canelles") a favore di quelli sardi e quindi siano geneticamente isolani e non "iberici". E allora? Quanti Palomba, Ciuffo, Esposito, Maresca, Feniello, De Rosa abbiamo ad Alghero. Questo fatto ci rende forse napoletani?
Alghero ha una fortuna: è parte del concetto di "Països Catalans" ed è parte allo stesso tempo della Sardegna (c'è chi la chiama Regione Sardegna e c'è chi la chiama Nazione Sarda).
Alghero, in breve, è stata una frontiera geopolitica e ora è una frontiera linguistica. Le terre di frontiera sono sicuramente le più interessanti. Lì nascono gli scambi, le culture si fondono e convivono tra loro. È successo quasi subito anche ad Alghero. L'iniziale diffidenza nei confronti dell'altro si è trasformata in una graduale fusione dei due gruppi grazie ad attività commerciali sempre più frequenti e divisione politica sempre più labile. Ad Alghero due culture si sono fuse dando vita a una terza, dal dna proprio ma che è impossibile separare dalle due matrici che l'hanno generata.
Veniamo a oggi. Un ufficio pubblico di rappresentanza di una Comunità Autonoma dello Stato Spagnolo festeggia la propria giornata Nazionale. Si fa ad Alghero, a Bruxelles, a New York, a Perpinyà. Che male c'è? Non hanno mica imposto di chiudere le scuole e gli uffici per la festività, non hanno chiesto soldi, non hanno rivendicato niente nei confronti gli algheresi o dello stato italiano. Hanno celebrato, invitandoci, la loro festa: dopotutto siamo o no "germans"? In un certo senso è una festa che riguarda anche noi sardi, perché marca un evento che ha cambiato anche la nostra storia.
Nulla hanno imposto e sulla stanno imponendo. Alzi la mano chi ha fatto corsi di catalano (chiamiamolo standard per distinguerlo dal catalano di Alghero o l'Alguerès) organizzati dalla Generalitat ad Alghero? Nessuno! Perché solo un corso è stato organizzato, basato sulla metodologia CLIL per la formazione degli insegnanti algheresi, che lavorano nelle scuole algheresi, con ragazzi algheresi, ai quali si propongono di fare lezione, quando sarà consentito, in algherese. Le considerazioni sullo scambio di riconoscimenti a favore dell'insegnamento del catalano standard in città sono pertanto del tutto infondate.
Gli algheresi che parlano il catalano invece della propria variante (pochi), fanno così perché in Catalogna hanno studiato e/o lavorato e probabilmente si sono trovati a utilizzare la lingua del posto che gode di pieno riconoscimento scientifico, istituzionale e sociale. Quando vivi a Milano o a Roma per tanti anni può capitare che ti scappi un “anvedi” o un “bauscia”.
In questa categoria di persone mi inserisco io, visto che compaio (muto) nel video linkato (si trattava di un evento per Sa Die de Sa Sardigna, da me organizzato, giusto per precisare che io, a quella festa maldestramente istituita, ci tengo in quanto sardo).
Conscio della mia situazione, che apporta anche il notevole vantaggio di saper scrivere nella mia lingua, dedico ogni giorno allo studio dell'algherese, per acquisire sempre più proprietà di linguaggio, per apprenderne tutti i sardismi e gli arcaismi e per trovare le parole mancanti più corrette per tradurre quelle che il progresso ha prodotto troppo velocemente, senza dare il tempo all'algherese di adeguarsi alla terminologia.
L'algherese è malato, sono d'accordo, ma non sta morendo; non è un malato terminale e potrà guarire ma dobbiamo smetter una volta per tutte di sperperare energie con queste considerazioni improduttive, dal vago sapore astioso, per iniziare a lavorare seriamente e produrre idee e progetti concreti, come Vivim la llengua, L'alguerès una llengua per treballar e Arrés és, questi ultimi due giunti al secondo anno di attività.
Gavino Balata (Alghero 1979) è un sardo-scozzese nato e vissuto ad Alghero. Ha lavorato con Enti pubblici Catalani a Bruxelles, occupandosi di internazionalizzazione d'impresa e fondi europei. Attualmente svolge la professione di consulente per le imprese e le pubbliche amministrazioni.
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