I tre volti della Sardegna
Accanto al “partito” della trivella c’è quello del cemento. Cinquanta anni fa nasceva la Costa Smeralda.
Giuseppe Santino |
Nell’Italia dei tanti partiti non poteva mancare il “partito” delle trivellazioni, di coloro che vorrebbero ridurre il suolo e il fondo marino ad una sorta di gruviera alla ricerca dell’oro nero. Non è una novità. Ma sembra che questa volta il rischio sia più reale che temuto tanto che nascono comitati
“No Triv” nelle zone interessate agli interventi, da nord a sud, isole comprese. I governi italiani non hanno mai abbandonato l’idea di sfruttare al massimo le potenzialità energetiche del sottosuolo; così anche per il governo Monti la ripresa delle trivellazioni è uno dei punti fondamentali per avviare il rilancio dell’economia, ma non si tiene conto dell’impatto ambientale e del danno all’arte e alla cultura.
Sono state autorizzate 320 concessioni minerarie, anche nelle zone d’arte, come la Val di Noto, patrimonio dell’umanità, ed è stato portato da 12 a 5 miglia dalla costa la possibilità di costruire nuove piattaforme per la trivellazione del fondo marino.
Il disinteresse per le problematiche ambientali e per la difesa della cultura e dell’arte è così evidente che il prof. Settis, autorevole personalità del mondo della cultura, si è dimesso dal cda del FAI (Fondo ambiente italiano) per protesta contro la presidente Ilaria Borletti Buitoni, candidata con la lista Monti, proprio con quel governo che, a giudizio dello stesso prof. Settis, ha deluso tutte le aspettative. Le trivelle non vogliono risparmiare neanche la Sardegna.
Un’azienda del settore della ricerca di idrocarburi ha intenzione di presentare alla Regione la richiesta di autorizzazione a perforare nel comune di Arborea. Il cantiere sarebbe distante appena 180 metri dallo stagno di S’Ena Arrubia, sito di interesse comunitario e zona a protezione speciale, luogo di fenicotteri e di altre specie di volatili che vi trovano l’ambiente ideale per il riposo e la nidificazione.
Non va sottaciuta la ricaduta negativa in un tessuto economico come quello di Arborea che ancora oggi, in un periodo di crisi, risulta essere una realtà economica da proteggere e sviluppare. In Sardegna abbiamo esperienza della distruzione operata nel tessuto economico, ambientale e culturale da una industrializzazione scriteriata, frutto della imbecillità umana. Una per tutte Ottana. Purtroppo in Sardegna accanto al “partito” della trivella c’è quello del cemento. Cinquanta anni fa nasceva la Costa Smeralda .
Oggi il padrone non è più l’Aga Khan ma l’emiro del Qatar Al Thani che ha già pronto un master plan da 550 mila metri cubi su un’area di 2400 ettari, compreso uno dei paradisi ancora incontaminati come Razza di Juncu.
Subito il governatore Cappellacci e i sindaci di Arzachena e Olbia sono volati dall’emiro per un accordo di collaborazione. E’ chiaro che anche per Al Thani è importante verificare la disponibilità politica alla realizzazione del progetto, considerato l’enorme investimento, anche se l’emiro è abituato a simili operazioni: Valentino, Harrods, Tiffany, Porsche e via di questo passo e ora Mr Costa Smeralda.
Nonostante nascano già i primi distinguo da parte delle amministrazioni interessate, vedi il problema del recupero/ristrutturazione degli stazzi galluresi, Cappellacci ha già pronte le nuove linee per la modifica del piano paesaggistico regionale, varato dalla giunta Soru, che non consente la cementificazione di altre zone della costa.
Se questo è il quadro generale che si profila per la Sardegna, con il metodo del carciofo, a chi mi dovesse chiedere: “la Sardegna è veramente così bella? Mi piacerebbe venirci”, farei la domanda: “Quale Sardegna?” Leggerei, credo, nei loro occhi lo stupore di chi pensa che io abbia voglia di celiare. Poi spiegherei loro che per me ci sono almeno tre “Sardegna.”
Quella che dà la sensazione di essere ai tropici con il colore e la trasparenza del mare, luogo d’incontro, fugace e superficiale, come tutti i centri vacanze internazionali; la Sardegna di una mancata industrializzazione che ha prodotto scompensi economici, ambientali e culturali impedendo lo sviluppo di una economia legata al territorio; quella delle Barbagie, dove ancora i tempi moderni e la tecnologia non hanno annullato la cultura e le tradizioni, quella che ancora dà il segno della storia sarda, luogo dove nasce tutto ciò che è naturale e umano. Allora bisogna scegliere.
Quale viaggio e quale Sardegna. Immagino che i volti si distendano e le teste annuiscano. Il turista si fermerà a godere del verde smeraldo, ancora per fortuna fruibile; il visitatore, che guarda con gli occhi della conoscenza, non potrà che mettersi in viaggio, verso la Sardegna, per strade che si inerpicano tortuose tra sughereti secolari che lasciano intravedere, a tratti, le cime dei monti, rossastri, al calar del sole. Di solito i paesi non sono molto animati, ma potrà capitare di trovarsi in un via vai inconsueto. Se il visitatore ne chiederà il motivo al primo che incontrerà, questi gentilmente risponderà che si stanno preparando per la festa del Patrono del paese vicino e tutte le comunità intervengono ad animare la ricorrenza religiosa. La sera canti e danze dei gruppi folk; gare di abilità a cavallo. Le voci del coro e le musiche hanno qualcosa di particolare. Le note della fisarmonica, il ritmo dei tacchi sulle tavole del palco, le modulazioni delle voci del coro e i movimenti ora lenti ora vorticosi delle gonne, con i loro colori dal nero al bianco candido, dal rosso all’azzurro al giallo oro, coinvolgeranno profondamente, anche un estraneo, tanto da farlo sentire parte di quella festa. Potrà anche succedere al visitatore di osservare come dalle rive di un lago si innalzino pareti di granito, dalle cime contorte ed aggrovigliate, la sofferenza del nascere da una forza incontrollabile e violenta. Il dolore della vita sembra essersi pietrificato, come per una eterna rappresentazione.
Eppure volgendo lo sguardo verso il lago, con il suo luccichio che attenua lo scuro della roccia e del bosco di lecci, un senso di pace e di serenità avvolge il paesaggio. In quel silenzio viene in mente l’animo dei sardi; pur affranto, stanco e affaticato, lo sguardo sereno ed un sorriso appena accennato ne illuminano il volto. Un invito alla “terra del sentimento,” dove gli uomini sono il confine e la misura. E i sardi vi abitano da lungo tempo.
Non sarebbe neanche strano che il visitatore si trovi coinvolto in una visita guidata, organizzata dalla Pro Loco, nei luoghi dei nuraghi e delle domus de janas, le case delle fate. Tutto intorno un paesaggio di granito in un ammasso scomposto e disordinato, come le cime sul lago, da cui, come per miracolo, si innalzano lecci secolari. La guida spiegherà le origini delle domus, con l’alone di mistero e di leggenda che le avvolge, e l’utilizzo del territorio da parte degli abitanti che si sono succeduti nei secoli. Il coinvolgimento sarà talmente intenso da giungere ad una sorta di estraneazione. Allora voci di fanciulle, fate,si materializzeranno e scherzeranno, rincorrendosi. Il resto, in dissolvenza, pian piano non esisterà più. Di colpo silenzio. Le fate scompariranno. Quelle rocce di granito scomposte e arrovellate si solleveranno: Uomini e Donne che si vedono a Gavoi, a Fonni, a Orgosolo, in Sardegna. Con i segni della fatica e del dolore, ma con il volto sereno e lo sguardo fiero. Uomini e Donne, gli occhi lucenti rivolti verso lo straniero, il loro modo di accogliere e di manifestare amicizia e benevolenza.
Di ritorno il visitatore andrà a passo d’uomo per poter osservare i monti che sfilano lenti, come per un arrivederci. Penserà alla storia millenaria di una terra che ancora oggi suscita emozioni. Solo che la si ami, anche se aspra e dura, per tutto ciò che di bello e di gioioso dà a tutti coloro che ne sanno cogliere l’incanto e l’intenso profumo.
Ma fino a quando?
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