Questa fu la settimana che fu (4)
24-30 settembre 2012: "Voglio essere incoronato", Bersani e Vendola vogliono vincere? , il “Ponte di Messina”, l’età dell’oro ci sta davanti, la Polverini si è dimessa, caso Sallusti.
Francesco Indovina |
Voglio essere incoronato
NOOO, NOO, NO, no, n..., nì, niì, niiì, Sì. Finalmente il presidente Monti ha dato la sua disponibilità un reincarico, sempre che i partiti lo volessero e se il paese ne avesse bisogno. Una disponibilità condizionata: non è disponibile a fare il ministro di un governo politico, ma solo il Presidente. Ormai è affezionato a questo titolo, ogni altra denominazione gli sembra non adeguata alla sua personalità, al suo prestigio e al gran lavoro che ha fatto. Quindi Presidente del Consiglio dei ministri o della Repubblica.
Per tre volte Cesare allontano da sé la corona che Antonio gli offriva. Monti non sembra resistere, vuole essere incoronato.
Il professor Monti è un abile politico per non sapere che la sua dichiarazione rimbalzando da New York avrebbe messo in difficoltà il più dissanguato suo sostenitore: Pier Luigi Bersani che del sostegno a Monti ha pagato e rischia di pagare il più alto prezzo.
E se il mondo politico italiano è entrato in fibrillazione dopo questa dichiarazione, la borsa ha … apprezzato. E ci mancava che non lo facesse: Monti è una garanzia per la finanza, disposto com’è ad affamare il popolo per garantire la “giusta” remunerazione per la finanza (“giusta” in quanto risultato di mercato, che poi il mercato sia determinato dalla stessa finanza, sembra non turbare il suo liberismo e quello dei suoi proni).
Del resto cosa ci si può aspettare da un uomo che viene riconosciuto come il “salvatore della patria”. Esiste nella storia un “salvatore della patria” che la patria non vuole più continuare a salvare?
Ha salvato il paese? Ma non scherziamo! L’ho scritto tante volte, mi scuseranno gli amici se lo ripeto: l’unica cosa che il professor Monti ha salvato e il capitale e la remunerazione di investimenti ad alto tasso di rischio; un investimento rischioso, come dice il termine sono a rischio ed uno può perdere tutto. Quanti hanno prestato soldi all’Italia sapevano che rischiavano, i loro consulenti analisti sicuramente stilavano dei rapporti sulla situazione italiana e sulla sua solvibilità. Se hanno investito su Italia sapevano di correre un rischio, di perdere cioè capre e cavoli, lo hanno fatto lo stesso. Monti non ha fatto altro che annullare tale rischio e metterlo a carico di tutti (se uno sbaglia l’investimento è logico che perda tutto a meno di un angelo custode).
Giunti a questo punto, nella prospettiva di una restaurazione montiana dopo le elezioni, conviene spacchettare la famosa agenda Monti e sfogliarne le pagine.
L’unica pagina con un saldo positivo è la garanzia alla finanza nazionale e internazionale che non avrebbe pagato pegno per i suoi rischiosi investimenti. Bisogna dire che la finanza, come si addice agli stomachi pelosi, non è stata neanche riconoscente: lo spread sta sempre molto in alto e tutti affermano che dopo la Spagna toccherà ancora all’Italia (e poi in fila ….).
La pagina dell’occupazione non può che essere segnata con la matita blu.
Due o tre segni blu sulla pagina dell’occupazione giovanile.
La politica industriale non ha neanche una sua pagina, il professore non crede all’interventismo pubblico, è il mercato che decide chi investe e dove investire.
Le crisi industriali (Fiat, Alcoa, ……………..) vengono appuntati ai margini della pagina occupazione con tanti punti interrogativi che indicano incertezza di pensiero e indeterminatezza di intervento.
I consumi ha una pagina dove spiccano non provvedimenti di crescita ma modalità di interventi fiscali.
Disagio sociale, disagio economico, disagio sanitario, disagio alimentare, disagio scolastico, … fanno parte tutti di una paginetta dal titolo ineliminabili “costi delle riforme”, il tempo provvederà.
È l’agenda di un cinico, di un carnefice, di un sadico, no, assolutamente no! Il professor Monti è sensibile, come la sua ministra del lavoro pensa con disagio al disagio di milioni di persone, ma sa di non poter fare nulla. Il suo credo liberista, più forte della sua fede religiosa, gli suggerisce che solo un mercato libero garantirà sviluppo, che i grandi capitali vanno garantiti perché portatori di investimenti, che nella storia ci sono sempre dei costi sociali da pagare, o meglio che gli altri, i più, devono pagare, si tratta di una legge di … natura.
Il paese ha bisogno del professor Monti? Credo di no; forse è meglio che il professor Monti torni a fare il presidente ma della Bocconi.
Bersani e Vendola vogliono vincere?
Dopo il colpo assestato da Monti a Bersani e per suo tramite a tutto il centro sinistra, non è chiaro se la coalizione abbia voglia di vincere. Se lo volessero dovrebbero essere molto chiari sul programma di governo; altro che agenda Monti, altra agenda con in prima pagina riforme popolari; che al primo posto non c’è la finanza, ma i lavoratori, i disoccupati, i giovani. Avere accettato i “due tempi”, da sempre avversati, è stato un errore, partiamo da qui.
Cresce il disaggio, chiamiamolo così, ma cresce anche il rigetto, non della politica ma della cattiva politica. La gente vuole una buona politica che guarda negli occhi i lavoratori e le loro famiglie, i giovani e le loro speranze. Si è in grado di offrire questo? Questo è il dubbio. Il Pd lacerato e in via di implosione (grazie anche a Monti), SeL poco concretamente propositiva, il fango che travolge, i nuovi che premono. Se i due, assunti emblematicamente, fossero in grado di mettere insieme un programma di contenuti ma anche di fascinazione concreta potremmo farcela. Il popolo le forse sociali aspettano.
Così la politica industriale deve essere vista come un compito di governo che comporta scelte e indirizzi e che le aziende pubbliche non sono un’anomalia ma forse l’architrave della società del xxi secolo. Le banche tornino al loro mestiere alla legge del 1932. La riforma fiscale una necessità e deve basarsi su equità, chi più ha più paga. Le pensioni non sono un lusso mentre la pensione integrativa un imbroglio. La produttività non è questione di salari e di ore di lavoro ma di investimenti tecnologici. Le imprese si salvano con l’innovazione così come l’abbiente, e che mettere salute e lavoro in contraddizione tra di loro è una furbizia di chi vuole ridurre il paese al lumicino. Il mercato non può essere lo strumento per la sopraffazione dei deboli, che esso va controllato, guidato e garantito; la mano invisibile, altrimenti, finisce per essere la mano dei pochi contro i molti. La scuola e ricerca sono il domani della nostra società. L’organizzazione pubblica va migliorata e riformata, perché sia più efficiente ed efficace ma non per fare cassa per pagare la finanza. Stiamo in Europa per costruire una società migliore, più giusta, solidale e accogliente e anche democratica.
Tutto questo, e altro ancora, andrebbe rappresentato in provvedimento chiari ed espliciti. Un impegno con la società italiana. La gente è stufa ma crede anche che il meglio sia possibile.
È questa la strada che potrà raccogliere la rabbia, il malcontento ma anche la speranza che comincia a manifestarsi. Non c’è solo lo schifo per la politica, c’è voglia di una buona politica che guardi all’interesse dei più.
Il “Ponte di Messina”
Sembrava morto e defunto, cancellato dalle opere strategiche della UE, eliminato come prioritario dal Cipe, ora i ministri Passera e Clini, hanno ripreso la respirazione bocca a bocca del progetto per lasciarlo in eredità al nuovo governo.
Un malaffare.
L’età dell’oro ci sta davanti
Con questa affermazione apodittica e non commensurata al presente vorrei sintetizzare il piccolo libretto di Antonio Pascale, Pane e pace. L’autore se la prende con la nostalgia ignorante, e sulla base di quattro fotografie, quattro generazioni di uomini della sua famiglia cerca di convincerci che il meglio può ancora accadere. Il tema è sempre quello già trattato in Scienza e sentimento, la ricerca, l’innovazione, le nuove tecnologie agricole sono una risorsa ed un evento positivo per la specie.
Ne consiglio la lettura, appunto, come vuole la scienza, critica e non fideista, ma aprire gli occhi si deve.
La Polverini si è dimessa
La presidente della Regione Lazio si è dimessa, ci mancava non lo facesse, lei è parte non innocente ma partecipe della grande spartizione. Ora cerca di resistere sulla fissazione della data delle prossime elezioni, che vorrebbe allontanare da sé, governato senza il controllo neanche del Consiglio. Entro tre mesi le elezioni, così detta la legge e così va fatto.
Dopo Lombardo, Polverini, aspettiamo Formigoni, ecc. Tutto un personale politico frana nel malaffare, nell’approfittare, nell’incapacità, nella volgarità. È tempo di rinnovo, ma non di facce, ma di carattere, di competenza, di onestà, di senso del bene collettivo e anche di programmi. È possibile.
Ma la cosa che stupisce e l’inconsapevole giustificazione che molti protagonisti adottano, volando alto, come si dice, e appellandosi alla “democrazia”, come quella di un gruppo consiliare costituito da una sola persona (dal Lazio al Piemonte), alla “dedizione” al territorio (con rimborsi annui di viaggi pari allo stipendio di tre operai), ecc. Sono queste le posizione che alimentano l’anti politica, ma forse è proprio questo che si vuole sperando nel … salvatore della patria.
Caso Sallusti
Sallusti deve essere contento, tutti i suoi maggiori nemici si sono fatti in quattro per difenderlo dal carcere. Non voglio discutere se l’ex direttore del Giornale meriti di andare in prigione, è questione di diritto e di sua applicazione, ma forse l’ordine dei giornalisti, oltre a difendere la sua libertà potrebbe avviare un provvedimento di espulsione dall’ordine stesso. Non mi pare ci siano giustificazione per un direttore di giornale che fa scrivere sul suo giornale, sotto pseudonimo, un giornalista espulso dall’ordine per ragione in qualche modo infamanti per un giornalista: informatore dei servizi segreti. Esiste o meno una deontologia professionale anche per i direttori?
Per tre volte Cesare allontano da sé la corona che Antonio gli offriva. Monti non sembra resistere, vuole essere incoronato.
Il professor Monti è un abile politico per non sapere che la sua dichiarazione rimbalzando da New York avrebbe messo in difficoltà il più dissanguato suo sostenitore: Pier Luigi Bersani che del sostegno a Monti ha pagato e rischia di pagare il più alto prezzo.
E se il mondo politico italiano è entrato in fibrillazione dopo questa dichiarazione, la borsa ha … apprezzato. E ci mancava che non lo facesse: Monti è una garanzia per la finanza, disposto com’è ad affamare il popolo per garantire la “giusta” remunerazione per la finanza (“giusta” in quanto risultato di mercato, che poi il mercato sia determinato dalla stessa finanza, sembra non turbare il suo liberismo e quello dei suoi proni).
Del resto cosa ci si può aspettare da un uomo che viene riconosciuto come il “salvatore della patria”. Esiste nella storia un “salvatore della patria” che la patria non vuole più continuare a salvare?
Ha salvato il paese? Ma non scherziamo! L’ho scritto tante volte, mi scuseranno gli amici se lo ripeto: l’unica cosa che il professor Monti ha salvato e il capitale e la remunerazione di investimenti ad alto tasso di rischio; un investimento rischioso, come dice il termine sono a rischio ed uno può perdere tutto. Quanti hanno prestato soldi all’Italia sapevano che rischiavano, i loro consulenti analisti sicuramente stilavano dei rapporti sulla situazione italiana e sulla sua solvibilità. Se hanno investito su Italia sapevano di correre un rischio, di perdere cioè capre e cavoli, lo hanno fatto lo stesso. Monti non ha fatto altro che annullare tale rischio e metterlo a carico di tutti (se uno sbaglia l’investimento è logico che perda tutto a meno di un angelo custode).
Giunti a questo punto, nella prospettiva di una restaurazione montiana dopo le elezioni, conviene spacchettare la famosa agenda Monti e sfogliarne le pagine.
L’unica pagina con un saldo positivo è la garanzia alla finanza nazionale e internazionale che non avrebbe pagato pegno per i suoi rischiosi investimenti. Bisogna dire che la finanza, come si addice agli stomachi pelosi, non è stata neanche riconoscente: lo spread sta sempre molto in alto e tutti affermano che dopo la Spagna toccherà ancora all’Italia (e poi in fila ….).
La pagina dell’occupazione non può che essere segnata con la matita blu.
Due o tre segni blu sulla pagina dell’occupazione giovanile.
La politica industriale non ha neanche una sua pagina, il professore non crede all’interventismo pubblico, è il mercato che decide chi investe e dove investire.
Le crisi industriali (Fiat, Alcoa, ……………..) vengono appuntati ai margini della pagina occupazione con tanti punti interrogativi che indicano incertezza di pensiero e indeterminatezza di intervento.
I consumi ha una pagina dove spiccano non provvedimenti di crescita ma modalità di interventi fiscali.
Disagio sociale, disagio economico, disagio sanitario, disagio alimentare, disagio scolastico, … fanno parte tutti di una paginetta dal titolo ineliminabili “costi delle riforme”, il tempo provvederà.
È l’agenda di un cinico, di un carnefice, di un sadico, no, assolutamente no! Il professor Monti è sensibile, come la sua ministra del lavoro pensa con disagio al disagio di milioni di persone, ma sa di non poter fare nulla. Il suo credo liberista, più forte della sua fede religiosa, gli suggerisce che solo un mercato libero garantirà sviluppo, che i grandi capitali vanno garantiti perché portatori di investimenti, che nella storia ci sono sempre dei costi sociali da pagare, o meglio che gli altri, i più, devono pagare, si tratta di una legge di … natura.
Il paese ha bisogno del professor Monti? Credo di no; forse è meglio che il professor Monti torni a fare il presidente ma della Bocconi.
Bersani e Vendola vogliono vincere?
Dopo il colpo assestato da Monti a Bersani e per suo tramite a tutto il centro sinistra, non è chiaro se la coalizione abbia voglia di vincere. Se lo volessero dovrebbero essere molto chiari sul programma di governo; altro che agenda Monti, altra agenda con in prima pagina riforme popolari; che al primo posto non c’è la finanza, ma i lavoratori, i disoccupati, i giovani. Avere accettato i “due tempi”, da sempre avversati, è stato un errore, partiamo da qui.
Cresce il disaggio, chiamiamolo così, ma cresce anche il rigetto, non della politica ma della cattiva politica. La gente vuole una buona politica che guarda negli occhi i lavoratori e le loro famiglie, i giovani e le loro speranze. Si è in grado di offrire questo? Questo è il dubbio. Il Pd lacerato e in via di implosione (grazie anche a Monti), SeL poco concretamente propositiva, il fango che travolge, i nuovi che premono. Se i due, assunti emblematicamente, fossero in grado di mettere insieme un programma di contenuti ma anche di fascinazione concreta potremmo farcela. Il popolo le forse sociali aspettano.
Così la politica industriale deve essere vista come un compito di governo che comporta scelte e indirizzi e che le aziende pubbliche non sono un’anomalia ma forse l’architrave della società del xxi secolo. Le banche tornino al loro mestiere alla legge del 1932. La riforma fiscale una necessità e deve basarsi su equità, chi più ha più paga. Le pensioni non sono un lusso mentre la pensione integrativa un imbroglio. La produttività non è questione di salari e di ore di lavoro ma di investimenti tecnologici. Le imprese si salvano con l’innovazione così come l’abbiente, e che mettere salute e lavoro in contraddizione tra di loro è una furbizia di chi vuole ridurre il paese al lumicino. Il mercato non può essere lo strumento per la sopraffazione dei deboli, che esso va controllato, guidato e garantito; la mano invisibile, altrimenti, finisce per essere la mano dei pochi contro i molti. La scuola e ricerca sono il domani della nostra società. L’organizzazione pubblica va migliorata e riformata, perché sia più efficiente ed efficace ma non per fare cassa per pagare la finanza. Stiamo in Europa per costruire una società migliore, più giusta, solidale e accogliente e anche democratica.
Tutto questo, e altro ancora, andrebbe rappresentato in provvedimento chiari ed espliciti. Un impegno con la società italiana. La gente è stufa ma crede anche che il meglio sia possibile.
È questa la strada che potrà raccogliere la rabbia, il malcontento ma anche la speranza che comincia a manifestarsi. Non c’è solo lo schifo per la politica, c’è voglia di una buona politica che guardi all’interesse dei più.
Il “Ponte di Messina”
Sembrava morto e defunto, cancellato dalle opere strategiche della UE, eliminato come prioritario dal Cipe, ora i ministri Passera e Clini, hanno ripreso la respirazione bocca a bocca del progetto per lasciarlo in eredità al nuovo governo.
Un malaffare.
L’età dell’oro ci sta davanti
Con questa affermazione apodittica e non commensurata al presente vorrei sintetizzare il piccolo libretto di Antonio Pascale, Pane e pace. L’autore se la prende con la nostalgia ignorante, e sulla base di quattro fotografie, quattro generazioni di uomini della sua famiglia cerca di convincerci che il meglio può ancora accadere. Il tema è sempre quello già trattato in Scienza e sentimento, la ricerca, l’innovazione, le nuove tecnologie agricole sono una risorsa ed un evento positivo per la specie.
Ne consiglio la lettura, appunto, come vuole la scienza, critica e non fideista, ma aprire gli occhi si deve.
La Polverini si è dimessa
La presidente della Regione Lazio si è dimessa, ci mancava non lo facesse, lei è parte non innocente ma partecipe della grande spartizione. Ora cerca di resistere sulla fissazione della data delle prossime elezioni, che vorrebbe allontanare da sé, governato senza il controllo neanche del Consiglio. Entro tre mesi le elezioni, così detta la legge e così va fatto.
Dopo Lombardo, Polverini, aspettiamo Formigoni, ecc. Tutto un personale politico frana nel malaffare, nell’approfittare, nell’incapacità, nella volgarità. È tempo di rinnovo, ma non di facce, ma di carattere, di competenza, di onestà, di senso del bene collettivo e anche di programmi. È possibile.
Ma la cosa che stupisce e l’inconsapevole giustificazione che molti protagonisti adottano, volando alto, come si dice, e appellandosi alla “democrazia”, come quella di un gruppo consiliare costituito da una sola persona (dal Lazio al Piemonte), alla “dedizione” al territorio (con rimborsi annui di viaggi pari allo stipendio di tre operai), ecc. Sono queste le posizione che alimentano l’anti politica, ma forse è proprio questo che si vuole sperando nel … salvatore della patria.
Caso Sallusti
Sallusti deve essere contento, tutti i suoi maggiori nemici si sono fatti in quattro per difenderlo dal carcere. Non voglio discutere se l’ex direttore del Giornale meriti di andare in prigione, è questione di diritto e di sua applicazione, ma forse l’ordine dei giornalisti, oltre a difendere la sua libertà potrebbe avviare un provvedimento di espulsione dall’ordine stesso. Non mi pare ci siano giustificazione per un direttore di giornale che fa scrivere sul suo giornale, sotto pseudonimo, un giornalista espulso dall’ordine per ragione in qualche modo infamanti per un giornalista: informatore dei servizi segreti. Esiste o meno una deontologia professionale anche per i direttori?
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