Un'opera discutibile: pista ciclabile Valverde
Alla redazione:
Non entrerò nel merito di una sentenza che, come tale, va rispettata – il giudice decide in piena coscienza – anche se, quantomeno, discutibile nelle sue motivazioni sostanziali: le segnalazioni, quando anche insufficienti, presenti; le protezioni, assenti (evidentemente, non previste né obbligatorie, come sarebbe dovuto essere data la pericolosità del percorso furono, guarda caso, messe immediatamente dopo, così come lungo analoghe “piste”assai meno pericolose, in corso d'opera su Lungomare Dante e Lido). Come dire che la ragazza “se la sarebbe cercata” in qualche modo, dato che “non sarebbe emersa qualsiasi relazione di causa-effetto con l'opera in corso, mancando, appunto, una causa concorrente“evidenziabile” (malore, animali vaganti o altro).
Ora, dove finirà la giustizia umana ce ne sarà un'altra, ben più giusta ed indiscutibile. Resta, di fatto, in sostituzione di un già pericoloso cordolo (si ricorderà, all'inizio della strada) una specie di “pista marciapiede” che di “ciclabile” ha solo il nome (perciò le virgolette), opera che non ha eguali altrove. Che non ha tenuto minimo conto di più di 700 firme di protesta (precedenti il sinistro, e perciò non certo mosse da emotività). Che non consente, per dimensioni, il passaggio contemporaneo di pedoni e biciclette le quali ad ogni via laterale di uscita dai poderi sono costrette paradossalmente a ritornare più volte su quella stessa strada sulla quale non dovrebbero passare. Che si interrompe ad un terzo della strada stessa. Che ha finito per restringere ancor più una carreggiata già stretta. Che poteva, semplicemente, esser una linea gialla di delimitazione, con o senza barriera, che avrebbe evitato quel “marciapiede”, così alto quanto inutile, sul piano stradale, già pericoloso di per sé.
I ciclisti, ora costretti a percorrere, giocoforza, la strada invece che la “loro pista”, ringraziano. “Striscia la Notizia“ si attiverebbe per meno. Un'opera che vien meno, e addirittura contraddice, ad ogni scopo per il quale sarebbe stata concepita. Bene: ”mettiamoci una pietra sopra”. Anzi, mettiamoci, magari, quel lastrone di cemento di venti centimetri che non doveva esserci, su cui si è infranto il casco della vittima - prontamente sostituito, l'indomani, con una lastra di ferro di un centimetro, non più pericolosa -.
Chi scrive è un ciclista come tanti, che, adesso, come tanti non percorrerà più quella strada né, tantomeno, “quella pista”. Una cosa è certa: chi ha concepito e posto in essere quell'”opera” non ha mai percorso in vita sua, né a piedi né in bici, alcuna pista ciclabile degna di tal nome - ché, altrimenti, non avrebbe giammai concepito, né, approvato nè realizzato “per noi” vergogne simili.
Assolti dall'imputazione di omicidio colposo. Bene. Giustizia è (o, meglio, ”sarebbe”) fatta, e sia. Perché non esiste il reato di omicidio per superficialità, insipienza (tecnica o semplicemente tale), uso di denaro pubblico per opere così inutili come quella che nessun ciclista, neanche “della domenica” ora, ancor meno, vorrebbe.
Chi scrive è un ciclista come tanti, che, adesso, come tanti non percorrerà più quella strada né, tantomeno, “quella pista”. Una cosa è certa: chi ha concepito e posto in essere quell'”opera” non ha mai percorso in vita sua, né a piedi né in bici, alcuna pista ciclabile degna di tal nome - ché, altrimenti, non avrebbe giammai concepito, né, approvato nè realizzato “per noi” vergogne simili.
Assolti dall'imputazione di omicidio colposo. Bene. Giustizia è (o, meglio, ”sarebbe”) fatta, e sia. Perché non esiste il reato di omicidio per superficialità, insipienza (tecnica o semplicemente tale), uso di denaro pubblico per opere così inutili come quella che nessun ciclista, neanche “della domenica” ora, ancor meno, vorrebbe.
Sì, mettiamoci un'altra pietra sopra :la lapide di Debora. Che poteva essere la nostra, la mia, di figlia. E di coloro che, sì, “innocenti” si guarderanno bene, finalmente (sic!), dal mandare i propri, di figli, sulla loro “pista”. Che rimane. Monumento, maledetto, ad un'imbecillità che, purtroppo, anch'essa non costituisce reato. “Dio, perdona loro, ché non sanno quel che fanno...”. Non sapevano. Non pensavano... Già: non hanno, affatto, “pensato”.
Ma Dio perdonerà: Noi (maiuscolo non già per superbia, ma senso collettivo, o solo per distinzione da certi nostri simili) però, non siamo Dio.
Fausto Pennacchi, un cittadino
Ma Dio perdonerà: Noi (maiuscolo non già per superbia, ma senso collettivo, o solo per distinzione da certi nostri simili) però, non siamo Dio.
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