Casini e il franchising della politica
Finalmente un Bersani che riconosce un Casini talmente tattico da rischiare di morirne.
PS:
Ero e sono contrario al premio di maggioranza come al Porcellum. In linea teorica la maggioranza dovrebbe nascere da un voto popolare e poi l’eventuale premio per consolidarla. Mi rendo conto però, che nella pratica non è mai accaduto, e piuttosto che gli accordi tra partiti dopo il voto, è preferibile la posizione di Bersani.
Giuseppe Santino |
Anche se a me più che tatticismo sembra opportunismo.
Una volta esisteva la politica dei due forni, adesso Casini ne ha moltiplicato il numero, fatto una catena che diffonde in franchising; così può allearsi con chi vuole, quando vuole e dove vuole; cambiare opinione da mattino a sera e da sera a mattino, convinto di essere l’ago della bilancia, l’elemento determinante in grado di condizionare la politica di tutta la sinistra e di tutta la destra. Possiamo anche capire che ciascuno di noi possa avere un’idea molto ambiziosa di sé e del proprio operato. E rientra nelle debolezze umane.
Ma non è possibile, sul piano politico, non stigmatizzare l’arroganza, di un leader dimezzato, di un topolino che si crede un leone. Ma il ruggito gli riesce male.
Si dice, Casini, fortemente avversario di un possibile governo di sinistra, nato da una alleanza Bersani-Vendola, che con il 30 per cento di consensi possa ottenere il 55 per cento di seggi, grazie al premio di maggioranza. Ma non trova, quanto meno disdicevole, che un partito del per cento assuma il ruolo di regista con mire molto oltre la sua reale forza politica e la sua rappresentatività?
E così il nostro Casini si muove, ondivago, da un’alleanza all’altra, con tanta faccia tosta che lo porta a proporre una legge elettorale da rendere impossibile ad un partito o ad una coalizione di governare il Paese. E se dovesse accadere che dalle urne non esca un vincitore con una forza tale da pretendere, sulla base dei voti, Palazzo Chigi, ecco che dal cilindro del mago dell’Udc venir fuori il coniglietto Monti-bis.
E a Palazzo Chigi tutto è a posto. E sul colle più importante della Capitale, il Quirinale?
Vuoi vedere che Casini va in palestra per allungare di qualche centimetro e avvicinarsi, lui già così alto, all’altezza dei corazzieri? Ed ha ancora tanta faccia tosta da accusare Bersani di essere il sostenitore del Porcellum, come se non avesse partecipato anche lui, allora alleato di Berlusconi, all’approvazione di quella “porcata”.
Oggi è ritornato a quella alleanza, Pdl e Lega, per varare un’altra porcata, il premio alla coalizione che raggiunge il 42,5 per cento. Praticamente nessun partito e nessuna coalizione.
Una soglia di sbarramento da impedire alla sinistra, potenzialmente vittoriosa, di governare a meno che non si voglia costituire, dopo le elezioni, una maggioranza ampia ed eterogenea legata ad interessi di parte e di potere e questo anche in barba alla prova elettorale in Sicilia e ai toni trionfalistici dopo il risultato sull’alleanza Pd-Udc.
Un ulteriore segno della inaffidabilità di Casini e dell’illusione che le elezioni in Sicilia siano state una sperimentazione da verificare sul piano nazionale. Sono tutt’altro che modelli di alleanze; sono esperienze politiche in negativo anche se si vince, dato che la vittoria è di una maggioranza della minoranza degli elettori. Il 53 per cento è rimasto a casa, segno per i partiti che dovrebbero riflettere, ma Casini sembra che in testa abbia il vuoto. E vanifica quella che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere una proposta politica capace di raccogliere un segno di profondo disagio.
Così nonostante le buone intenzioni di Crocetta, il risultato in Sicilia è lontano dal significare un cambiamento. E questo perché non sono venuti meno gli elettori di destra, ma semplicemente si sono astenuti e non c’è stato premio per la sinistra, che ha perso voti, mentre il voto di mafia, a mio avviso, questa volta è rimasto congelato in attesa di un cielo un po’ più sereno con referenti più affidabili. Di fronte a questa realtà in movimento che potrebbe essere gestita per ridimensionare politicamente una destra alla deriva, dando anche credibilità ai partiti e alla politica, Casini fa il ragazzino vizioso e bizzoso. Mira in alto? Buon per lui .
Ma non può pensare di essere un leader che detta, anche lui, l’agenda della politica italiana. Non vuole essere suddito ma non può essere re o addirittura imperatore. Ormai dovremmo essere abituati ai voltafaccia di Casini e alle sue “offerte” di alleanze elettorali al partito/colazione che ritiene al momento più forte, in grado di consentire la realizzazione degli scopi particolari del suo partito e del suo protagonismo personale. Questa è l’Udc di Casini e non serve togliere il nome al simbolo, ciò che conta è l’essenza del pensiero; quando il pensiero c’è e si occupa degli interessi generali. Hanno ragione Grillo nel definire la proposta di cambiamento a pochi mesi dal voto un golpe e la Bonino ad essere critica con il Presidente Napolitano che spinge per una nuova legge elettorale.
Come per il Porcellum si sta operando perché non possa concretizzarsi una vittoria con l’assunzione di responsabilità della sinistra e anche del Movimento Cinque Stelle. Questa maggioranza che si è ricostituita non è nuova a questi colpi di mano, nonostante tenda ad indossare l’abito bianco della purezza.
Il Porcellum è stato approvato alla vigilia di una consultazione elettorale a colpi di maggioranza, senza alcun coinvolgimento delle altre forze politiche, proprio come è in animo di fare in questi giorni. È uno strano gioco delle parti accusare il Pd, e quanti sono contrari a questa proposta, di immobilismo e di affezione al Porcellum, ormai delegittimato e rinnegato dai padri. Sembra, però, che questa volta Bersani sia rinsavito e abbia finalmente compreso chi è Casini con il suo centro.
Non a caso molti affollano quest’area eterogenea senza alcun legame ideale; considerata la storia personale dei principali esponenti; una sorta di frigorifero dove c’è di tutto e di più. Tutti uniti, in principio, e poi via, ciascuno in direzioni proprie e non coincidenti con quelle degli altri. Bersani sembra di ritorno da Lourdes, miracolato, e usa toni da fermezza politica, come da tempo non si sentivano, e dice a Casini di mettere la barra dritta e decidere con chi andare e dove.
Non credo che ci sia molto da aspettarsi da un folletto bizzarro della politica italiana, che però ha ragione in un punto: quando invita Bersani a guardare a casa propria, perché rischia di trovarsi con una parte del partito “ricoverata” per troppo amore al Monti bis. È infatti Bersani che, senza “settarismi” e pregiudiziali, deve tenere ben salda la barra nella direzione della fermezza che gli fa dire che in caso di ingovernabilità, piuttosto che gli inciuci, si torna a votare. Una fermezza senza cedimenti che possano annebbiare le scelte politiche ed impedire il traghettamento dell’Italia fuori dalla crisi con una politica che garantisca equità, solidarietà e valorizzazione delle risorse umane, di cui il nostro Paese è ricco.
E questo non può che essere opera di un governo politico con una maggioranza coesa che condivide obiettivi e finalità dell’azione politica. E non maggioranze allargate e disomogenee con un Presidente del Consiglio non scelto dal voto popolare, ma espressione di accordi di palazzo. E’ tempo di tornare alla normalità ed è tempo che la politica riprenda il posto che le spetta. E chi non condivide quanto sta facendo Bersani potrebbe fare legittimamente, altre scelte.
PS:
Ero e sono contrario al premio di maggioranza come al Porcellum. In linea teorica la maggioranza dovrebbe nascere da un voto popolare e poi l’eventuale premio per consolidarla. Mi rendo conto però, che nella pratica non è mai accaduto, e piuttosto che gli accordi tra partiti dopo il voto, è preferibile la posizione di Bersani.
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