Perché ho votato Grillo
Stiamo assistendo alla versione politica dell’acquario dove si annidano la murena, il polpo e l’aragosta.
Enrico Muttoni |
Ebbene sì. Ho votato per il Movimento 5 stelle. Perché sabato 23, riflettendo su quello che avrei fatto la mattina dopo, ho deciso che ne avevo abbastanza.
Ne avevo abbastanza, in primo luogo, di avere paura. E mi sono reso conto che durante i vent’anni, susseguiti a tangentopoli, avevo votato dominato inconsciamente dalla paura. Paura che cambiasse uno stato di cose apparentemente a me adeguate; paura di vedere un imbonitore televisivo insinuarsi nelle menti di un popolo, giocando su un’altra paura: quella dei comunisti.Sono arrivato tardi, ma ci sono arrivato: era diventato inutile votare perché il voto non riusciva a cambiare nulla. Nemmeno coi referendum, che dovrebbero essere l’espressione più diretta e chiara della volontà popolare. Nemmeno nelle elezioni amministrative locali, dove gli eletti dovrebbero essere più prossimi all’elettore ed ai problemi comuni. E allora, chi mi parlava di voto utile, parlava per sottrarmi l’ultima fettina di libertà rimastami.
Ho esternato tempo fa i miei dubbi in questo quotidiano, sperando che in sede di candidature avrei incrociato un volto gradito, e invece niente; mi è restata la soddisfazione di averci preso, nella mia dilettantesca analisi politica.
Ora sono seduto sulla riva del fiume, sperando di veder passare, trascinati dalla corrente, molti di quelli che sono scampati alla falce elettorale. Sperando, sapendo quanto sia difficile e improbabile, ma ancora possibile, un radicale cambiamento. Ben sapendo che non basta una tornata elettorale per rimediare ad una situazione economica prossima al coma irreversibile. Anche perché l’unica cosa che ho capito è che le idee del M5s in materia economico-sociale sono sensibilmente diverse da quelle degli altri, ma non è detto (anzi) che siano migliori. Ma restando convinto che il consociativismo, vera malattia della politica italiana, vada cancellato.
Stiamo assistendo alla versione politica dell’acquario dove si annidano la murena, il polpo e l’aragosta. I personaggi sono dunque in attesa degli interpreti. Ma lo smarrimento individuabile sui volti dei sostenitori parlamentari della vecchia maggioranza rivela allo spettatore che sono ora loro ad aver paura. I cittadini, stanchi, si augurano che anche per questi signori ci sia un elicottero bianco che se li porti via. Non per un meritato riposo, ma in un luogo assai lontano dove non possano nuocere, a mille euro al mese.
Ne avevo abbastanza, in primo luogo, di avere paura. E mi sono reso conto che durante i vent’anni, susseguiti a tangentopoli, avevo votato dominato inconsciamente dalla paura. Paura che cambiasse uno stato di cose apparentemente a me adeguate; paura di vedere un imbonitore televisivo insinuarsi nelle menti di un popolo, giocando su un’altra paura: quella dei comunisti.Sono arrivato tardi, ma ci sono arrivato: era diventato inutile votare perché il voto non riusciva a cambiare nulla. Nemmeno coi referendum, che dovrebbero essere l’espressione più diretta e chiara della volontà popolare. Nemmeno nelle elezioni amministrative locali, dove gli eletti dovrebbero essere più prossimi all’elettore ed ai problemi comuni. E allora, chi mi parlava di voto utile, parlava per sottrarmi l’ultima fettina di libertà rimastami.
Ho esternato tempo fa i miei dubbi in questo quotidiano, sperando che in sede di candidature avrei incrociato un volto gradito, e invece niente; mi è restata la soddisfazione di averci preso, nella mia dilettantesca analisi politica.
Ora sono seduto sulla riva del fiume, sperando di veder passare, trascinati dalla corrente, molti di quelli che sono scampati alla falce elettorale. Sperando, sapendo quanto sia difficile e improbabile, ma ancora possibile, un radicale cambiamento. Ben sapendo che non basta una tornata elettorale per rimediare ad una situazione economica prossima al coma irreversibile. Anche perché l’unica cosa che ho capito è che le idee del M5s in materia economico-sociale sono sensibilmente diverse da quelle degli altri, ma non è detto (anzi) che siano migliori. Ma restando convinto che il consociativismo, vera malattia della politica italiana, vada cancellato.
Stiamo assistendo alla versione politica dell’acquario dove si annidano la murena, il polpo e l’aragosta. I personaggi sono dunque in attesa degli interpreti. Ma lo smarrimento individuabile sui volti dei sostenitori parlamentari della vecchia maggioranza rivela allo spettatore che sono ora loro ad aver paura. I cittadini, stanchi, si augurano che anche per questi signori ci sia un elicottero bianco che se li porti via. Non per un meritato riposo, ma in un luogo assai lontano dove non possano nuocere, a mille euro al mese.
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