Le ragioni dello spirito per sconfiggere la "peggiocrazia"
L’azione morale non può avere come scopo che se stessa.
Giuseppe Santino |
Francesco Merlo dalle pagine di Repubblica del 6 ottobre lancia un atto di accusa contro la Regione Siciliana per aver, con la sua autonomia, “prodotto un ceto parassitario senza uguali”, e ne chiede l’abolizione.
Alberto Asor Rosa, qualche giorno prima (2/10/2012) sempre dalle pagine di Repubblica, aveva definito la nuova classe sociale “residuo immondo che sopravvive quando tutto il resto è stato digerito e consumato” e, come cagna famelica, priva di valori e di cultura, ha dato l’assalto al potere.
E, in linea con Francesco Merlo, afferma che, essendo le Regioni il campo d’azione di questo nuovo ceto sociale, bisognerebbe abolirle e tornare ad uno Stato unitario dove le autonomie siano rappresentate esclusivamente dai Comuni, storicamente “l’unica istituzione veramente italiana”.
Se dovessimo continuare sul tracciato dei due autori, dovremmo pensare e dire che se gli italiani non riescono con il voto ad esprimere una classe politica decente aboliamo il diritto di voto.
La democrazia, non essendo in grado, attraverso le proprie istituzioni, di dare risposte ai bisogni ed alle attese dei cittadini dovrebbe essere abolita. Ma allora, perché, visto che ci sono consiglieri comunali collusi con la mafia, non si aboliscono anche i consigli comunali invece di scioglierli e di mandare tutti al voto? Aboliamo lo Stato democratico e le Istituzioni? Non ci sono forse anche lì inquisiti?
Non è certo questo l’intendimento dei due autori, mossi da quella generale indignazione che spinge la maggior parte di noi a prendere posizione contro i politici corrotti e la cattiva politica. Col rischio, a volte, di cadere nel grillismo e di apparire avversari della Politica e delle Istituzioni.
Il nodo da tagliare, e lo sanno benissimo Merlo e Asor Rosa, non sono le Regioni, Il Parlamento, la Democrazia rappresentativa, tra l’altro si sta cercando di intervenire sul Titolo V per correggere alcuni punti della legge ed evitare ulteriori degenerazioni della politica.
Le forme di governo, le istituzioni, sono sistemi in sé né buoni né cattivi. Sono in origine neutri. La loro bontà o non bontà sta nei principi morali e nei valori che li sostanziano e che dovrebbero guidare gli uomini che in essi si riconoscono. Il rapporto politica-morale è stato ed è continuamente oggetto di riflessione filosofica. Per Aristotele necessariamente la virtù dell’uomo dabbene e quella di cittadino devono coincidere. E questo perché alla base della politica c’è un fare improntato ad imperativi categorici che per Kant hanno l’uomo come fine e non come mezzo.
L’azione morale non può avere come scopo che se stessa. Ciò che conta in politica e nella società, che da essa è governata, è il dikaion, l’agire giusto, per mirare al bene comune. Il sistema dà il meglio di sé quando la politica riesce a governare i processi nell’interesse collettivo e anche quando l’economia è tesa al principio del guadagno ma temperato da quell’attenzione al sociale e al benessere generale per l’elevazione morale e culturale di un popolo.
Quando questi due aspetti vengono meno il sistema degenera. E non è restringendo gli spazi di rappresentanza e di partecipazione che si possono sconfiggere le cause della degenerazione. “La delegittimazione autentica della politica democratica è il passaggio di quest’ultima dal ruolo di signore e guida a quello di servitore” (Emanuele Severino).
E questo è un fenomeno degenerativo che parte da lontano; nel 1981, nella famosa intervista a Scalfari, Enrico Berlinguer accusa i partiti di essere diventati dei luoghi di potere e di clientela. Nell’89 cade il muro di Berlino e con la fine del comunismo viene a mancare il nemico storico del capitalismo che diviene l’unica organizzazione possibile dell’economia mondiale in grado di condizionare la vita politica di un Paese e dell’intero pianeta. Ma per affrontare le nuove sfide c’è bisogno del capitale finanziario che finisce per condizionare lo sviluppo di una economia globalizzata. Vengono meno freni e vincoli, mentre una nuova classe, quella di cui parla Asor Rosa, avanza mettendo a tacere le voci dell’etica, della cultura.
Tutto viene mercificato e monetizzato; il lavoro, la solidarietà e il bene collettivo cedono il passo all’individuo economico, alla ricchezza come strumento di dominio. Diviene fondamentale l’assalto alle Istituzioni democratiche da parte di gruppi organizzati e di singoli perché è la via più breve per arricchirsi e acquistare potere.
La corruzione, l’appropriarsi indebitamente del denaro pubblico, il nepotismo diventano la prassi corrente e diffusa , tanto che chi ruba soldi pubblici ha anche tanto di faccia tosta da affermare che elargiva denaro per beneficiare gli altri, per cui non si ritiene un ladro. Scopo della politica non è più la felicità di tutti, l’eudaimonìa aristotelica, ma quella di pochi che tendono a perpetuare il proprio potere con tutti i mezzi. Le difficoltà dell’approvazione delle norme contro la corruzione, della legge elettorale, gli scandali di una classe politica ed imprenditoriale che collude con i poteri mafiosi sono il manifestarsi di una terribile cancrena sociale.
Una cultura della legalità stenta a farsi strada e ciò che spetta di diritto lo si deve chiedere come favore, cedendo la propria libertà ed indipendenza. Non c’è dubbio che ci troviamo di fronte ad una situazione più devastante sul piano morale e sociale rispetto al ’92; con un’economia sommersa che, se da un lato toglie miliardi al Pil, dall’altro costituisce uno strumento di potere e di controllo da parte di sistemi malavitosi o in pieno accordo con essi; e non a torto Luigi Zingales può riferirsi al nostro Paese come ad un sistema basato sulla “peggiocrazia”.
Max Weber aveva visto il rischio della decadenza culturale e morale del capitalismo e che questa avrebbe dato vita ad uomini “specialisti senza spirito, gaudenti senza cuore”. Ma non possiamo dare tutto per perduto.
Esistono ancora forze in grado di risalire il piano inclinato; imprenditori che comprano pagine di giornali per lanciare un nuovo rinascimento; giovani che vogliono partecipare; forme organizzative di cittadini, anche fuori dai partiti, per la riaffermazione dei principi di solidarietà e di progresso generale.
A noi il compito del ritorno allo spirito e al cuore.
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