In galera!
Se devo scegliere tra l’essere considerato giustizialista o garantista, non ho dubbi.
Arnaldo 'Bibo' Cecchini |
In queste note cerco sempre di parlare di fatti o almeno a partire dai fatti; non tutti lo fanno: ad esempio se un partito ha preso poco più del 40% dei voti della sua coalizione (anche se ne è il partito maggiore) non si può dire che rappresenti la maggioranza di quella coalizione (anche se ne costituisce la più cospicua minoranza). Comunque sia, andiamo avanti e veniamo al tema.
Il termine giustizialista viene usato per definire “l’atteggiamento di chi, per convinzione personale o come interprete della pubblica opinione, proclama la necessità che venga fatta severa giustizia (magari rapida e sommaria) a carico di chi si è reso colpevole di determinati reati, spec. quelli di natura politica, di criminalità organizzata, di amministrazione pubblica disonesta, in opposizione ai cosiddetti garantisti”.
Se devo scegliere tra l’essere considerato giustizialista o garantista, non ho dubbi: sono garantista; garantista sempre e per chiunque: per gli orrendi pennivendoli che dirigono orrendi fogli, per i ladruncoli rom, per Lele Mora e persino per gli accusati di collusione con la mafia.
Non ho mai amato il Presidente Berlusconi, ma sono garantista persino nei suoi confronti.
Tuttavia …
Tuttavia un conto sono le responsabilità civili o penali, un conto è l’opportunità politica, anche regolamentata.
Renzi non mi è simpatico, ma la sua battuta sull’uso di Pericle per “giustificare” Fiorito non è male.
Come ho già scritto sono a favore della (sobria) remunerazione delle cariche pubbliche (e qui il riferimento a Pericle è pertinente), sono contrario al finanziamento ai partiti, ma favorevole al sostegno all’attività politica e sono a favore di qualche ragionevole “paletto” sulla candidabilità di imputati e condannati.
Qualche paletto; paletti ragionevoli.
Perché mi esprimo con prudenza? Perché non credo che a un pregiudicato che abbia scontato la sua condanna debba essere preclusa la possibilità di accedere alle cariche pubbliche. Perché non credo che agli imputati non ancora condannati - neppure in primo grado - debba essere preclusa la possibilità di accedere alle cariche pubbliche.
I codici etici e le regole delle singole forze politiche possono stabilire criteri diversi (e io preferisco quei partiti e movimenti che lo fanno, senza eccessi o strepiti), ma io credo che la ineleggibilità per legge potrebbe riguardare i condannati per reati gravi dal primo grado in poi, ma escludere chi ha scontato la pena (credo che sia etico).
So che questa posizione non è perfettamente “garantista”, ma penso che a chi si candida si debba “chiedere di più”.
Siccome non posso essere sicuro che la magistratura sia sempre imparziale questa scelta un po’ mi pesa. Ma credo che l’abuso perpetrato per decenni richieda una stretta.
Non consentire a chi ha una condanna non definitiva di candidarsi è forse una limitazione eccessiva, ma non credo sia intollerabile.
Dicevo in un’altra opinione che a me l’immunità parlamentare non dispiace in assoluto (serviva a lasciar fuori dalla galera i deputati socialisti che appoggiavano un picchetto o l’occupazione delle terre), ma se escludiamo dai reati escludenti quelli anche indirettamente “politici” e se per quelli si prevede una votazione del Parlamento, può andare. Insomma non sono giustizialista.
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