I grillini devono tagliare il cordone ombelicale
Di Bersani si è detto di tutto e di più. Di Berlusconi anche ma non basta.
Giuseppe Santino |
Di Grillo ormai ci si è resi conto che se “uno vale uno” c’è sempre un “uno” che vale tutti gli altri messi insieme e di più.
Come quel marchese del Grillo, un altro Grillo, di Alberto Sordi “io sono io e voi siete un cazzo” rivolgendosi agli avventori dell’osteria.
Anche dei risultati delle elezioni e delle difficoltà di avere un esecutivo autorevole e in grado di governare si è detto e si è scritto tanto.
E’ un dato incontestabile che la presenza di un folto numero di “cittadini” in Parlamento possa essere un elemento dirompente per schemi politici obsoleti, capaci solo di autogenesi conservativa e non più in grado di garantire maggioranze, seppur variabili.
Ma il rischio del fallimento di una opportunità a lungo cercata, considerato anche il rinnovamento di un partito come il PD in numero di giovani e di donne, sta nel loro linguaggio e nel loro atteggiamento contestatario, al di là di una riflessione che porti a proposte concrete e ad ipotesi organizzative snelle ed innovative. “Apriremo come una scatola il Parlamento”, “Arrendetevi siete circondati” e, a sentire la giovane capogruppo alla Camera, sono stati votati per fare da controllori.
Ben misera cosa se questa è la loro unica azione politica mentre il Paese va a rotoli; ed intanto il capo ed il guru inviano a Roma controllori perché nessuno si discosti, votando secondo coscienza, dalle regole del movimento.
Una politica gridata, dove sembra rivoluzionario dirsi “cittadini e non onorevoli”, come se dirsi cittadini garantisca di per sé un rapporto costruttivo e positivo con gli elettori. Cittadino era Robespierre e compagno Stalin. E sappiamo come è andata.
Un linguaggio aggressivo che toglie senso alle parole e valorizza come collante verbale ed ideologico il “vaffa”. Il che presuppone un non rispetto degli altri e delle stessi istituzioni. Il loro linguaggio fa riferimento esclusivo ai mal di pancia, legittimi in una situazione di crisi e di recessione.
Non basta, però, dar voce al disagio dei cittadini ed alle loro difficoltà, occorre trovare soluzioni per dare risposte concrete e risolutive, nei tempi che questi richiedono, all’interno di un sistema di rapporti che deve essere rinnovato ma non abolito.
La soluzione non può essere “tutti a casa” e l’aggressione, seppur verbale, dell’avversario. Come il rifiuto della “cittadina” Gessica Rostellato di stringere la mano all’on. Bindi e trarne vanto sul web, ignorando che “cittadino” si coniuga con “civile”.
Una democrazia si regge sulle regole del rispetto e dell’accettazione dell’esistenza dell’altro e non chiedendo il 100 per cento. Sono solo slogan e parole d’ordine che servono ad infiammare gli animi ma il rischio è che non si riesca a gestire positivamente e costruttivamente la contestazione.
La nostra storia ci ha portato tanti Masaniello, Savonarola; gente del popolo e per il popolo, ma privi di prospettive politiche concrete e per tanto destinati a fallire. E’ questa pagina di storia, che sembra volersi ripetere con Grillo, a farmi pensare a Umberto Saba: non siamo un paese di rivoluzioni perché non siamo dei parricidi ma dei fratricidi e quando “uccidiamo” il padre non siamo in grado di sostituirlo totalmente.
Basti pensare all’episodio di Bronte, nel nostro Risorgimento, e alla repressione dei contadini da parte dei garibaldini che sarebbero dovuti essere i liberatori. Basti pensare al ’68. Periodo di forti tensioni; quando i figli di una borghesia che fino a quel momento aveva gestito il potere politico, culturale ed economico, pensavano ad un nuovo blocco storico in una ipotetica ed irreale prospettiva rivoluzionaria di cambiamento totale.
Sembrava la nascita di una nuova era con l’uccisione metaforica del padre. Anche in quel caso si andava per slogan e per astrattezza ideologica, che cercava inutilmente di dare un nome alle cose utilizzando esclusivamente il pensiero astratto e non storicistico. Ed è in questa astrazione filosofica l’incapacità di contrapporre ai contenuti e all’azione dei padri altri contenuti ed altre azioni concrete. Alla fine quel 68, che sembrava un terremoto con scosse sismiche da sconvolgere il sistema, abbattendolo, è stato trasformato in semplici scosse di assestamento.
Il sistema è rimasto in piedi con qualche aggiustamento e i padri hanno fagocitato i figli. L’uccisione del padre diventa qualcosa di inattuabile se dietro c’è solo il vuoto e l’incertezza, nascosti dal grido e dalla violenza verbale. Accade, allora, che un riconoscimento postumo del valore del padre e la constatazione della inutilità o addirittura della dissacralità del gesto spingono verso un senso di colpa e di violenza contro se stessi. Edipo si acceca. Alla fine è il padre a vincere ed il figlio costretto ad una obbedienza anch’essa postuma, che ne annulla la crescita e l’ autonomia. Il vecchio trionfa e spazza via quel nuovo che non aveva saputo costruire un sistema solido ed alternativo.
E’ questo il rischio che i “cittadini” di 5 stelle devono evitare. L’elezione del presidente del Senato forse avrebbe potuto aprire uno spiraglio che però Grillo ha subito chiuso, inviando i controllori. Ma non servono gli anatemi e la violenza verbale se la storia va in quella direzione. Sarà un percorso più lento ma non inarrestabile. I grillini devono tagliare il cordone ombelicale e Grillo deve mettere in conto che può essere fatto oggetto di un parricidio e dovrà, se è dotato di buon senso, fare in modo che non ci siano pentimenti ed ubbidienza postuma.
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