Questa fu la settimana che fu
Diario, 25 febbraio - 3 Marzo 2013
Francesco Indovina |
La prova
I rappresentanti politici, vecchi e nuovi, sono davanti alla prova della loro vita, della loro credibilità e per la speranza del paese. Il paese si aspetta soluzioni ai suoi guai, che si chiama recessione. Il modello di produzione si può correggere, ma abbiamo bisogno di lavoro per i giovani e i disoccupati, ricerca scientifica e tecnologica per il futuro, salvaguardia del territorio per la sopravvivenza, possibilità di far contare la gente attraverso un intreccio fecondo di democrazia delegata e diretta, la crescita del mezzogiorno, la ristrutturazione del debito sovrano, un welfare più ampio ed equilibrato, un impegno a modificare lo stato della UE.
Questo gli italiani si aspettano, per chiunque hanno votato, sia per chi si è fatto influenzare da proposte false del centro destra (anche loro hanno i figli senza prospettiva), sia per chi ha votato per un centro sinistra, forse poco risoluto, ma centrale per il cambiamento, sia per chi ha votato per un cambiamento, almeno a parole, più radicale. Questa osservazione non si spende per una “grande coalizione”, impossibile e deleteria, ma per una soluzione di governo che affronti le questioni strutturali e sovrastrutturali.
Abbiamo bisogno di maggiore e migliore democrazia, aspiriamo a maggiore libertà, crediamo nella possibilità di una equità sociale ed economica.
Se questo sbocco non sarà garantito, sia per vecchi vizi e giochetti, sia per nuove ambizioni, vedo nero sul piano economico, sociale, istituzionale e culturale. Le deriva autoritarie non sono mai tramontate, esorcizzarle, prevenirle, combatterle sta nel dna della democrazia.
Credo che ci sia l’intelligenza per superare la prova, se così non fosse, poveri noi.
Il referendum
Al referendum lanciato nel “diario eccezionale”, che proponeva Vendola come capo del governo, come forse l’unico del centro sinistra in grado di dialogare con il Movimento 5 stelle, ha risposto il 30% degli amici che ricevono il diario. Sono state risposte molto articolate soprattutto di chi ha votato per il no (alcuni di voi hanno ricevuto le risposte ma non tutti, infatti la lista è divisa in 8 gruppi, perché alcuni hanno dei programmi che rifiuta la posta inviata con molti indirizzi).
Le risposte sono state spesso accompagnati con ragionamenti politici interessanti. Ringrazio tutti; i risultati sono:
40% per il SI; 40% per il no e 20 % risposte molte articolate ma senza prendere posizione.
Ringrazio tutti
Due, tre cose che sapevo e di cui ora dubito e non solo...
1. Sempre più sento parlare di un cambiamento politico fondato sull’impegno dei cittadini organizzati in molteplici e differenti gruppi, comitati, consigli, ecc. Da una parte sono totalmente d’accordo, ma trovo che quelli con i capelli bianchi hanno corta memoria. C’è stato un tempo nel quale il tessuto politico italiano brulicava di comitati e consigli e anche di gruppi che arrivavano alla “pratica dell’obiettivo” (autoriduzione, controllo dei ritmi di lavoro ecc.). Una forza notevole spazzata via, a ragione del fatto che per sordità dei “corpi intermedi” (i partiti) questi ultimi non si sono riformati e non hanno accolto la “pretesa” di democrazia che veniva da tutte queste forme di organizzazione spontanee.
Deduco che l’attenzione ai corpi intermedi non sia risolvibile nel “tutti a casa”, né nella resistenza degli stessi. Si tratta di un passaggio fondamentale, adatto a promuovere l’intreccio stretto tra democrazia delegata e democrazia diretta.
2. L’indicare la necessità di riformare il “costo” della politica e i privilegi della così detta “casta”, è importante, ma per quanto importante c’è dell’altro a cui pensare. Ma mentre su questi temi si è molto precisi (si fa per dire) sugli altri solo vaghezze. Nel mentre i dati economici: occupazione, disoccupazione, Pil, consumi, ecc. ci parlano una lingua drammatica.
3. Dai discorsi che sento sembra che tutto il potere nel nostro paese sia concentrato nel Parlamento. Ma è proprio così? O ci sono altri e più forti poteri? Se si come si aggrediscono?
4. Del debito sovrano si parla molto poco. La sua ristrutturazione è fondamentale. Le strade, a parte quella di ”non pagare”, che non mi pare raccolga neanche una minoranza consistete, sono due: a) rinnovare automaticamente il debito alla scadenza, senza il giochetto di acquisire un nuovo debito per pagare quello vecchio; b) bloccare il rimborso del debito e degli interessi per i prossimi 3-5 anni. Non si capisce perché la situazione deve colpire i pensionati, gli impiegati pubblici, come si dice, i disoccupati, ecc. e non chi ha fatto un investimento … improvvido.
Il prossimo Presidente del Consiglio
La politica italiana non è stata mai nelle spine circa il “prossimo” presidente del consiglio. Oggi assomiglia molto al Conclave per l’elezione del papa. I candidati si sprecano, messi in fila non promettono niente di buono: Bersani (il naturale); Grillo (il finto pretendente, o no?); Monti (legato alla poltrona); Vendola (l’improbabile); Renzi (dice no, ma gli piacerebbe); Amato (povero, non manca mai); un “tecnico” (del mistero); Napolitano (attraverso un giro molto improbabile); Barca (pulito e serio); …
Potrei continuare, ma sembra uno scherzo, mentre la situazione è preoccupante. C’è la sofferenza della gente, i giovani che aspirano a qualcosa, ecc.
Tutti si dicono angosciati, preoccupati, si richiamano alla necessità di fare presto, ma l’unica cosa che succede è … incertezza.
La corruzione
Berlusconi ha corrotto il senatore De Gregorio per fare cadere il governo Prodi. Ma no! Non ci posso credere che venga fuori ora; era noto, si era detto e stradetto, e non è il solo. Oggi il senatore confessa e il PDL grida contro i magistrati. Un film visto e rivisto, fino a quando, no ne possiamo più.
Le griffe, per chi?
La moda è un settore rilevante dell’economia, e per quanto riguarda il ostro paese è l’unico settore che cammina e che esporta. Bene. Ma il settore nel suo complesso chi “serve”? Il rischio di moralismo è molto forte, ma nel momento in cui da più parti si discute delle finalità del sistema di produzione, della necessità di rivedere i determinanti del sistema economico e sociale; nel momento in cui appare socialmente e politicamente insopportabile una società divisa tra un 1% che tutto può e tutto può avere e un 99% sottoposto a continue vessazioni, a continue tosature della proprie possibilità, forse una qualche riflessione si può fare.
Volevo elencare, assumendole dai due supplementi dedicate alle “donne” dai due maggiori quotidiani italiani, ma mi sono accorto che ci volevano due pagine di questo diario, allora ripiego solo sui numeri.
Le griffe, destinate esclusivamente alla produzione di abiti e accessori, quindi escludendo i produttori puri di profumi, belletti, creme, ecc., risultano, dalla pubblicità apparse in queste due supplementi ben 81. Di queste solo 4 appartengono a griffe che producono oggetti accessibili ai più, mentre tutta la restante produzione è esclusa che possa essere acquistata dalla segretaria d’azienda, anche da una media professionista, per non parlare delle altre categorie sociali. Certo si può fare un sacrificio per un acquisto fuori del proprio bilancio, ma appunto un’eccezione.
La concorrenza nel settore è spietata, ma non avviene sul prezzo, che invece riveste un carattere marginale, ma sull’estetica (non poche volte volgare e banale) e soprattutto sulla capacità di richiamare l’attenzione, di fidelizzare la clientela (con scarso esito in generale), e questa è la benedizione per le riviste di moda che si riempiono di annunzi pubblicitari.
Una schiera di stilisti, di modelliste, di operai/e altamente specializzate si dedicano a soddisfare l’esigenza di esibirsi di una modesta schiera (di numero, ma spesso anche di altro) di persone.
Ma come se non bastasse nel settore si nasconde una grande quantità di lavoro nero e di sfruttamento, un costo eccessivo di pubblicità, ecc.
Un tempo l’Italia la faceva da padrone, oggi i nomi sono rimasti ma la proprietà è trasmigrata in altre casseforti.
Ha senso? Non propugno un popolo in divisa, né un’omogeneità di vestiti, ciascuno si vesta (e si svesta) come vuole, ma è necessario un apparato produttivo di questa dimensione? Del resto una certa quota di quel 99% che non può accedere alle griffe si veste (anche con poca spesa) come pensa sia meglio, come crede di esprimere meglio la propria personalità. Riferirsi alle griffe è proprio mancanza di fantasia, di personalità e di creatività. Non sto sostenendo che tutta la produzione griffata è banale o esagerato, ci sono anche delle cose” belle” e attraenti, ma mi pare che nel momento in cui si parla di un nuovo sistema di produzione, questo non può riguardare solo l’energia rinnovabile, a ma forse anche questo settore e la strada è la distribuzione del reddito.
Che questo settore non senta la crisi, anzi si espande, è una dimostrazione della stortura della crisi stessa: punisce la maggioranza ma arricchisce una minoranza, che non trova di meglio che vestirsi griffata. Per questo è necessario combattere la crisi e i suoi effetti.
Citazioni: nel bene e nel male
Dario Fo, La Repubblica, 26 febbraio 2013: “Cinque stelle è pronto a ragionare con la sinistra per fare le cose che gli italiani chiedono da anni”
Silvio Berlusconi, La Repubblica, 26 febbraio 2013: “è chiaroi che le carte a questo giro le do io” (I bari sempre vogliono dare le carte)
Mario Monti, La Repubblica, 26 febbraio 2013: “Considerando il quadro attuale abbiamo acquisito se possibile più rilievo” (Capisco lo sconforto, ma la realtà gli è indifferente?)
Antonio Ingroia, La Repubblica, 26 febbraio 2013: “La nostra sconfitta è frutto delle scelte suicide del centro sinistra” (E va bene, ma un poco, un poco solo di autocritica no, quella no.)
Nichi Vendola, La Repubblica, 26 febbraio 2013: “Grillo è un interlocutore necessario. L’Italia crepa e con il Movimento 5 stelle è possibile una discussione feconda”
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