Cardi, META, Saluzzi, perché?
Il documento dell'assessora e il principio di pubblicità.
Ho potuto leggere il documento ormai di dominio pubblico dell'assessora Cardi su META e sulla scelta di Paola Saluzzi a Presidente della Fondazione.
Dico una cosa controcorrente? Dico una cosa controcorrente: non mi è dispiaciuto, in un senso molto preciso.
Infatti, si potrebbe obiettate che sia troppo astratto (forse lo è), che il substrato che lega i mezzi con i fini sia troppo sottile (certamente non è spessissimo), che all'italiano servisse un bagno nell'Arno (giova sempre, anche se non era mai pensato come un'opera letteraria, e comunque non è male), che l'enfasi sul "lobbying" sia un po' incongrua e impropria (d'accordo); infine, si potrebbe anche non essere d'accordo con l'idea di META dell'assessora.
Ma non si può dire che il documento non abbia una coerenza interna, anzi dimostra che l'assessora ha degli strumenti intellettuali e la consapevolezza per avanzare una concezione e una strategia per META. La si può non condividere, la si può voler integrare e completare, ma certamente questo documento non dà l'idea di un'assessora che non sappia che pesce pigliare.
E così pure la pensata della Saluzzi, che non poteva che spiazzare e apparire sprovveduta, invece trova una sua coerenza nel documento. La via per motivarla era stretta e forse troppo sofisticata, ma con quello che leggo nel documento aveva titolo di stare nel dibattito pubblico, essere pubblicamente retta.
Ma ... c'è un ma. Arrivo al punto. Allora perché? Per quale maledetta ragione un documento che poteva essere un punto di partenza, sicuramente una possibile idea di META, non è stato condiviso e sottoposto al dibattito pubblico? Perché?
Qui in questione è il principio di pubblicità, che non è una stupidaggine del marketing, ma quel principio che, nella concezione rawlsiana, dice che non sono autorizzati quegli atti di governo che il governo non può o non vuole pubblicamente difendere di fronte ai cittadini, nei termini della ragione pubblica.
Rawls parlava di cose un poco più generali, ma diceva una cosa importante: ogniqualvolta gli amministratori agiscono seguendo questa idea di ragione pubblica e motivano ai cittadini le loro ragioni nei termini di ciò che ritengono più ragionevole alla luce di una concezione di giustizia, essi compiono il loro dovere civico nei confronti dei cittadini.
Ebbene, dico che bene ha fatto la consigliera Natacha Lampis, che non ha criticato la scelta in sé, ma ha invece posto in Consiglio Comunale precisamente queste due questioni: dibattito pubblico e principio di pubblicità. È triste in quale deplorevole stato si trova la nostra conversazione politica se si deve ribadire: i consiglieri hanno il dovere di esprimersi, e ciò è del tutto opportuno.
Se questa amministrazione avrà modo di proseguire, la cosa alla quale non si può più rinunciare è la pubblicità e il dibattito pubblico come metodo costante. Specie se, come dimostra il documento dell'assessora, gli argomenti ci sono e ci possono essere.
E allora di che aver paura? Di che ha avuto paura l'assessora? In questa particolare vicenda avremmo dovuto e potuto avere un serio dibattito su un documento serio (e chissà forse pure convenire alla fine che Saluzzi presidente non fosse poi una totale sciocchezza), anziché lo strazio di vederselo chiamare "papello" dal "primo quotidiano online della Sardegna".
Ho potuto leggere il documento ormai di dominio pubblico dell'assessora Cardi su META e sulla scelta di Paola Saluzzi a Presidente della Fondazione.
Dico una cosa controcorrente? Dico una cosa controcorrente: non mi è dispiaciuto, in un senso molto preciso.
Infatti, si potrebbe obiettate che sia troppo astratto (forse lo è), che il substrato che lega i mezzi con i fini sia troppo sottile (certamente non è spessissimo), che all'italiano servisse un bagno nell'Arno (giova sempre, anche se non era mai pensato come un'opera letteraria, e comunque non è male), che l'enfasi sul "lobbying" sia un po' incongrua e impropria (d'accordo); infine, si potrebbe anche non essere d'accordo con l'idea di META dell'assessora.
Ma non si può dire che il documento non abbia una coerenza interna, anzi dimostra che l'assessora ha degli strumenti intellettuali e la consapevolezza per avanzare una concezione e una strategia per META. La si può non condividere, la si può voler integrare e completare, ma certamente questo documento non dà l'idea di un'assessora che non sappia che pesce pigliare.
E così pure la pensata della Saluzzi, che non poteva che spiazzare e apparire sprovveduta, invece trova una sua coerenza nel documento. La via per motivarla era stretta e forse troppo sofisticata, ma con quello che leggo nel documento aveva titolo di stare nel dibattito pubblico, essere pubblicamente retta.
Ma ... c'è un ma. Arrivo al punto. Allora perché? Per quale maledetta ragione un documento che poteva essere un punto di partenza, sicuramente una possibile idea di META, non è stato condiviso e sottoposto al dibattito pubblico? Perché?
Qui in questione è il principio di pubblicità, che non è una stupidaggine del marketing, ma quel principio che, nella concezione rawlsiana, dice che non sono autorizzati quegli atti di governo che il governo non può o non vuole pubblicamente difendere di fronte ai cittadini, nei termini della ragione pubblica.
Rawls parlava di cose un poco più generali, ma diceva una cosa importante: ogniqualvolta gli amministratori agiscono seguendo questa idea di ragione pubblica e motivano ai cittadini le loro ragioni nei termini di ciò che ritengono più ragionevole alla luce di una concezione di giustizia, essi compiono il loro dovere civico nei confronti dei cittadini.
Ebbene, dico che bene ha fatto la consigliera Natacha Lampis, che non ha criticato la scelta in sé, ma ha invece posto in Consiglio Comunale precisamente queste due questioni: dibattito pubblico e principio di pubblicità. È triste in quale deplorevole stato si trova la nostra conversazione politica se si deve ribadire: i consiglieri hanno il dovere di esprimersi, e ciò è del tutto opportuno.
Se questa amministrazione avrà modo di proseguire, la cosa alla quale non si può più rinunciare è la pubblicità e il dibattito pubblico come metodo costante. Specie se, come dimostra il documento dell'assessora, gli argomenti ci sono e ci possono essere.
E allora di che aver paura? Di che ha avuto paura l'assessora? In questa particolare vicenda avremmo dovuto e potuto avere un serio dibattito su un documento serio (e chissà forse pure convenire alla fine che Saluzzi presidente non fosse poi una totale sciocchezza), anziché lo strazio di vederselo chiamare "papello" dal "primo quotidiano online della Sardegna".
Altri in
Recenti in
Recenti in
Commenti