Azioni integrate contro i rifiuti
I rifiuti continuano a rappresentare l’emergenza continua della nostra città.
Le dimissioni di un assessore che, di fronte all’insostenibilità del problema, ha gettato la spugna, hanno innescato una discussione in città.
In vista del nuovo imminente capitolato d’appalto, si è avanzata l’idea di una municipalizzazione del servizio.
Può essere una proposta di cui va verificata la sostenibilità economica, ma la gestione pubblica non è di per sé garanzia di successo. La discussione va spostata sul modello di gestione del servizio.
Quello che occorre è, non solo un nuovo Capitolato, ma un piano di lavoro che abbia le idee chiare su cosa fare e che mobiliti tutti gli attori del ciclo dei rifiuti, a partire dal Comune, dal mondo produttivo e dalla grande distribuzione, per arrivare alla definizione di un percorso che porti alla riduzione dei rifiuti e all’aumento della differenziata ad almeno il 60 per cento.
Nel nuovo Capitolato l’azienda di servizi di igiene urbana dovrà essere assoggettata a criteri di efficienza, definendo indicatori oggettivi (es. numero e tempistica delle strade sottoposte a periodico spazzamento e lavaggio) e vincolando le quote di corresponsione all’effettivo raggiungimento degli obiettivi.
Al Comune spettano le scelte di fondo. A iniziare dalla scelta del sistema di raccolta. Non sono tutti uguali. Si sono dimostrate assai funzionali nelle città piccole e medie le raccolte differenziate domiciliari secco/umido e la tariffazione puntuale. La tariffa Tares grazie al principio “chi inquina paga”, induce a ridurre la produzione di rifiuti per contenere le spese e consente di quantificare in modo puntuale la quantità di rifiuti prodotta, facendo pagare con il nuovo sistema di tariffazione e non con la vecchia tassa.
Ma nessun sistema di raccolta è risolutivo se non è affiancato da un piano di azioni integrate, forti e sistematiche, capaci di modificare i comportamenti della comunità. Azioni, la cui regia si trova necessariamente in capo al Comune, a prescindere dalla municipalizzazione o meno del sistema di raccolta.
Il Comune può fare molto con azione diretta. A iniziare da precise ordinanze pesantemente penalizzanti per chi sporca, affiancate da azioni di coinvolgimento e responsabilizzazione diretta dei cittadini come i Comitati di Quartiere e le associazioni dei commercianti. Può vincolare i grandi produttori pubblici di rifiuti (ospedali, scuole, parchi, mense pubbliche, università) a raccogliere in modo differenziato i rifiuti riciclabili e mettere in atto azioni di riduzione.
Fondamentale è la responsabilizzazione della grande distribuzione commerciale per diffondere la vendita tramite dispenser dei prodotti sfusi, introdurre sistemi di vuoto a rendere e sostituire con altre forme di pubblicità i volantini cartacei che ingombrano ogni angolo di strada.
L’Italia è il primo paese europeo per consumo di acque in bottiglia. Alghero, grande produttore di rifiuti (oltre un chilo e mezzo a testa) non è da meno con 186 litri pro capite all’anno. Ma il comune, con il coinvolgimento di ristoranti e pizzerie può attivare campagne di promozione dell’uso dell’acqua di rubinetto, pubblicizzando i dati delle analisi e, laddove possibile, realizzando le cosiddette “Case dell’acqua”. Piccole postazioni , simili alle vecchie fontanelle pubbliche, dove i cittadini possono prelevare acqua ulteriormente filtrata e addirittura frizzante.
Infine la stessa amministrazione può dare un buon esempio di riduzione dei rifiuti adottando con apposita delibera la pratica del Green Public Procurement (appalti pubblici verdi), incentivata dalla Regione Sardegna, per l’inserimento di criteri ambientali nelle gare di appalto che promuovano la diffusione di prodotti ad imballaggio zero o a basso impatto ambientale (prodotti d’ufficio, mense scolastiche). Il packaging costituisce il 35 per cento dei rifiuti e può essere fortemente ridotto.
L’invasione dei rifiuti appare oggi inesorabile. Si può contrastare solo con un impegnativo cambio di passo, che preveda scelte coraggiose e la più ampia partecipazione della comunità.
Luciano Deriu, è segretario regionale di Legambiente Sardegna
Luciano Deriu |
In vista del nuovo imminente capitolato d’appalto, si è avanzata l’idea di una municipalizzazione del servizio.
Può essere una proposta di cui va verificata la sostenibilità economica, ma la gestione pubblica non è di per sé garanzia di successo. La discussione va spostata sul modello di gestione del servizio.
Quello che occorre è, non solo un nuovo Capitolato, ma un piano di lavoro che abbia le idee chiare su cosa fare e che mobiliti tutti gli attori del ciclo dei rifiuti, a partire dal Comune, dal mondo produttivo e dalla grande distribuzione, per arrivare alla definizione di un percorso che porti alla riduzione dei rifiuti e all’aumento della differenziata ad almeno il 60 per cento.
Nel nuovo Capitolato l’azienda di servizi di igiene urbana dovrà essere assoggettata a criteri di efficienza, definendo indicatori oggettivi (es. numero e tempistica delle strade sottoposte a periodico spazzamento e lavaggio) e vincolando le quote di corresponsione all’effettivo raggiungimento degli obiettivi.
Al Comune spettano le scelte di fondo. A iniziare dalla scelta del sistema di raccolta. Non sono tutti uguali. Si sono dimostrate assai funzionali nelle città piccole e medie le raccolte differenziate domiciliari secco/umido e la tariffazione puntuale. La tariffa Tares grazie al principio “chi inquina paga”, induce a ridurre la produzione di rifiuti per contenere le spese e consente di quantificare in modo puntuale la quantità di rifiuti prodotta, facendo pagare con il nuovo sistema di tariffazione e non con la vecchia tassa.
Ma nessun sistema di raccolta è risolutivo se non è affiancato da un piano di azioni integrate, forti e sistematiche, capaci di modificare i comportamenti della comunità. Azioni, la cui regia si trova necessariamente in capo al Comune, a prescindere dalla municipalizzazione o meno del sistema di raccolta.
Il Comune può fare molto con azione diretta. A iniziare da precise ordinanze pesantemente penalizzanti per chi sporca, affiancate da azioni di coinvolgimento e responsabilizzazione diretta dei cittadini come i Comitati di Quartiere e le associazioni dei commercianti. Può vincolare i grandi produttori pubblici di rifiuti (ospedali, scuole, parchi, mense pubbliche, università) a raccogliere in modo differenziato i rifiuti riciclabili e mettere in atto azioni di riduzione.
Fondamentale è la responsabilizzazione della grande distribuzione commerciale per diffondere la vendita tramite dispenser dei prodotti sfusi, introdurre sistemi di vuoto a rendere e sostituire con altre forme di pubblicità i volantini cartacei che ingombrano ogni angolo di strada.
L’Italia è il primo paese europeo per consumo di acque in bottiglia. Alghero, grande produttore di rifiuti (oltre un chilo e mezzo a testa) non è da meno con 186 litri pro capite all’anno. Ma il comune, con il coinvolgimento di ristoranti e pizzerie può attivare campagne di promozione dell’uso dell’acqua di rubinetto, pubblicizzando i dati delle analisi e, laddove possibile, realizzando le cosiddette “Case dell’acqua”. Piccole postazioni , simili alle vecchie fontanelle pubbliche, dove i cittadini possono prelevare acqua ulteriormente filtrata e addirittura frizzante.
Infine la stessa amministrazione può dare un buon esempio di riduzione dei rifiuti adottando con apposita delibera la pratica del Green Public Procurement (appalti pubblici verdi), incentivata dalla Regione Sardegna, per l’inserimento di criteri ambientali nelle gare di appalto che promuovano la diffusione di prodotti ad imballaggio zero o a basso impatto ambientale (prodotti d’ufficio, mense scolastiche). Il packaging costituisce il 35 per cento dei rifiuti e può essere fortemente ridotto.
L’invasione dei rifiuti appare oggi inesorabile. Si può contrastare solo con un impegnativo cambio di passo, che preveda scelte coraggiose e la più ampia partecipazione della comunità.
Luciano Deriu, è segretario regionale di Legambiente Sardegna
Articoli correlati:
Altri in
Recenti in
Recenti in
Commenti