La vittoria di Obama e la piccola Italia
... con un modesto contributo di Alghero.
Antonio Budruni |
Molti italiani, che hanno avuto la possibilità di sentire (e vedere) l’intervento del rieletto presidente degli USA Barack Obama, questa mattina di buon’ora, avranno certamente provato la stessa sensazione che ho avvertito io: la distanza tra la democrazia statunitense e quella italiana. Di più: la distanza tra i due popoli.
Una distanza prima di tutto culturale. Obama ha parlato del futuro degli Usa e dell’unità del popolo americano, non solo in riferimento al lavoro (duro lavoro per tutti, ha detto il presidente) necessario per includere ogni americano nel “dream” (l’elenco è stato davvero ampio; volutamente ampio), ma anche la necessità per gli americani di essere generosi, aperti, in modo che ogni essere umano del pianeta terra possa farcela.
Ascoltandolo, mi venivano in mente i ghigni dei parlamentari leghisti, al governo del piccolo pianeta Italia, mentre asserivano la necessità di cacciare via tutti gli stranieri dal nostro Paese perché: “prima di tutto c’è il nord”. Ascoltandolo, mi venivano in mente le risse dei nostro parlamentari fuori e dentro le camere; gli insulti gratuiti; il linguaggio da stadio o da caserma. Un confronto impietoso. Obama, il capo di una democrazia civile. La nostra politica, ancora fanciulla, in parte subalterna ai peggiori umori popolari, vassalla del tifo da stadio dei potenziali elettori.
Certo, la politica italiana non è tutta così, ma la tendenza è all’uniformazione al livello più basso possibile. Se pensiamo che il nuovo che avanza, in Italia, è Grillo, che un giorno sì e l’altro pure, ci allieta le serate con il “rigormontis”, con gli zombies, i morti che non sanno di esserlo, con le minacce alla stampa, i divieti ai suoi (“suoi”?) eletti di partecipare alle trasmissioni televisive e via precipitando, non c’è dubbio che il nostro Paese abbia imboccato una china al termine della quale ci sarà solo un nuovo disastro politico, economico e sociale dal quale sarà difficile venire fuori, se non con grandissima fatica.
Sarebbe troppo facile, qui, affermare che dopo anni di bastonate all’istruzione e alla cultura, dopo la stropicciatura della lingua italiana, dell’educazione e della civiltà, saremmo necessariamente arrivati a questo punto.
Ma, attenzione: le colpe non sono tutte dei politici (e neppure si può dire che tutti i politici siano colpevoli di questa deriva), ma sono anche di tutti coloro che, nell’indifferenza e limitandosi ad ingiuriare la “politica” (tutti colpevoli e quindi nessun colpevole), hanno permesso che tutto ciò succedesse. Ora, non ci sono più abili. Ora tutti sanno e tutti vedono. Nessuno può più sottrarsi alle proprie responsabilità. L’unico antidoto al degrado della civiltà nel nostro Paese è l’impegno individuale, diretto nella politica. Non delegare, ma partecipare, battersi e decidere in prima persona.
La vittoria di Obama è stata decisa, come riferivano tutti i commentatori, dal voto dello Stato dell’Ohio. Nel museo di Toledo, città dell’Ohio, è custodito un calice con patena, del XV secolo, con il marchio degli orafi di Alghero. Quanti algheresi ne sono a conoscenza? E quanti sanno che al Metropolitan Museum di New York è conservata una tela del pittore algherese Francesco Pinna, nato in città nella seconda metà del XVI secolo?
Com’è che gli americani apprezzano la nostra cultura e noi, spesso, le voltiamo le spalle?
La vittoria di Obama è stata decisa, come riferivano tutti i commentatori, dal voto dello Stato dell’Ohio. Nel museo di Toledo, città dell’Ohio, è custodito un calice con patena, del XV secolo, con il marchio degli orafi di Alghero. Quanti algheresi ne sono a conoscenza? E quanti sanno che al Metropolitan Museum di New York è conservata una tela del pittore algherese Francesco Pinna, nato in città nella seconda metà del XVI secolo?
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