Questa fu la settimana che fu (7)
Diario, 15-21 ottobre 2012.
Nuova Europa, quale giustizia sociale?
L’Europa, intesa come UE, è al centro del dibattito politico: chi la vuole cancellare, chi la vuole aggiustare, chi la vuole cambiare. Europa democratica, Europa dei popoli, ecc. Ma nel clima presente mi pare sia sempre più tecnocratica e molto indifferente agli interessi dei popoli.
Non si può pretendere l’assurdo, è intrinseca al sistema di produzione capitalistico la disuguaglianza, ma è anche vero che elaborazioni politiche (ed anche economiche) hanno teso a mitigare queste diseguaglianze, assumendole come ineliminabili (ad eccezione del comunismo), costruendo, anche attraverso le lotte sindacali e sociali, nonché per lo paura del “comunismo” reale e fatti forti dall’esperienza storica che ha messo in evidenza come estremizzare le diseguaglianze poteva portare ad avventure terribili come il fascismo e il nazismo, strutture e istituzioni finalizzate a ridurre le diseguaglianze. Il fisco è stato lo strumento principale ma soprattutto il sistema del Welfare.
Un movimento culturale, politico e sociale, che era alimentato da riflessioni morali, da considerazioni di solidarietà umana, da interessi (il cittadino consumatore visto come garanzia di sviluppo) ha dato corpo ad un processo riformista fondato appunto sul Welfare.
Modalità di realizzazione di un tale sistema sono stati diverse, per intensità, estensione e capacità incisiva, nei diversi paesi (si pensi a quanto tardivo, per esempio, sia stato in Italia la formazione del sistema sanitario nazionale).
Anche se gli strumenti adottati sono stati diversi, tuttavia, è possibile coglier un passaggio molto importante: la povertà è stata ritenuta una questione politica (oltre che sociale). La società ha trattato prima la povertà come un problema a cui si dava una risposta, molto parziale, con l’elemosina (le briciole che cadevano dalla tavola del ricco); in seguito si è passato alla elemosina collettiva e organizzata, di stampo religioso e solidale; poi ancora con l’organizzazione vera e propria di un sostegno attraverso istituti, sempre privati-religiosi, come i “bocconi del povero”, le case per l’infanzia abbandonata, le case per le ragazze madri, ecc.; infine lo stato attraverso il welfare se ne è fatto carico in modo generalizzato garantendo il cittadino dalla “culla alla bara”, anche se restavano sempre delle frange escluse.
Insomma la “povertà” come problema, ha attraversato la cultura politica del continente europeo per tutto il secolo passato (si pensi come se ne discute oggi in USA in termini politici completamente contrapposti). I governi dei diversi paesi del continente, del vecchio continente, si sono posti il problema della povertà, con soluzioni diverse alcune delle quali condivisibili altre molto meno, ma questa restava un fatto politico, nel senso che la politica doveva trovare forme per intervenire su quello strato sociale che era investito da indigenza.
Inoltre lotte sindacali, provvedimenti amministrativi, politiche fiscali, legislazioni specifiche si ponevano esplicitamente o implicitamente l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze, in sostanza di ridurre la distanza tra base e vertice della piramide sociale. Se si interveniva poco sulla distribuzione del reddito sia cercava, con i diritti di cittadinanza e le strutture che ne garantivano la realizzazione (il welfare) di mitigare gli effetti di tale distribuzione.
Ma quale è la situazione all’alba del XXI secolo?
In tutti i paesi si parla di “riforma” del welfare, e ogni accenno di riforma si caratterizza per una sempre sua minore estensione e incisività. Si cancella il suo dato fondamentale di eguaglianza e di democraticità, con la teoria che chi può se lo paghi e lo stato provvede solo per chi non può. Il risultato sarà che, per questioni di bilancio, provvederà sempre meno anche a questi. Ma ancora più grave è l’indifferenza verso le sperequazioni, in tutti i paesi la distribuzione del reddito è peggiorata, la distanza tra la base e il vertice della piramide sociale è aumentata. Si parla di ridurre gli stipendi dei massimi dirigenti pubblici, mentre per i privati provvede, come si dice, il mercato.
Inoltre, la cosa peggiore, è l’assoluta indifferenza verso la povertà, non solo il meccanismo economico capitalistico in crisi nel nostro continente fa aumentare i poveri, ma questo sembra l’obiettivo non dichiarato di moltissime politiche pubbliche.
Le tecnocrazie imperanti in Europa sono indifferenti ai danni che producono nella popolazione, loro non hanno cognizione ed esperienza di “popolo”, amano i loro modelli, chiusi nei loro uffici di cristallo, accudite da segretarie e consulenti sorridono con cinismo al presunto mondo meraviglioso che stanno costruendo e non si accorgono dei cadaveri che seminano.
La storia patria e gli onori
Che un paese ricordi tutti quanti hanno fatto parte, nel bene e nel male, della sua storia mi sembra ovvio. La cancellazione nelle fotografie ufficiali di personaggi che non godono più di potere, mi pare una cosa ridicola, oltre che diseducativa. Ricordarli tutti storicamente è fondamentale, onorare solo i migliori è un bene. So che “nel bene e nel male” è suscettibile di diversa interpretazione, ma fino ad un certo punto. Ora mi pare che il nostro paese, complessivamente, ha collocato storicamente il fascismo e i suoi uomini nell’esperienza del “male”; che quel periodo e i suoi uomini abbiano ancora degli estimatori e comprensibile ma non condivisibile, ma onorarli con “mausolei” o intestando a qualcuno un aeroporto non mi pare lecito, offende i sentimenti più generali, disconosce la storia, è diseducativo e alla fin fine anche ridicolo. A Napoli direbbero, in modo icastico, che innalzare un mausoleo al maresciallo Graziano e intestare un aeroporto a Mussolini, sia una vera … strunzata.
Monti ci ha messo la … faccia
Il presidente del Consiglio come ha detto, ci ha messo la faccia nella richiesta della fiducia (l’ennesima) sulla legge “contro la corruzione”. Leggendo i commenti, e riflettendo sul contenuto di questa legge verrebbe da dire, dato che ci ha messo la faccia non poteva farla più seria e incisiva in modo da essere una medaglia da appendersi al petto. In questo modo sembra che la “tecnicità” tanto affermato sul tartassare i cittadini si sia annacquata in qualche convenienza. L’ha detto esplicitamente il professore affermando che egli avrebbe voluto una legge più seria ma i partiti si sono opposti. Che strano, quando si tratta di tartassare i cittadini delle opinioni dei partiti non si cura, li costringe alla fiducia (li ricatta: o mangiate questa minestra o vi rendete responsabili delle mie dimissioni).
Citazioni: nel bene e nel male
Marco Follini, La Repubblica, 15 ottobre 2012: “Però non posso pensare che il trionfo dell’improvvisazione e l’archiviazione frettolosa dell’esperienza sia salvifico. Dare addosso alla vecchia guardia è la cosa più facile che ci sia. Ma poiché penso che ogni individuo è un universo, dovremmo evitare di fare di ogni erba un fascio. … Insisto nel dirlo e lo ripeto in stile sovietico. Dietro l’angolo non c’è Cernenko, siamo già oltre Gorbaciov. E se evitiamo di finire a Putin è meglio” .
Vittorio Grilli, La Repubblica, 15 ottobre 2012: “Il rigore sta dando i suoi frutti, e questi frutti possiamo cominciare a restituirli ai cittadini, avviando un percorso di riduzione della pressione fiscale…. Ma qui, per la prima volta da molto tempo, noi tagliamo di due punti le aliquote Irpef sui redditi più bassi.” (è sconsolante costatare quello che i ministri pensano dei cittadini. Siete stupidi, sembrano dirci, vi abbagliamo con la riduzione Irpef per non farvi vedere che mentre vi lasciamo in tasca qualche euro, ve ne togliamo di più con l’Iva e le altre manovre.)
Curzio Maltese, La Repubblica, 17 ottobre 2012: ”Umberto Ambrosoli, un nome che scalda i cuori di molti. Oggi 17 ottobre, Giorgio Ambrosoli compirebbe 79 anni, se non fosse stato assassinato l’11 luglio 1979 da un sicario mafioso di Michele Sindona. “Se l’andava cercando” fu l’agghiacciante commento di Giulio Andreotti. … Per un paio di generazioni di onesti lombardi, la sola ipotesi che possa essere il figlio dell’eroe borghese a porre fine alla stagione del potere formigoniano e alla vergogna in cui è precipitata la Lombardia, è semplicemente un sogno.” (Ricordiamoci sempre del cinismo di Andreotti e delle sue amicizie non solo impresentabili ma anche pericolose.)
Beppe Pisanu, La Repubblica, 17 ottobre 2012: “In Sardegna c’è una famiglia che detiene il record della longevità in Italia e voi non volete permettere a un politico sardo di detenere un record della longevità politica?" (Dopo 40 anni passati tra Montecitorio e Palazzo Madama, il senatore Pisanu si ricandida, e perché no? Nelle file del partito che l’ha eletto, il PDL, non c’è di meglio né tra i giovani né tra gli attempati, né tra gli uomini, né tra le donne.)
Francois Hollande, La Stampa, 18 ottobre 2012: “Dalla mia elezione ho fatto in modo che l’Europa si dia come priorità la crescita, senza rimettere in discussione la serietà dei bilanci, resa indispensabile dalla crisi del debito pubblico. La mia convinzione è che, se non diamo un nuovo slancio all’economia europea, le misure di disciplina, per altro auspicabili, non avranno dei risultati pratici. … i Paesi che sono in attivo devono stimolare la loro domanda interna con un aumento dei salari e una riduzione delle tasse, è la migliore espressione della loro solidarietà. Nell’interesse di tutti non è possibile infliggere una condanna a vita a Paesi che hanno già fatto dei sacrifici considerevoli. Oggi la recessione ci minaccia quanto il deficit.” (La consapevolezza è il primo passo, anche se la cura può non essere efficace. Ma in Europa quanti capi di governo sono su questa posizione?)
Stefano Fassina, Pubblico, 19 ottobre 2012: “Così com’è ora la legge la legge di stabilità è insostenibile. Alcuni dei provvedimenti più importanti che contiene colpiscono le fasce più deboli della società” (Su questa linea le pronunce di esponenti del PD si sprecano, compresa quella di Francesco Boccia. Vedremo!)
Andrea Fabozzi, Il Manifesto, 19 ottobre 2012: “Dal falso in bilancio al voto di scambio, dalla incandidabilità all’auto riciclaggio, sono davvero molti i provvedimenti efficaci che la ministra ha illustrato ieri ai senatori. Ma non presentando una sua legge, l’ha fatto promettendo leggi nuove. Perché tutto questo nell’anticorruzione che adesso passa alla camera non c’è.”
Fondamente, 7 settembre 2012: “In Portogallo nel 1932 un professore di economia, al secolo António de Oliveira Salazar, fu chiamato a dirigere il Paese per far fronte alla crisi economica e all’enorme deficit di bilancio che attanagliava la terra lusitana. Il suo intento era di creare una struttura super partes capace di riunire in sé tutte le correnti nazionali e di sostituirsi ai partiti. Rimase al potere per 36 anni e 82 giorni, e il suo regime, noto come “salazarismo”, ebbe termine con una rivoluzione il 25 aprile del 1974.” (Anche se con ritardo mi pare giusto riportare quanto scritto nel sito dell’Associazione Fondamente di Venezia. Il perché vale la pena di riportarlo mi pare chiaro).
Elena Granaglia, Quattro meriti dell'universalismo, da “Sinistra in rete”: “ L’idea di un ridimensionamento dei confini dello stato sociale così radicale quale quello auspicato da Alesina e Giavazzi nel fondo del Corriere della Sera di domenica 23 settembre è largamente osteggiata nel centro-sinistra. In forme più sfumate, l’idea è tuttavia presente anche in questo schieramento.
La ragione addotta talvolta è economica: i vincoli finanziari renderebbero lo stato sociale universalistico insostenibile. Talvolta è più fondamentale. Anche se potessimo permettercelo, l’universalismo sarebbe in molti ambiti da abbandonare in quanto iniquo: perché trasferire risorse a chi di risorse non è privo? Per alcuni, a disturbare sarebbe poi la mera vecchiaia dell’ideale. In questo contesto, vale la pena ricordare brevemente quattro meriti dell’universalismo che, a sinistra, dovremmo più tenere a mente.
Merito 1. Il riconoscimento del carattere assicurativo di molte prestazioni sociali.
Merito 2. Il riconoscimento dei beni relazionali.
Merito 3. Il contributo alla costruzione della cittadinanza.
Merito 4. Il contributo al contrasto stesso della povertà/della vulnerabilità”.
(Rinvio alla lettura dell'articolo completo per l’argomentazione)
Francesco Indovina |
L’Europa, intesa come UE, è al centro del dibattito politico: chi la vuole cancellare, chi la vuole aggiustare, chi la vuole cambiare. Europa democratica, Europa dei popoli, ecc. Ma nel clima presente mi pare sia sempre più tecnocratica e molto indifferente agli interessi dei popoli.
Non si può pretendere l’assurdo, è intrinseca al sistema di produzione capitalistico la disuguaglianza, ma è anche vero che elaborazioni politiche (ed anche economiche) hanno teso a mitigare queste diseguaglianze, assumendole come ineliminabili (ad eccezione del comunismo), costruendo, anche attraverso le lotte sindacali e sociali, nonché per lo paura del “comunismo” reale e fatti forti dall’esperienza storica che ha messo in evidenza come estremizzare le diseguaglianze poteva portare ad avventure terribili come il fascismo e il nazismo, strutture e istituzioni finalizzate a ridurre le diseguaglianze. Il fisco è stato lo strumento principale ma soprattutto il sistema del Welfare.
Un movimento culturale, politico e sociale, che era alimentato da riflessioni morali, da considerazioni di solidarietà umana, da interessi (il cittadino consumatore visto come garanzia di sviluppo) ha dato corpo ad un processo riformista fondato appunto sul Welfare.
Modalità di realizzazione di un tale sistema sono stati diverse, per intensità, estensione e capacità incisiva, nei diversi paesi (si pensi a quanto tardivo, per esempio, sia stato in Italia la formazione del sistema sanitario nazionale).
Anche se gli strumenti adottati sono stati diversi, tuttavia, è possibile coglier un passaggio molto importante: la povertà è stata ritenuta una questione politica (oltre che sociale). La società ha trattato prima la povertà come un problema a cui si dava una risposta, molto parziale, con l’elemosina (le briciole che cadevano dalla tavola del ricco); in seguito si è passato alla elemosina collettiva e organizzata, di stampo religioso e solidale; poi ancora con l’organizzazione vera e propria di un sostegno attraverso istituti, sempre privati-religiosi, come i “bocconi del povero”, le case per l’infanzia abbandonata, le case per le ragazze madri, ecc.; infine lo stato attraverso il welfare se ne è fatto carico in modo generalizzato garantendo il cittadino dalla “culla alla bara”, anche se restavano sempre delle frange escluse.
Insomma la “povertà” come problema, ha attraversato la cultura politica del continente europeo per tutto il secolo passato (si pensi come se ne discute oggi in USA in termini politici completamente contrapposti). I governi dei diversi paesi del continente, del vecchio continente, si sono posti il problema della povertà, con soluzioni diverse alcune delle quali condivisibili altre molto meno, ma questa restava un fatto politico, nel senso che la politica doveva trovare forme per intervenire su quello strato sociale che era investito da indigenza.
Inoltre lotte sindacali, provvedimenti amministrativi, politiche fiscali, legislazioni specifiche si ponevano esplicitamente o implicitamente l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze, in sostanza di ridurre la distanza tra base e vertice della piramide sociale. Se si interveniva poco sulla distribuzione del reddito sia cercava, con i diritti di cittadinanza e le strutture che ne garantivano la realizzazione (il welfare) di mitigare gli effetti di tale distribuzione.
Ma quale è la situazione all’alba del XXI secolo?
In tutti i paesi si parla di “riforma” del welfare, e ogni accenno di riforma si caratterizza per una sempre sua minore estensione e incisività. Si cancella il suo dato fondamentale di eguaglianza e di democraticità, con la teoria che chi può se lo paghi e lo stato provvede solo per chi non può. Il risultato sarà che, per questioni di bilancio, provvederà sempre meno anche a questi. Ma ancora più grave è l’indifferenza verso le sperequazioni, in tutti i paesi la distribuzione del reddito è peggiorata, la distanza tra la base e il vertice della piramide sociale è aumentata. Si parla di ridurre gli stipendi dei massimi dirigenti pubblici, mentre per i privati provvede, come si dice, il mercato.
Inoltre, la cosa peggiore, è l’assoluta indifferenza verso la povertà, non solo il meccanismo economico capitalistico in crisi nel nostro continente fa aumentare i poveri, ma questo sembra l’obiettivo non dichiarato di moltissime politiche pubbliche.
Le tecnocrazie imperanti in Europa sono indifferenti ai danni che producono nella popolazione, loro non hanno cognizione ed esperienza di “popolo”, amano i loro modelli, chiusi nei loro uffici di cristallo, accudite da segretarie e consulenti sorridono con cinismo al presunto mondo meraviglioso che stanno costruendo e non si accorgono dei cadaveri che seminano.
La storia patria e gli onori
Che un paese ricordi tutti quanti hanno fatto parte, nel bene e nel male, della sua storia mi sembra ovvio. La cancellazione nelle fotografie ufficiali di personaggi che non godono più di potere, mi pare una cosa ridicola, oltre che diseducativa. Ricordarli tutti storicamente è fondamentale, onorare solo i migliori è un bene. So che “nel bene e nel male” è suscettibile di diversa interpretazione, ma fino ad un certo punto. Ora mi pare che il nostro paese, complessivamente, ha collocato storicamente il fascismo e i suoi uomini nell’esperienza del “male”; che quel periodo e i suoi uomini abbiano ancora degli estimatori e comprensibile ma non condivisibile, ma onorarli con “mausolei” o intestando a qualcuno un aeroporto non mi pare lecito, offende i sentimenti più generali, disconosce la storia, è diseducativo e alla fin fine anche ridicolo. A Napoli direbbero, in modo icastico, che innalzare un mausoleo al maresciallo Graziano e intestare un aeroporto a Mussolini, sia una vera … strunzata.
Monti ci ha messo la … faccia
Il presidente del Consiglio come ha detto, ci ha messo la faccia nella richiesta della fiducia (l’ennesima) sulla legge “contro la corruzione”. Leggendo i commenti, e riflettendo sul contenuto di questa legge verrebbe da dire, dato che ci ha messo la faccia non poteva farla più seria e incisiva in modo da essere una medaglia da appendersi al petto. In questo modo sembra che la “tecnicità” tanto affermato sul tartassare i cittadini si sia annacquata in qualche convenienza. L’ha detto esplicitamente il professore affermando che egli avrebbe voluto una legge più seria ma i partiti si sono opposti. Che strano, quando si tratta di tartassare i cittadini delle opinioni dei partiti non si cura, li costringe alla fiducia (li ricatta: o mangiate questa minestra o vi rendete responsabili delle mie dimissioni).
Citazioni: nel bene e nel male
Marco Follini, La Repubblica, 15 ottobre 2012: “Però non posso pensare che il trionfo dell’improvvisazione e l’archiviazione frettolosa dell’esperienza sia salvifico. Dare addosso alla vecchia guardia è la cosa più facile che ci sia. Ma poiché penso che ogni individuo è un universo, dovremmo evitare di fare di ogni erba un fascio. … Insisto nel dirlo e lo ripeto in stile sovietico. Dietro l’angolo non c’è Cernenko, siamo già oltre Gorbaciov. E se evitiamo di finire a Putin è meglio” .
Vittorio Grilli, La Repubblica, 15 ottobre 2012: “Il rigore sta dando i suoi frutti, e questi frutti possiamo cominciare a restituirli ai cittadini, avviando un percorso di riduzione della pressione fiscale…. Ma qui, per la prima volta da molto tempo, noi tagliamo di due punti le aliquote Irpef sui redditi più bassi.” (è sconsolante costatare quello che i ministri pensano dei cittadini. Siete stupidi, sembrano dirci, vi abbagliamo con la riduzione Irpef per non farvi vedere che mentre vi lasciamo in tasca qualche euro, ve ne togliamo di più con l’Iva e le altre manovre.)
Curzio Maltese, La Repubblica, 17 ottobre 2012: ”Umberto Ambrosoli, un nome che scalda i cuori di molti. Oggi 17 ottobre, Giorgio Ambrosoli compirebbe 79 anni, se non fosse stato assassinato l’11 luglio 1979 da un sicario mafioso di Michele Sindona. “Se l’andava cercando” fu l’agghiacciante commento di Giulio Andreotti. … Per un paio di generazioni di onesti lombardi, la sola ipotesi che possa essere il figlio dell’eroe borghese a porre fine alla stagione del potere formigoniano e alla vergogna in cui è precipitata la Lombardia, è semplicemente un sogno.” (Ricordiamoci sempre del cinismo di Andreotti e delle sue amicizie non solo impresentabili ma anche pericolose.)
Beppe Pisanu, La Repubblica, 17 ottobre 2012: “In Sardegna c’è una famiglia che detiene il record della longevità in Italia e voi non volete permettere a un politico sardo di detenere un record della longevità politica?" (Dopo 40 anni passati tra Montecitorio e Palazzo Madama, il senatore Pisanu si ricandida, e perché no? Nelle file del partito che l’ha eletto, il PDL, non c’è di meglio né tra i giovani né tra gli attempati, né tra gli uomini, né tra le donne.)
Francois Hollande, La Stampa, 18 ottobre 2012: “Dalla mia elezione ho fatto in modo che l’Europa si dia come priorità la crescita, senza rimettere in discussione la serietà dei bilanci, resa indispensabile dalla crisi del debito pubblico. La mia convinzione è che, se non diamo un nuovo slancio all’economia europea, le misure di disciplina, per altro auspicabili, non avranno dei risultati pratici. … i Paesi che sono in attivo devono stimolare la loro domanda interna con un aumento dei salari e una riduzione delle tasse, è la migliore espressione della loro solidarietà. Nell’interesse di tutti non è possibile infliggere una condanna a vita a Paesi che hanno già fatto dei sacrifici considerevoli. Oggi la recessione ci minaccia quanto il deficit.” (La consapevolezza è il primo passo, anche se la cura può non essere efficace. Ma in Europa quanti capi di governo sono su questa posizione?)
Stefano Fassina, Pubblico, 19 ottobre 2012: “Così com’è ora la legge la legge di stabilità è insostenibile. Alcuni dei provvedimenti più importanti che contiene colpiscono le fasce più deboli della società” (Su questa linea le pronunce di esponenti del PD si sprecano, compresa quella di Francesco Boccia. Vedremo!)
Andrea Fabozzi, Il Manifesto, 19 ottobre 2012: “Dal falso in bilancio al voto di scambio, dalla incandidabilità all’auto riciclaggio, sono davvero molti i provvedimenti efficaci che la ministra ha illustrato ieri ai senatori. Ma non presentando una sua legge, l’ha fatto promettendo leggi nuove. Perché tutto questo nell’anticorruzione che adesso passa alla camera non c’è.”
Fondamente, 7 settembre 2012: “In Portogallo nel 1932 un professore di economia, al secolo António de Oliveira Salazar, fu chiamato a dirigere il Paese per far fronte alla crisi economica e all’enorme deficit di bilancio che attanagliava la terra lusitana. Il suo intento era di creare una struttura super partes capace di riunire in sé tutte le correnti nazionali e di sostituirsi ai partiti. Rimase al potere per 36 anni e 82 giorni, e il suo regime, noto come “salazarismo”, ebbe termine con una rivoluzione il 25 aprile del 1974.” (Anche se con ritardo mi pare giusto riportare quanto scritto nel sito dell’Associazione Fondamente di Venezia. Il perché vale la pena di riportarlo mi pare chiaro).
Elena Granaglia, Quattro meriti dell'universalismo, da “Sinistra in rete”: “ L’idea di un ridimensionamento dei confini dello stato sociale così radicale quale quello auspicato da Alesina e Giavazzi nel fondo del Corriere della Sera di domenica 23 settembre è largamente osteggiata nel centro-sinistra. In forme più sfumate, l’idea è tuttavia presente anche in questo schieramento.
La ragione addotta talvolta è economica: i vincoli finanziari renderebbero lo stato sociale universalistico insostenibile. Talvolta è più fondamentale. Anche se potessimo permettercelo, l’universalismo sarebbe in molti ambiti da abbandonare in quanto iniquo: perché trasferire risorse a chi di risorse non è privo? Per alcuni, a disturbare sarebbe poi la mera vecchiaia dell’ideale. In questo contesto, vale la pena ricordare brevemente quattro meriti dell’universalismo che, a sinistra, dovremmo più tenere a mente.
Merito 1. Il riconoscimento del carattere assicurativo di molte prestazioni sociali.
Merito 2. Il riconoscimento dei beni relazionali.
Merito 3. Il contributo alla costruzione della cittadinanza.
Merito 4. Il contributo al contrasto stesso della povertà/della vulnerabilità”.
(Rinvio alla lettura dell'articolo completo per l’argomentazione)
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