Questa fu la settimana che fu (16)
Diario, 24-30 dicembre: l’Agenda, finalmente; Monti politico, uno tra gli altri; Antonio Ingroia; Bersani-Vendola; Citazioni.
L’Agenda, finalmente!
Per mesi il mondo politico si è baloccato, diviso e schierato tra chi era favorevole all’Agenda Monti e chi era contrario, chi la prendeva senza se e senza ma e chi avrebbe voluto correggerla, ma questa “agenda” restava individuata soltanto con dei termini generali (“rigore”, “austerità”, “serietà”, ecc.) ma dei suoi concreti contenuti nulla si sapeva. Per traslazione dall’azione del governo tecnico si presupponeva una sorta di continuità: dopo l’austerità e il rigore lo “sviluppo”. Ma tutto era vago. Adesso Monti ha pubblicato la dichiaratamente sua “agenda”: Cambiare l’Italia, riformare l’Europa (ambizione sfrenata).
Un “agenda di governo”, perché di questo si tratta, uno se l’immagina come composta da obiettivi specificati, da mezzi per raggiungere quegli obiettivi, dalla spiegazione del perché quegli obiettivi e a favore di chi quegli obiettivi. Con ansia e, conoscendo l’ideologia del prof Monti, con preoccupazione, mi sono avventurato nella lettura di questo documento. La delusione è totale.
Per capire la mia impressione niente di meglio che un paragone: somiglia molto alla lettera al Bambino Gesù che i bambini cattolici inviano al loro salvatore: buoni propositi per l’anno nuovo. Buoni propositi, promesse, vaghissimi impegni.
Non un documento “tecnico”, come ci si poteva aspettare data la supponenza tecnica del proponente, ma una serie di vaghi impegni, di vaghe promesse. Nessuna relazione tra obiettivi e mezzi per realizzarli, nessun riferimento all’azione di un anno di governo tecnico, da qui palesi contraddizioni tra quello che si è fatto e quello che si promette di fare. Un documento carico di ambiguità per poter essere assunto, proprio da chi volesse, come un’opportunità. Tanto per intenderci, un documento doroteo, non la nota aggiuntiva di Ugo La Malfa.
Attenzione non sto dicendo che non si tratti di un documento pericoloso, al contrario, tanto più pericoloso quanto più nasconde o non fa trasparire adeguatamente i propri obiettivi.
Che senso ha scrivere almeno due cartelle sull’importanza della scuola, dell’università, della ricerca quando il governo non ha saputo trovare 400 milioni per l’università e ora circa il 50% degli Atenei rischia di “fallire”?
Meno Stato che vuol dire? Meno stato in economia o meno controllo statuale sulle scelte individuali, fa una certa differenza; meno stato nei servizi collettivi o meno burocrazia inutile, fa una certa differenza. L’idea, certo non geniale e senza nessun apporto creativo della “tecnica” che bisogna vendere il patrimonio pubblico per ridurre il debito non corrisponde più neanche alle abitudini delle famiglie, che usano più sofisticati mezzi (finanziari) per i loro debiti. E dopo che abbiamo venduto (a chi?) che facciamo?
L’alternativa tra un welfare state così come è, quindi sottoposto a continui tagli, o rendere il sistema più razionale e aperto all’innovazione, sembra ovvia la scelta per la seconda opzione, ma cosa significa “razionale e aperto all’innovazione”? Mistero.
L’aspetto universalistico della sicurezza sociale, della scuola, della salute agli occhi di Monti pare assurda, perché fornire servizi gratuiti o quasi a chi può pagare? Che buon senso. Gli sfugge completamente il contenuto democratico dell’universalismo. Così come il rilancio della pensione integrativa si muove nella stessa direzione: se devo pagarmi una pensione integrativa perché non pagare più tasse e avere garantita una pensione dignitosa dallo Stato? Certo a noi sfugge l’interesse delle banche e delle assicurazioni, ma questo interesse che cosa ha a che fare con il mio personale interesse?
È strano in 25 cartelle le banche non vengono mai nominate, l’idea di una riforma del sistema bancario non turba il prof Monti, a noi sembra essenziale.
Su un punto, data la rigidità del proponente, ci si sarebbe aspettato una maggiore precisione: come ridurre il debito sovrano. Ogni anno si pagano 75 miliardi di interesse e si dovrà cominciare a ridurre il debito di 50 miliardi l’anno per portarlo entro il 60% del PIL. Ogni anno un esborso di 125 miliardi, dove prenderli? A parte un generico riferimento alla valorizzazione/dismissione del patrimonio pubblico non si dice altro. Professore siamo insoddisfatti e preoccupati.
Il capo di governo che ha fatto la politica fiscale nota, non può scrivere che bisogna ridurre il prelievo fiscale complessivo, prioritariamente quello gravante sul lavoro e impresa “trasferendone il carico su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio”, perché si tratta della stessa persona che ha aumentato l’IVA, che impatta, e che sulla patrimoniale ha spiegato che non si poteva perché non si conoscevano i patrimoni.
L’agenda di Monti si apre sull’Europa, e su questo aspetto voglio chiudere queste brevi notazioni. I miei amici sanno che io sono convinto che l’obiettivo di Monti sia l’Europa, quella vuole riformare. La citazione delle elezioni europee del 2014 con un parlamento europeo con un “mandato costituzionale” mi sembra un’indicazione chiara.
In conclusione l’agenda Monti, è insieme deludente e pericolosa. Pericolosa perché si espone a delineare la società che vuole costruire: liberista, con minor Stato, con diritti di cittadinanza limitati, con una riforma del lavoro che punta alla flessibilità, ecc. Pericolosa perché può attrarre; pericolosa perché sembra una ricetta assolutamente inadeguata ad affrontare il cambiamento del capitalismo; pericolosa perché oltre le parole l’economia sociale di mercato (oggetto misterioso) non trova né strumenti, né soggetti.
Monti politico, uno tra gli altri
Come ho scritto diverse volte avrei preferito un presidente del consiglio che completata la sua missione (e prescindiamo dal giudizio sui risultati) ritornasse alla sua Bocconi; un Cincinnato moderno, un tratto di stile invidiabile.
Non è stato così, ambizioni, convincimento di essere stato chiamato ad una grande opera, o per qualsiasi altra motivazione il prof. Monti ha deciso di “salire” (come gli piace dire) in politica. Qui voglio esprimere, per quello che vale, un apprezzamento per il modo come questa scelta è stata fatta. Egli, infatti, poteva restare “in panchina”, disponibile, una riserva per la salvezza dell’Italia, in attesa di una nuova chiamata.
Non ha scelto questa strada carica di presunzione e di autostima, ma ha scelto una strada impervia, quello del “capo corrente”, ha scelto di essere un politico come gli altri, occuparsi di simboli, di liste, di accordi, ecc. Apprezzo questa scelta, anche se non è condizionata da un sussulto di modestia, ma piuttosto da un tratto di superbia (io so come si fa; io mostro la riforma dei partiti; io sono guida ideale e operativa). Una scelta piena di delusioni per il professore.
Il suo schieramento, ha affermato, ha una ispirazione “maggioritario”, che tradotto significa che pensa o almeno spera di vincere le elezioni. Qui la prima delusione, come si stanno mettendo le cose il centro sinistra non è escluso che riesca a conquistare la maggioranza anche al Senato.
Egli pensa comunque ad un grande successo, accarezza una cifra vicino al 30%, altra delusione. Anche se pensa di essere un potente traino non credo che possa triplicare la base di partenza dei movimenti e partiti che l’appoggiano.
La sua idea di sostituire lo schema, secondo lui obsoleto, destra-sinistra con quello conservatori-innovatori non funziona, anche perché le sue ricette hanno il sapore dei dolci della nonna. Non è casuale l’appoggio che viene cosi smodatamente dalla chiesa che sogna una nuova e diversa DC, di cui fidarsi (e non solo per l’Imu). Anche se non si sono riuniti a Santa Dorotea, lo spirito è quello: aspirazione al potere.
L’idea da trasmettere al “popolo” che il nuovo movimento (partito, confluenza, federazione, o come si vuole) sia una cosa nuova e diversa, fuori dagli schemi della vecchia politica, è naufragato alla prima riunione. Le scelte che si sono fatte (decise da Monti) si basano dalle opportunità offerte dalla legge elettorale (una lista al Senato, diverse liste alla Camera), dalla presenza in TV, ecc. Con la novità che Bondi controllerà che i candidati non abbiano conflitti d’interesse o altre macchie; ma al posto di Monti non mi farei idee sbagliate qualche compromesso dovrà pur farlo (Casini ha già detto che le liste del suo partito le fa lui). Ormai e in ballo e gli tocca ballare (con i lupi).
Insomma Monti è ormai uno di loro, come dire assimilato ad un Casini, a un Fini, Buttiglione, Veltroni, Cicchitto, … non inorridisca, è una sua scelta.
Perché non ci siano equivoci, al di là di quello che Monti desidera, la sua modalità di salita in politica non ha fatto altro che rafforzare i partiti “personalizzati”, cioè privi di un consenso elettorale e alla ricerca di questo con un nome di bandiera, un’esperienza che tanto male hanno fatto alla politica italiana.
Antonio Ingroia
Ingroia ha presentato il suo simbolo con INGROIA a caratteri cubitali. Altra avventura personalizzata e senza senso. Anche questo movimento, ovviamente, ha un’ispirazione maggioritaria. Una lista fondamentalmente di ex-parlamentari vogliosi di ritornare nelle vellutate camere. Tutti ubbidienti e coperti ai voleri di Ingroia nella speranza di raccogliere qualcosa. Un esperimento che si è già frantumato, all’interno le critiche non sono poche né di poco conto (si veda Livio Pepino, Il Manifesto 30 dicembre). Come diceva mia nonna la gatta frettolosa fa i gattini ciechi.
Bersani-Vendola
Bersani deve finirla di chiedere e di chiedersi “con chi sta Monti”, anche se ormai si tratta di una domanda retorica, Monti sta contro il centro-sinistra e la destra. Si tratta di un antagonista politico (elettorale) e come tale va trattato. È un antagonista non solo perché ha una ispirazione maggioritaria, quindi vuole tutto, ma perché la società che delinea con la sua agenda è repellente, non solo ma assolutamente inadeguata ad affrontare i grandi cambiamenti della società.
Il centro sinistra può vincere, deve vincere, ci sono tutte le condizioni, ma bisogna che Bersani e Vendola non solo indichino i provvedimenti urgenti che vorranno prendere ma anche la società che vogliono contribuire a costruire. Devono gridare forte che deve essere una società che garantisca lavoro e reddito a tutti, una società libera, dove esistono delle sfere individuali dove nessuno possa mettere becco, dove la scuola costituisca il fondamento per la formazione non solo professionale ma anche civile (quindi pubblica e laica), dove si punta sulla ricerca scientifica per l’avanzamento anche economico. Nessuno nella società sarà abbandonato, a nessuno sarà data colpa per non essere riuscito. Dove la donna è persona, né angelo del focolare né puttana.
Tutte cose che si dicono ma non con abbastanza forza. La scesa in politica di Monti, in un certo senso sposta i temi del dibattito, non si tratta solo di sapere a chi far pagare le tasse, ma che tipo di società si vuole costruire.
Ragazzi datevi una mossa.
Citazioni: nel bene e nel male
Pietro Ichino, L’Unità 24 dicembre 2012: “Sono disponibile a candidarmi per una lista Monti e a guidarla, in Lombardia, come nel resto d’Italia” (Bene, bravo Ichino, senza false modestie, disponibile a tutto con un soprassalto di autostima, forse, eccessivo. Ma se non ci fosse una lista Monti, ma più liste federate, dove sarebbe disponibile ad essere il capolista in Lombardia o nel resto d’Italia? Non ho dubbi, sarebbe quella più fine ed elegante: la lista Montezemolo.)
Ronny Mazzocchi, L’Unità 24 dicembre 2012: “Il Presidente del Consiglio (Monti) sembra ancorato alla vecchia idea che qualsiasi interferenza con il funzionamento dei mercati non possa che ridurre la crescita e quindi la dimensione della torta che si vorrebbe distribuire. In uno schema di questo tipo, la diseguaglianza rappresenta il prezzo che una societàè disposta a pagare per avere un’economia più dinamica. … Recenti indagini el Fondo Monetario Internazionale sembrano confermare questa intuizione, sottolineando come un’elevata diseguaglianza rappresenti una pericoloso minaccia alla sostenibilità della crescita nel lungo periodo.” (Detto questo cosa c’è in comune tra Monti e il centro-sinistra?)
Stefano Fassina, Pubblico, 27 dicembre 2012: “La sfida che stiamo giocando è far partire lo sviluppo senza comprimere i diritti.”
Alberto Alesina e Franco Giavazza, Corriere della Sera, 27 dicembre 2012: “Per diminuire in modo significativo la spesa pubblica e quindi consentire una flessione altrettanto rilevante della pressione fiscale, è necessario ridurre lo spazio che lo Stato occupa nella società, cioè spostare il confine tra attività svolte dallo stato e dai privati” (L’articolo continua spiegando che è assurdo tassare i ricchi e poi dare loro servizi gratuiti, o quasi, sanità, istruzione, ecc., meglio che si paghino questi servizi e lo Stato prelevi meno tasse. Quello che sconvolge è come l’ideologia ottenebri l’intelligenza. Come non capire che l’universalismo dei servizi è un grande e potente strumento di democratizzazione della società? Ma prescindiamo da questo, forse ai nostri economisti una società democratica non interessa, ma mi si dice che essi sono abituali frequentatori degli USA, ma da questa frequentazione non ricavano nessuna indicazione, non fanno nessuna riflessione. Lo scontro tra i Repubblicani e Obama circa la possibilità di tassare i più ricchi onde evitare la perdita di 4-5 punti di PIL nel prossimo anno non suggerisce loro un pensierino, non un pensiero critico (impossibile). Ma la guardano la realtà?)
Pier Luigi Bersani, L’Unità, 30 dicembre 2012: “Da laico adulto sono convinto che la Chiesa ha il diritto-dovere di esprimere i propri giudizi sulla società nella quale vive e testimonia la fede. Sinceramente sono rimasto colpito dell’esposizione di questi ultimi giorni delle gerarchie nella quotidianità della vicenda politica. In ogni caso non cambia nulla nell’identità del PD come partito di credenti e non credenti che si battono per un cambiamento nel segno della solidarietà e dell’equità sociale”.
Dacia Maraini, Corriere della Sera, 30 dicembre 2012: “In tutto il mondo la violenza contro le donne sta aumentando e prendendo quell’aria dimostrativa che è tipica delle azioni umane ideologizzate. Colpirne una per convincerne tante. Questa la tecnica profonda. E spesso i colpevoli rimangono impuniti perché coloro che stanno in alto, coloro che vogliono conservare un viso paterno e bonario del potere, fanno fare il lavoro sporco ai più deboli e insicuri, a quelli che facilmente si prendono carico delle paure collettive per trasformarsi in ladri dell’identità altrui, assassini per conto terzi”.
Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2012: “Fra tali agende la più seguita e commentata è certamente quella del dimissionario Presidente del Consiglio Mario Monti. Agenda non a caso esaltata da un imprecisato e confuso “centro”politico e benedetta dal Vaticano…. Questa agenda centrista di Mario Monti dà quasi l’impressione di essere impermeabile, quasi ad ulteriore compenso della benedizione ricevuta, a qualsiasi principio di laicità dello Stato, dimentica in un sol colpo dell’eredità del nostro Rinascimento, e del contributo all’Illuminismo, nonché degli attuali fermenti ed esigenze di un paese sempre più multietnico e multiculturale, ancorché non si voglia in Europa rinfocolare i presupposti religiosi della guerra dei trent’anni…. È forse allora finalmente tempo che chi ne ha l’autorità spieghi che lo Stato non è un’azienda, che la politica non è una branca dell’economia aziendale, che la meritocrazia, i cui criteri sono sempre più discutibili, porta all’oligarchia di élite, che promuovono gigantesche ineguaglianze e difettano per loro natura di cultura democratica. Non è quindi un caso che nell’agenda Monti il benessere dei cittadini e l’economia sociale di mercato, non siano previsti ed attuati provvedimenti a tutela dei fondamentali diritti (lavoro, istruzione e salute), nei quali si realizza la democrazia costituzionale."
Francesco Indovina |
Per mesi il mondo politico si è baloccato, diviso e schierato tra chi era favorevole all’Agenda Monti e chi era contrario, chi la prendeva senza se e senza ma e chi avrebbe voluto correggerla, ma questa “agenda” restava individuata soltanto con dei termini generali (“rigore”, “austerità”, “serietà”, ecc.) ma dei suoi concreti contenuti nulla si sapeva. Per traslazione dall’azione del governo tecnico si presupponeva una sorta di continuità: dopo l’austerità e il rigore lo “sviluppo”. Ma tutto era vago. Adesso Monti ha pubblicato la dichiaratamente sua “agenda”: Cambiare l’Italia, riformare l’Europa (ambizione sfrenata).
Un “agenda di governo”, perché di questo si tratta, uno se l’immagina come composta da obiettivi specificati, da mezzi per raggiungere quegli obiettivi, dalla spiegazione del perché quegli obiettivi e a favore di chi quegli obiettivi. Con ansia e, conoscendo l’ideologia del prof Monti, con preoccupazione, mi sono avventurato nella lettura di questo documento. La delusione è totale.
Per capire la mia impressione niente di meglio che un paragone: somiglia molto alla lettera al Bambino Gesù che i bambini cattolici inviano al loro salvatore: buoni propositi per l’anno nuovo. Buoni propositi, promesse, vaghissimi impegni.
Non un documento “tecnico”, come ci si poteva aspettare data la supponenza tecnica del proponente, ma una serie di vaghi impegni, di vaghe promesse. Nessuna relazione tra obiettivi e mezzi per realizzarli, nessun riferimento all’azione di un anno di governo tecnico, da qui palesi contraddizioni tra quello che si è fatto e quello che si promette di fare. Un documento carico di ambiguità per poter essere assunto, proprio da chi volesse, come un’opportunità. Tanto per intenderci, un documento doroteo, non la nota aggiuntiva di Ugo La Malfa.
Attenzione non sto dicendo che non si tratti di un documento pericoloso, al contrario, tanto più pericoloso quanto più nasconde o non fa trasparire adeguatamente i propri obiettivi.
Che senso ha scrivere almeno due cartelle sull’importanza della scuola, dell’università, della ricerca quando il governo non ha saputo trovare 400 milioni per l’università e ora circa il 50% degli Atenei rischia di “fallire”?
Meno Stato che vuol dire? Meno stato in economia o meno controllo statuale sulle scelte individuali, fa una certa differenza; meno stato nei servizi collettivi o meno burocrazia inutile, fa una certa differenza. L’idea, certo non geniale e senza nessun apporto creativo della “tecnica” che bisogna vendere il patrimonio pubblico per ridurre il debito non corrisponde più neanche alle abitudini delle famiglie, che usano più sofisticati mezzi (finanziari) per i loro debiti. E dopo che abbiamo venduto (a chi?) che facciamo?
L’alternativa tra un welfare state così come è, quindi sottoposto a continui tagli, o rendere il sistema più razionale e aperto all’innovazione, sembra ovvia la scelta per la seconda opzione, ma cosa significa “razionale e aperto all’innovazione”? Mistero.
L’aspetto universalistico della sicurezza sociale, della scuola, della salute agli occhi di Monti pare assurda, perché fornire servizi gratuiti o quasi a chi può pagare? Che buon senso. Gli sfugge completamente il contenuto democratico dell’universalismo. Così come il rilancio della pensione integrativa si muove nella stessa direzione: se devo pagarmi una pensione integrativa perché non pagare più tasse e avere garantita una pensione dignitosa dallo Stato? Certo a noi sfugge l’interesse delle banche e delle assicurazioni, ma questo interesse che cosa ha a che fare con il mio personale interesse?
È strano in 25 cartelle le banche non vengono mai nominate, l’idea di una riforma del sistema bancario non turba il prof Monti, a noi sembra essenziale.
Su un punto, data la rigidità del proponente, ci si sarebbe aspettato una maggiore precisione: come ridurre il debito sovrano. Ogni anno si pagano 75 miliardi di interesse e si dovrà cominciare a ridurre il debito di 50 miliardi l’anno per portarlo entro il 60% del PIL. Ogni anno un esborso di 125 miliardi, dove prenderli? A parte un generico riferimento alla valorizzazione/dismissione del patrimonio pubblico non si dice altro. Professore siamo insoddisfatti e preoccupati.
Il capo di governo che ha fatto la politica fiscale nota, non può scrivere che bisogna ridurre il prelievo fiscale complessivo, prioritariamente quello gravante sul lavoro e impresa “trasferendone il carico su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio”, perché si tratta della stessa persona che ha aumentato l’IVA, che impatta, e che sulla patrimoniale ha spiegato che non si poteva perché non si conoscevano i patrimoni.
L’agenda di Monti si apre sull’Europa, e su questo aspetto voglio chiudere queste brevi notazioni. I miei amici sanno che io sono convinto che l’obiettivo di Monti sia l’Europa, quella vuole riformare. La citazione delle elezioni europee del 2014 con un parlamento europeo con un “mandato costituzionale” mi sembra un’indicazione chiara.
In conclusione l’agenda Monti, è insieme deludente e pericolosa. Pericolosa perché si espone a delineare la società che vuole costruire: liberista, con minor Stato, con diritti di cittadinanza limitati, con una riforma del lavoro che punta alla flessibilità, ecc. Pericolosa perché può attrarre; pericolosa perché sembra una ricetta assolutamente inadeguata ad affrontare il cambiamento del capitalismo; pericolosa perché oltre le parole l’economia sociale di mercato (oggetto misterioso) non trova né strumenti, né soggetti.
Monti politico, uno tra gli altri
Come ho scritto diverse volte avrei preferito un presidente del consiglio che completata la sua missione (e prescindiamo dal giudizio sui risultati) ritornasse alla sua Bocconi; un Cincinnato moderno, un tratto di stile invidiabile.
Non è stato così, ambizioni, convincimento di essere stato chiamato ad una grande opera, o per qualsiasi altra motivazione il prof. Monti ha deciso di “salire” (come gli piace dire) in politica. Qui voglio esprimere, per quello che vale, un apprezzamento per il modo come questa scelta è stata fatta. Egli, infatti, poteva restare “in panchina”, disponibile, una riserva per la salvezza dell’Italia, in attesa di una nuova chiamata.
Non ha scelto questa strada carica di presunzione e di autostima, ma ha scelto una strada impervia, quello del “capo corrente”, ha scelto di essere un politico come gli altri, occuparsi di simboli, di liste, di accordi, ecc. Apprezzo questa scelta, anche se non è condizionata da un sussulto di modestia, ma piuttosto da un tratto di superbia (io so come si fa; io mostro la riforma dei partiti; io sono guida ideale e operativa). Una scelta piena di delusioni per il professore.
Il suo schieramento, ha affermato, ha una ispirazione “maggioritario”, che tradotto significa che pensa o almeno spera di vincere le elezioni. Qui la prima delusione, come si stanno mettendo le cose il centro sinistra non è escluso che riesca a conquistare la maggioranza anche al Senato.
Egli pensa comunque ad un grande successo, accarezza una cifra vicino al 30%, altra delusione. Anche se pensa di essere un potente traino non credo che possa triplicare la base di partenza dei movimenti e partiti che l’appoggiano.
La sua idea di sostituire lo schema, secondo lui obsoleto, destra-sinistra con quello conservatori-innovatori non funziona, anche perché le sue ricette hanno il sapore dei dolci della nonna. Non è casuale l’appoggio che viene cosi smodatamente dalla chiesa che sogna una nuova e diversa DC, di cui fidarsi (e non solo per l’Imu). Anche se non si sono riuniti a Santa Dorotea, lo spirito è quello: aspirazione al potere.
L’idea da trasmettere al “popolo” che il nuovo movimento (partito, confluenza, federazione, o come si vuole) sia una cosa nuova e diversa, fuori dagli schemi della vecchia politica, è naufragato alla prima riunione. Le scelte che si sono fatte (decise da Monti) si basano dalle opportunità offerte dalla legge elettorale (una lista al Senato, diverse liste alla Camera), dalla presenza in TV, ecc. Con la novità che Bondi controllerà che i candidati non abbiano conflitti d’interesse o altre macchie; ma al posto di Monti non mi farei idee sbagliate qualche compromesso dovrà pur farlo (Casini ha già detto che le liste del suo partito le fa lui). Ormai e in ballo e gli tocca ballare (con i lupi).
Insomma Monti è ormai uno di loro, come dire assimilato ad un Casini, a un Fini, Buttiglione, Veltroni, Cicchitto, … non inorridisca, è una sua scelta.
Perché non ci siano equivoci, al di là di quello che Monti desidera, la sua modalità di salita in politica non ha fatto altro che rafforzare i partiti “personalizzati”, cioè privi di un consenso elettorale e alla ricerca di questo con un nome di bandiera, un’esperienza che tanto male hanno fatto alla politica italiana.
Antonio Ingroia
Ingroia ha presentato il suo simbolo con INGROIA a caratteri cubitali. Altra avventura personalizzata e senza senso. Anche questo movimento, ovviamente, ha un’ispirazione maggioritaria. Una lista fondamentalmente di ex-parlamentari vogliosi di ritornare nelle vellutate camere. Tutti ubbidienti e coperti ai voleri di Ingroia nella speranza di raccogliere qualcosa. Un esperimento che si è già frantumato, all’interno le critiche non sono poche né di poco conto (si veda Livio Pepino, Il Manifesto 30 dicembre). Come diceva mia nonna la gatta frettolosa fa i gattini ciechi.
Bersani-Vendola
Bersani deve finirla di chiedere e di chiedersi “con chi sta Monti”, anche se ormai si tratta di una domanda retorica, Monti sta contro il centro-sinistra e la destra. Si tratta di un antagonista politico (elettorale) e come tale va trattato. È un antagonista non solo perché ha una ispirazione maggioritaria, quindi vuole tutto, ma perché la società che delinea con la sua agenda è repellente, non solo ma assolutamente inadeguata ad affrontare i grandi cambiamenti della società.
Il centro sinistra può vincere, deve vincere, ci sono tutte le condizioni, ma bisogna che Bersani e Vendola non solo indichino i provvedimenti urgenti che vorranno prendere ma anche la società che vogliono contribuire a costruire. Devono gridare forte che deve essere una società che garantisca lavoro e reddito a tutti, una società libera, dove esistono delle sfere individuali dove nessuno possa mettere becco, dove la scuola costituisca il fondamento per la formazione non solo professionale ma anche civile (quindi pubblica e laica), dove si punta sulla ricerca scientifica per l’avanzamento anche economico. Nessuno nella società sarà abbandonato, a nessuno sarà data colpa per non essere riuscito. Dove la donna è persona, né angelo del focolare né puttana.
Tutte cose che si dicono ma non con abbastanza forza. La scesa in politica di Monti, in un certo senso sposta i temi del dibattito, non si tratta solo di sapere a chi far pagare le tasse, ma che tipo di società si vuole costruire.
Ragazzi datevi una mossa.
Citazioni: nel bene e nel male
Pietro Ichino, L’Unità 24 dicembre 2012: “Sono disponibile a candidarmi per una lista Monti e a guidarla, in Lombardia, come nel resto d’Italia” (Bene, bravo Ichino, senza false modestie, disponibile a tutto con un soprassalto di autostima, forse, eccessivo. Ma se non ci fosse una lista Monti, ma più liste federate, dove sarebbe disponibile ad essere il capolista in Lombardia o nel resto d’Italia? Non ho dubbi, sarebbe quella più fine ed elegante: la lista Montezemolo.)
Ronny Mazzocchi, L’Unità 24 dicembre 2012: “Il Presidente del Consiglio (Monti) sembra ancorato alla vecchia idea che qualsiasi interferenza con il funzionamento dei mercati non possa che ridurre la crescita e quindi la dimensione della torta che si vorrebbe distribuire. In uno schema di questo tipo, la diseguaglianza rappresenta il prezzo che una societàè disposta a pagare per avere un’economia più dinamica. … Recenti indagini el Fondo Monetario Internazionale sembrano confermare questa intuizione, sottolineando come un’elevata diseguaglianza rappresenti una pericoloso minaccia alla sostenibilità della crescita nel lungo periodo.” (Detto questo cosa c’è in comune tra Monti e il centro-sinistra?)
Stefano Fassina, Pubblico, 27 dicembre 2012: “La sfida che stiamo giocando è far partire lo sviluppo senza comprimere i diritti.”
Alberto Alesina e Franco Giavazza, Corriere della Sera, 27 dicembre 2012: “Per diminuire in modo significativo la spesa pubblica e quindi consentire una flessione altrettanto rilevante della pressione fiscale, è necessario ridurre lo spazio che lo Stato occupa nella società, cioè spostare il confine tra attività svolte dallo stato e dai privati” (L’articolo continua spiegando che è assurdo tassare i ricchi e poi dare loro servizi gratuiti, o quasi, sanità, istruzione, ecc., meglio che si paghino questi servizi e lo Stato prelevi meno tasse. Quello che sconvolge è come l’ideologia ottenebri l’intelligenza. Come non capire che l’universalismo dei servizi è un grande e potente strumento di democratizzazione della società? Ma prescindiamo da questo, forse ai nostri economisti una società democratica non interessa, ma mi si dice che essi sono abituali frequentatori degli USA, ma da questa frequentazione non ricavano nessuna indicazione, non fanno nessuna riflessione. Lo scontro tra i Repubblicani e Obama circa la possibilità di tassare i più ricchi onde evitare la perdita di 4-5 punti di PIL nel prossimo anno non suggerisce loro un pensierino, non un pensiero critico (impossibile). Ma la guardano la realtà?)
Pier Luigi Bersani, L’Unità, 30 dicembre 2012: “Da laico adulto sono convinto che la Chiesa ha il diritto-dovere di esprimere i propri giudizi sulla società nella quale vive e testimonia la fede. Sinceramente sono rimasto colpito dell’esposizione di questi ultimi giorni delle gerarchie nella quotidianità della vicenda politica. In ogni caso non cambia nulla nell’identità del PD come partito di credenti e non credenti che si battono per un cambiamento nel segno della solidarietà e dell’equità sociale”.
Dacia Maraini, Corriere della Sera, 30 dicembre 2012: “In tutto il mondo la violenza contro le donne sta aumentando e prendendo quell’aria dimostrativa che è tipica delle azioni umane ideologizzate. Colpirne una per convincerne tante. Questa la tecnica profonda. E spesso i colpevoli rimangono impuniti perché coloro che stanno in alto, coloro che vogliono conservare un viso paterno e bonario del potere, fanno fare il lavoro sporco ai più deboli e insicuri, a quelli che facilmente si prendono carico delle paure collettive per trasformarsi in ladri dell’identità altrui, assassini per conto terzi”.
Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2012: “Fra tali agende la più seguita e commentata è certamente quella del dimissionario Presidente del Consiglio Mario Monti. Agenda non a caso esaltata da un imprecisato e confuso “centro”politico e benedetta dal Vaticano…. Questa agenda centrista di Mario Monti dà quasi l’impressione di essere impermeabile, quasi ad ulteriore compenso della benedizione ricevuta, a qualsiasi principio di laicità dello Stato, dimentica in un sol colpo dell’eredità del nostro Rinascimento, e del contributo all’Illuminismo, nonché degli attuali fermenti ed esigenze di un paese sempre più multietnico e multiculturale, ancorché non si voglia in Europa rinfocolare i presupposti religiosi della guerra dei trent’anni…. È forse allora finalmente tempo che chi ne ha l’autorità spieghi che lo Stato non è un’azienda, che la politica non è una branca dell’economia aziendale, che la meritocrazia, i cui criteri sono sempre più discutibili, porta all’oligarchia di élite, che promuovono gigantesche ineguaglianze e difettano per loro natura di cultura democratica. Non è quindi un caso che nell’agenda Monti il benessere dei cittadini e l’economia sociale di mercato, non siano previsti ed attuati provvedimenti a tutela dei fondamentali diritti (lavoro, istruzione e salute), nei quali si realizza la democrazia costituzionale."
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