Questa fu la settimana che fu (9)
Diario 29 Ottobre - 4 Novembre 2012
In questo numero:
- Da “Salva Italia” a “Pericolo Italia”
- Cosa ci insegnerebbe la Sicilia
- La “rappresaglia” di Marchionne
- Le capriole del governo dei tecnici
- Rosy Bindi; riconciliazione
- Citazioni: nel bene e nel male (Mario Draghi, Chiara Saraceno)
Il capro espiatore
Silvio Berlusconi non è una vittima innocente, come dovrebbe essere il capro espiatore (il caprone biblico), ma anche se non innocente in questa fase storica svolge questa funzione per purificare dagli errori (peccati) le forze politiche.
La sinistra, con il sacrificio di Berlusconi, ha pensato di lavarsi dalla colpa di aver dilapidato un grande patrimonio di idee, di valori e di consenso popolare. Ma non è così, continua a pagare le colpe di non aver colto la domanda di cambiamento e di essersi accodata al pensiero unico liberista a partire dalle “lenzuolate” di liberalizzazioni, non gravi nel loro contenuto (modesto) ma simboliche di una linea politica.
La destra, con il sacrificio di Berlusconi, che tutti rimpiangono ma nessuno realmente ne vuole il ritorno, hanno pensato di lavarsi dalla colpa di aver assecondato la bulimia berlusconiana di leggi ad personam (e altro) e di aver assunto uno stile di vita politica che ha alla sua base la corruzione economica, morale, politica e di pensiero (in più i singoli non avendo le risorse del capo hanno pensato di dilapidare le risorse pubbliche). Ma soprattutto di aver buttato alle ortiche un consenso e una speranza (mal posta) di popolo, affascinato dal modello di vita del capo, consenso che aveva permesso al PDL di riempire Camera e Senato, consigli regionali e comunali di gentaglia.
Il centro, con la caduta di Berlusconi, pensava di essersi lavata dalla colpa di aver partecipato all’orgia di potere berlusconiano e di potere, finalmente, (ri)costruire il centro (DC).
Monti, l’ultimo arrivato, oltre ad aver ottenuto il potere, ha pensato che il caprone sacrificato l’avrebbe lavato dalla colpa di non aver realizzato né equità né sviluppo.
Niente di tutto questo, tutti gli schieramenti, o comunque si vogliano chiamare, si combattono, si accordano, si azzannano, si blandiscono, si fanno concorrenza in un’arena politica ai margini della società, in un deserto arido (da film “ritorno al passato primordiale), nel disinteresse dei più.
Si ha l’impressione che altri capri espiatori dovranno essere sacrificati.
Da “Salva Italia” a “Pericolo Italia”
Il progetto (Napolitano-Monti) “Salva Italia”, si sta trasformano nel suo contrario, che potremmo chiamare “Pericolo Italia”. Non mi riferisco solo alla recessione (ieri la Merkel ha ammonito: nessun allentamento del rigore, la crisi durerà ancora cinque anni), che pesa pesantemente sul ceto medio e sulle famiglie a reddito più basso (altri ingrassano), ma alla crisi politica che ha investito il paese. Riflettiamo: la crisi extra-parlamentare e la soluzione extra-partiti, ha alimentato il discredito per le forze politiche. Una sorta di dichiarazione di inettitudine. La crisi non si riconosce nelle accuse alla “casta” di Grillo (chi ricorda i “forchettoni” che apparivano nei manifesti del PCI contro la DC), ma nella carenza di proposta politica, certo colpa dei partiti stessi, ma anche di chi a questi ha tolto ogni possibilità di incidere (e quando lo fanno per lo più si tratta di meschinità).
Oggi c’è un vero “Pericolo Italia”: intreccio tra il populismo, senza programma e prospettiva, con l’antipolitica di chi si tira fuori. L’antipolitica non sta nel “movimento 5 stelle”, ma nei milioni di elettori che diserteranno le urna. La vera antipolitica sta nel rifiuto della politica. Oserei dire, non degli attuali meccanismi, ma in generale dei meccanismi politici; il rifiuto ad essere partecipi della formazione di una decisione collettiva, preferendo la soluzione individuale (onesta, familista, mafiosa, speranzosa, ecc.). Né consola che la tendenza generale in tutte le democrazie è la riduzione della partecipazione al voto. Sembra grave, molto grave, ed alimenta il degrado della politica. Rimedi la Politica, ci sarà molto da lavorare e a lungo, il piccolo cabotaggio politico è inutile. Se si continua ad accarezzare l’idea che basterà cambiare la legge elettorale perché in massa gli astenuti torneranno alle urna, si fa un grave errore di incomprensione.
Mi pare di capire che quanti hanno proposto “Salva Italia” non si rendano conto del pericolo, ma, al contrario, pensano e sperano in una nuova stagione di annientamento dei partiti. A vincere non saranno loro e a perdere l’Italia (tutta).
Cosa ci insegnerebbe la Sicilia
Le elezioni regionali siciliane, mi pare, sono dense di insegnamenti. Schematizzo:
1. La grande dimensione dell’astensione, fa scandalo e ci si arzigogola molto sopra: si spiega, si interpreta, si analizza, si giustifica, Al netto dell’astensione della mafia, su cui molto giurano, essa rappresenta corposamente e vistosamente l’antipolitica, cioè il rifiuto dei meccanismi della politica. Una tendenza non solo siciliana ma nazionale se fosse vero, ciò che emerge dai sondaggi, che astenuti e bianche si avvicinano paurosamente al 50%.
2. Il movimento 5 stelle, non è l’anti-politica, ma una forza politica (non si commetta l’errore che si è fatta con la nascita della Lega). Non solo, di là del successo siciliano (difficile da ripetere a livello nazionale), il movimento 5 stelle è percepito come una forza politica, non è un caso che non sia riuscito a scalfire l’astensione ma ha goduto di travasi di voti dagli altri partiti. Il 5 stelle, ha una sua ideologia, modesta e protestataria, ma l’adesione è politica non di semplice protesa. L’essere un “partito”, a prescindere da quello che dice e scrive Grillo, o da quanto affermato dal candidato presidente alla regione, pone al movimento un problema: far “rendere” politicamente questo consenso. Non mi è chiaro se ne saranno capaci, ma questa sarà la prova, pena il suo declino. Non possono essere voti in frigo.
Segnalo che il successo del movimento è in parte dovuto al tipo di campagna elettorale che Grillo ha condotto, tra la gente. Da una parte ci si è stufati della politica in televisione, dall’altra il populismo vuole il “corpo”.
3. La sinistra radicale (diciamo così) non riesce a mordere e a convincere. Questa è una tragedia. Ma il pensiero langue in una sorta di rinnovato politicismo.
4. L’Assemblea regionale è senza maggioranza. Il presidente eletto farebbe bene a convincere i rappresentati 5 Stelle a partecipare ad una maggioranza organica. Il che renderebbe forte e stabile la maggioranza, emarginerebbe i vecchi e impresentabili gruppi politici e farebbe rendere il successo di quel movimento. Si tratta del meno peggio in questa situazione, almeno gli elette del movimento sembrano persone per bene. Un primo approccio, se ho capito bene quello che ha intenzione di fare Crocetta, pare possa essere un governo di minoranza che cerca i voti (5 stelle) in Assemblea. Al fallimento di questa linea dovrebbe seguire il ritorno alle urne. Ma Crocetta su questa strada incontrerà un’opposizione interna nel suo partito. Qui si misurerà la sua capacità, non dovrebbe dimenticare di avere il coltello dal manico (dimissioni ed elezioni). Se riuscisse in questo intento e se facesse le cose che dice di voler fare, allora saremmo veramente ad una svolta storica. Attesa trepida.
La “rappresaglia” di Marchionne
Marchionne per riassumere, per ordine del tribunale, i 18 operari della Fiom licenziati per discriminazione, né ha messi in mobilità (si scrive così, ma si legge: licenziati) altrettanti. “non c’è posto per tutti” ha detto. Le dichiarazioni contro questo gesto arrogante e incivile dell’ad di Fiat, si contano a diecine, avevo deciso di riprodurli nelle citazioni, ma mi avrebbero occupate intere pagine. Anche i ministri Fornero e Passera si sono scandalizzati. Dopo questa alzata di scudi Marchionne giura di scommettere su Fabbrica Italia, illustra programmi che contraddicono quanto aveva detto qualche settimana fa, e pochi a … crederci. Marchionne sembra il miglior allievo di Berlusconi: una verità diversa ogni giorno.
Gli operai l’uno contro l’altro, questo vuole il finanziere Marchionne? Credo che questo sia un effetto collaterale, sono d’accordo con Furio Colombo (Il Fatto Quotidiana) che interpreta questa mossa come l’espressione della lotta di classe dei padroni contro gli operai. Paradossalmente si potrebbe dire “è andata bene”, per rappresaglia, nella migliore tradizione, potevano essere 180 i lavoratori messi in mobilità a fronte dei 18 reintegrati.
Ma al di là dello scandalo di alcuni ministri il Governo non fa niente, in omaggio alla libertà d’impresa. Quello che succede è nostra colpa collettiva, la nostra divisione sociale (non politica, quella ci sta sempre) indebolisce l’affermarsi dei nostri diritti. Sembra che non abbiamo più diritti, il governo li falcidia e dove non arriva il governo ci pensano i padroni. Riusciremo ad uscire da questo torpore?
Le capriole del governo dei tecnici
Per essere un governo composto da tecnici di “grande valore” mi pare che faccia troppe capovolte e marce in dietro. La giustificazione la trovano nell’iniziata campagna elettorale, ragione per cui i partiti si fanno più pressanti. Con questa parole, pare, il prof. Monti ha consolato il triste ministro Grilli per le modifiche all’ultimo provvedimento di stabilizzazione.
Ma mi sembra che qui si ciurli nel manico: un governo di tecnici dovrebbe sapere in che mare nuota, dovrebbe prevedere le reazioni alle sue scelte, dovrebbe predisporre strumenti per fronteggiarle. Scopre ora il governo che è cominciata la campagna elettorale? E poi il “governo dei tecnici” non era chiamato a “salvare” l’Italia contro tutti? In realtà il governo deve fare marcia indietro sia perché ha commesso dei veri e propri errori, sia perché i soliti bastonati non ne possono più. Ma è vero che alcune scelte, o meglio alcune modifiche di scelte precedenti sono di “convenienza politica”. Ci sono ministri che pensano di impegnarsi politicamente in futuro, mentre altri, il prof. Monti, scarta questa ipotesi ma fa scelte, appunto, di convenienza (a rendere in futuro).
Tra le maggiori capovolte si segnalano:
- avere prima cancellato e ripristina ora la possibilità di costruzione del ponte sullo stretto di Messina. L’impegno è prorogato per due anni (convenienza);
- cancellazione delle provincie. Dei tecnici avveduti dovevano sapere che o si cancellavano tutte o le cancellate avrebbero fatto il diavolo a quattro. Si è scelta la cancellazione parziale, ma ora dalle 35 provincie che dovevano rimanere si è passati a 64 (prima improvvidi e poi scelte di convenienza);
- sono state cancellate le previste 6 ore in più per i professori (riconoscimento di errore);
- cancellazione della riduzione dell’1% dell’aliquota Irpef per i primi due scaglioni e cancellazione dell’aumento dell’Iva, minima, dell’1% (scoperti con le mani nella marmellata: l’imbroglio non è riuscito, si è provveduto a spiegare che si bastonavano sempre gli stessi);
- cancellazione del contributo di solidarietà (3%) dei redditi superiori a 150.000 € (il governo solidarizza con la classe abbiente);
- cancellazione della retroattività della riduzione delle detrazioni del reddito (ripristinati i principi di diritto fiscale).
Il ministro Fornero, (ri)piange, ma insieme al ministro Balduzzi non sono riusciti a convincere Monti e Grilli a mettere a disposizione i pochi milioni necessari per l’assistenza ai malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla). Manifestazione di cinismo se fosse vero, non sono in grado di controllare, che il governo ha ridotto le imposte ai gestori di “gioghi”, in modo che questi possano far fede agli impegni contratti con banche (queste ultime ci entrano sempre).
Rosy Bindi; riconciliazione
Qualche Diario fa avevo dichiarato di togliere il mio consenso, che era molto alto, a Rosy Bindi. Non che fosse importante, il mio consenso al il peso di una piuma. L’on Bindi aveva preso, infatti, sia come presidente del PD che come parlamentare della posizioni che non solo non condividevo ma, soprattutto, contraddicevano quella che a me sembra la sua posizione politica, circa la divisione di ruoli tra chiesa e stato.
L’altra sera ho ascoltato la Bindi a 8e1/2, mi sono riconciliato. Tra le sbiadite e pavide personalità politiche la Bindi si staglia in altezza e spessore. Senza iattanza, senza grida, senza imbrogli, ma con parole di verità politica e di dignità personale. Grazie.
Citazioni: nel bene e nel male
Mario Draghi, La Repubblica, 29 ottobre 2012: “Se vogliamo restaurare la fiducia nell’eurozona, abbiamo bisogno di introdurre regole. Ma questo è soltanto il primo passo. Dobbiamo anche fare in modo di garantire con certezza che queste regole verranno poi rispettate.” (Si potrebbe dire torna la “politica”, in realtà la posizione di Draghi, che appoggia la proposta tedesca di individuare dentro la Commissione europea un “supercommissario” con il potere di entrare nei bilanci dei singoli stati con potere di veto, prospetta una politica sempre più autoritaria. Ci affanniamo e ci preoccupiamo per le nostre elezioni ma esse sarebbero inutili se passasse questa proposta. Altra cosa, che si potrebbe discutere, sarebbe la democratizzazione della UE con la formazione non di una Commissione, ma di un governo europeo. Ma chi lo vuole?)
Chiara Saraceno, Il Manifesto, 1 novembre 2012: “Siamo uno dei pochi paesi al mondo a non avere un reddito minimo. In Brasile, un paese certamente più complesso del nostro, il reddito viene erogato a 63 milioni di persone, cioè all’intera popolazione italiana. Non vedo perché non lo si possa applicare anche in Italia, con le cautele del caso.”
Silvio Berlusconi non è una vittima innocente, come dovrebbe essere il capro espiatore (il caprone biblico), ma anche se non innocente in questa fase storica svolge questa funzione per purificare dagli errori (peccati) le forze politiche.
La sinistra, con il sacrificio di Berlusconi, ha pensato di lavarsi dalla colpa di aver dilapidato un grande patrimonio di idee, di valori e di consenso popolare. Ma non è così, continua a pagare le colpe di non aver colto la domanda di cambiamento e di essersi accodata al pensiero unico liberista a partire dalle “lenzuolate” di liberalizzazioni, non gravi nel loro contenuto (modesto) ma simboliche di una linea politica.
La destra, con il sacrificio di Berlusconi, che tutti rimpiangono ma nessuno realmente ne vuole il ritorno, hanno pensato di lavarsi dalla colpa di aver assecondato la bulimia berlusconiana di leggi ad personam (e altro) e di aver assunto uno stile di vita politica che ha alla sua base la corruzione economica, morale, politica e di pensiero (in più i singoli non avendo le risorse del capo hanno pensato di dilapidare le risorse pubbliche). Ma soprattutto di aver buttato alle ortiche un consenso e una speranza (mal posta) di popolo, affascinato dal modello di vita del capo, consenso che aveva permesso al PDL di riempire Camera e Senato, consigli regionali e comunali di gentaglia.
Il centro, con la caduta di Berlusconi, pensava di essersi lavata dalla colpa di aver partecipato all’orgia di potere berlusconiano e di potere, finalmente, (ri)costruire il centro (DC).
Monti, l’ultimo arrivato, oltre ad aver ottenuto il potere, ha pensato che il caprone sacrificato l’avrebbe lavato dalla colpa di non aver realizzato né equità né sviluppo.
Niente di tutto questo, tutti gli schieramenti, o comunque si vogliano chiamare, si combattono, si accordano, si azzannano, si blandiscono, si fanno concorrenza in un’arena politica ai margini della società, in un deserto arido (da film “ritorno al passato primordiale), nel disinteresse dei più.
Si ha l’impressione che altri capri espiatori dovranno essere sacrificati.
Da “Salva Italia” a “Pericolo Italia”
Il progetto (Napolitano-Monti) “Salva Italia”, si sta trasformano nel suo contrario, che potremmo chiamare “Pericolo Italia”. Non mi riferisco solo alla recessione (ieri la Merkel ha ammonito: nessun allentamento del rigore, la crisi durerà ancora cinque anni), che pesa pesantemente sul ceto medio e sulle famiglie a reddito più basso (altri ingrassano), ma alla crisi politica che ha investito il paese. Riflettiamo: la crisi extra-parlamentare e la soluzione extra-partiti, ha alimentato il discredito per le forze politiche. Una sorta di dichiarazione di inettitudine. La crisi non si riconosce nelle accuse alla “casta” di Grillo (chi ricorda i “forchettoni” che apparivano nei manifesti del PCI contro la DC), ma nella carenza di proposta politica, certo colpa dei partiti stessi, ma anche di chi a questi ha tolto ogni possibilità di incidere (e quando lo fanno per lo più si tratta di meschinità).
Oggi c’è un vero “Pericolo Italia”: intreccio tra il populismo, senza programma e prospettiva, con l’antipolitica di chi si tira fuori. L’antipolitica non sta nel “movimento 5 stelle”, ma nei milioni di elettori che diserteranno le urna. La vera antipolitica sta nel rifiuto della politica. Oserei dire, non degli attuali meccanismi, ma in generale dei meccanismi politici; il rifiuto ad essere partecipi della formazione di una decisione collettiva, preferendo la soluzione individuale (onesta, familista, mafiosa, speranzosa, ecc.). Né consola che la tendenza generale in tutte le democrazie è la riduzione della partecipazione al voto. Sembra grave, molto grave, ed alimenta il degrado della politica. Rimedi la Politica, ci sarà molto da lavorare e a lungo, il piccolo cabotaggio politico è inutile. Se si continua ad accarezzare l’idea che basterà cambiare la legge elettorale perché in massa gli astenuti torneranno alle urna, si fa un grave errore di incomprensione.
Mi pare di capire che quanti hanno proposto “Salva Italia” non si rendano conto del pericolo, ma, al contrario, pensano e sperano in una nuova stagione di annientamento dei partiti. A vincere non saranno loro e a perdere l’Italia (tutta).
Cosa ci insegnerebbe la Sicilia
Le elezioni regionali siciliane, mi pare, sono dense di insegnamenti. Schematizzo:
1. La grande dimensione dell’astensione, fa scandalo e ci si arzigogola molto sopra: si spiega, si interpreta, si analizza, si giustifica, Al netto dell’astensione della mafia, su cui molto giurano, essa rappresenta corposamente e vistosamente l’antipolitica, cioè il rifiuto dei meccanismi della politica. Una tendenza non solo siciliana ma nazionale se fosse vero, ciò che emerge dai sondaggi, che astenuti e bianche si avvicinano paurosamente al 50%.
2. Il movimento 5 stelle, non è l’anti-politica, ma una forza politica (non si commetta l’errore che si è fatta con la nascita della Lega). Non solo, di là del successo siciliano (difficile da ripetere a livello nazionale), il movimento 5 stelle è percepito come una forza politica, non è un caso che non sia riuscito a scalfire l’astensione ma ha goduto di travasi di voti dagli altri partiti. Il 5 stelle, ha una sua ideologia, modesta e protestataria, ma l’adesione è politica non di semplice protesa. L’essere un “partito”, a prescindere da quello che dice e scrive Grillo, o da quanto affermato dal candidato presidente alla regione, pone al movimento un problema: far “rendere” politicamente questo consenso. Non mi è chiaro se ne saranno capaci, ma questa sarà la prova, pena il suo declino. Non possono essere voti in frigo.
Segnalo che il successo del movimento è in parte dovuto al tipo di campagna elettorale che Grillo ha condotto, tra la gente. Da una parte ci si è stufati della politica in televisione, dall’altra il populismo vuole il “corpo”.
3. La sinistra radicale (diciamo così) non riesce a mordere e a convincere. Questa è una tragedia. Ma il pensiero langue in una sorta di rinnovato politicismo.
4. L’Assemblea regionale è senza maggioranza. Il presidente eletto farebbe bene a convincere i rappresentati 5 Stelle a partecipare ad una maggioranza organica. Il che renderebbe forte e stabile la maggioranza, emarginerebbe i vecchi e impresentabili gruppi politici e farebbe rendere il successo di quel movimento. Si tratta del meno peggio in questa situazione, almeno gli elette del movimento sembrano persone per bene. Un primo approccio, se ho capito bene quello che ha intenzione di fare Crocetta, pare possa essere un governo di minoranza che cerca i voti (5 stelle) in Assemblea. Al fallimento di questa linea dovrebbe seguire il ritorno alle urne. Ma Crocetta su questa strada incontrerà un’opposizione interna nel suo partito. Qui si misurerà la sua capacità, non dovrebbe dimenticare di avere il coltello dal manico (dimissioni ed elezioni). Se riuscisse in questo intento e se facesse le cose che dice di voler fare, allora saremmo veramente ad una svolta storica. Attesa trepida.
La “rappresaglia” di Marchionne
Marchionne per riassumere, per ordine del tribunale, i 18 operari della Fiom licenziati per discriminazione, né ha messi in mobilità (si scrive così, ma si legge: licenziati) altrettanti. “non c’è posto per tutti” ha detto. Le dichiarazioni contro questo gesto arrogante e incivile dell’ad di Fiat, si contano a diecine, avevo deciso di riprodurli nelle citazioni, ma mi avrebbero occupate intere pagine. Anche i ministri Fornero e Passera si sono scandalizzati. Dopo questa alzata di scudi Marchionne giura di scommettere su Fabbrica Italia, illustra programmi che contraddicono quanto aveva detto qualche settimana fa, e pochi a … crederci. Marchionne sembra il miglior allievo di Berlusconi: una verità diversa ogni giorno.
Gli operai l’uno contro l’altro, questo vuole il finanziere Marchionne? Credo che questo sia un effetto collaterale, sono d’accordo con Furio Colombo (Il Fatto Quotidiana) che interpreta questa mossa come l’espressione della lotta di classe dei padroni contro gli operai. Paradossalmente si potrebbe dire “è andata bene”, per rappresaglia, nella migliore tradizione, potevano essere 180 i lavoratori messi in mobilità a fronte dei 18 reintegrati.
Ma al di là dello scandalo di alcuni ministri il Governo non fa niente, in omaggio alla libertà d’impresa. Quello che succede è nostra colpa collettiva, la nostra divisione sociale (non politica, quella ci sta sempre) indebolisce l’affermarsi dei nostri diritti. Sembra che non abbiamo più diritti, il governo li falcidia e dove non arriva il governo ci pensano i padroni. Riusciremo ad uscire da questo torpore?
Le capriole del governo dei tecnici
Per essere un governo composto da tecnici di “grande valore” mi pare che faccia troppe capovolte e marce in dietro. La giustificazione la trovano nell’iniziata campagna elettorale, ragione per cui i partiti si fanno più pressanti. Con questa parole, pare, il prof. Monti ha consolato il triste ministro Grilli per le modifiche all’ultimo provvedimento di stabilizzazione.
Ma mi sembra che qui si ciurli nel manico: un governo di tecnici dovrebbe sapere in che mare nuota, dovrebbe prevedere le reazioni alle sue scelte, dovrebbe predisporre strumenti per fronteggiarle. Scopre ora il governo che è cominciata la campagna elettorale? E poi il “governo dei tecnici” non era chiamato a “salvare” l’Italia contro tutti? In realtà il governo deve fare marcia indietro sia perché ha commesso dei veri e propri errori, sia perché i soliti bastonati non ne possono più. Ma è vero che alcune scelte, o meglio alcune modifiche di scelte precedenti sono di “convenienza politica”. Ci sono ministri che pensano di impegnarsi politicamente in futuro, mentre altri, il prof. Monti, scarta questa ipotesi ma fa scelte, appunto, di convenienza (a rendere in futuro).
Tra le maggiori capovolte si segnalano:
- avere prima cancellato e ripristina ora la possibilità di costruzione del ponte sullo stretto di Messina. L’impegno è prorogato per due anni (convenienza);
- cancellazione delle provincie. Dei tecnici avveduti dovevano sapere che o si cancellavano tutte o le cancellate avrebbero fatto il diavolo a quattro. Si è scelta la cancellazione parziale, ma ora dalle 35 provincie che dovevano rimanere si è passati a 64 (prima improvvidi e poi scelte di convenienza);
- sono state cancellate le previste 6 ore in più per i professori (riconoscimento di errore);
- cancellazione della riduzione dell’1% dell’aliquota Irpef per i primi due scaglioni e cancellazione dell’aumento dell’Iva, minima, dell’1% (scoperti con le mani nella marmellata: l’imbroglio non è riuscito, si è provveduto a spiegare che si bastonavano sempre gli stessi);
- cancellazione del contributo di solidarietà (3%) dei redditi superiori a 150.000 € (il governo solidarizza con la classe abbiente);
- cancellazione della retroattività della riduzione delle detrazioni del reddito (ripristinati i principi di diritto fiscale).
Il ministro Fornero, (ri)piange, ma insieme al ministro Balduzzi non sono riusciti a convincere Monti e Grilli a mettere a disposizione i pochi milioni necessari per l’assistenza ai malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla). Manifestazione di cinismo se fosse vero, non sono in grado di controllare, che il governo ha ridotto le imposte ai gestori di “gioghi”, in modo che questi possano far fede agli impegni contratti con banche (queste ultime ci entrano sempre).
Rosy Bindi; riconciliazione
Qualche Diario fa avevo dichiarato di togliere il mio consenso, che era molto alto, a Rosy Bindi. Non che fosse importante, il mio consenso al il peso di una piuma. L’on Bindi aveva preso, infatti, sia come presidente del PD che come parlamentare della posizioni che non solo non condividevo ma, soprattutto, contraddicevano quella che a me sembra la sua posizione politica, circa la divisione di ruoli tra chiesa e stato.
L’altra sera ho ascoltato la Bindi a 8e1/2, mi sono riconciliato. Tra le sbiadite e pavide personalità politiche la Bindi si staglia in altezza e spessore. Senza iattanza, senza grida, senza imbrogli, ma con parole di verità politica e di dignità personale. Grazie.
Citazioni: nel bene e nel male
Mario Draghi, La Repubblica, 29 ottobre 2012: “Se vogliamo restaurare la fiducia nell’eurozona, abbiamo bisogno di introdurre regole. Ma questo è soltanto il primo passo. Dobbiamo anche fare in modo di garantire con certezza che queste regole verranno poi rispettate.” (Si potrebbe dire torna la “politica”, in realtà la posizione di Draghi, che appoggia la proposta tedesca di individuare dentro la Commissione europea un “supercommissario” con il potere di entrare nei bilanci dei singoli stati con potere di veto, prospetta una politica sempre più autoritaria. Ci affanniamo e ci preoccupiamo per le nostre elezioni ma esse sarebbero inutili se passasse questa proposta. Altra cosa, che si potrebbe discutere, sarebbe la democratizzazione della UE con la formazione non di una Commissione, ma di un governo europeo. Ma chi lo vuole?)
Chiara Saraceno, Il Manifesto, 1 novembre 2012: “Siamo uno dei pochi paesi al mondo a non avere un reddito minimo. In Brasile, un paese certamente più complesso del nostro, il reddito viene erogato a 63 milioni di persone, cioè all’intera popolazione italiana. Non vedo perché non lo si possa applicare anche in Italia, con le cautele del caso.”
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