Dai suicidi alle sparatorie: i nomi della crisi
Il ferimento dei due carabinieri davanti a Palazzo Chigi deve preoccupare tutti e interrogare molti.
Se uno Stato non riesce a comprendere (e a fare proprie) le esigenze di milioni di cittadini precipitati nella disperazione più nera, se le principali forze politiche, anziché lavorare senza posa alla ricerca di soluzioni concrete ai problemi, continuano a dilapidare le risorse collettive, ad occuparsi d’altro, a urlare, sbraitare e a seminare odio, non ci si può poi stupire se fasce sempre più numerose di cittadini si incattiviscono e si lasciano andare a gesti estremi.
Per chiarezza e per evitare equivoci e mettere tutti, indistintamente, sul banco degli accusati, faccio nomi e cognomi: dalla Lega nord, che semina razzismo e xenofobia e dimostra di volersi occupare esclusivamente degli interessi del proprio territorio per puro calcolo elettorale, al Pdl, che denigra, insulta e delegittima la Magistratura per difendere il suo capo supremo dai processi in corso, ai giornali di famiglia di Berlusconi (Il foglio, Libero e Il Giornale) che, quotidianamente, ridicolizzano gli avversari politici del padrone, additano all’opinione pubblica come malfattori i giudici, i sindacati, le forze politiche di sinistra, al M5S (soprattutto il capo carismatico Grillo, che a furia di volere morti tutti gli altri partiti politici e i loro leader potrebbe, da grande, aprire un’agenzia di pompe funebri) che indicano al ludibrio tutti gli esponenti della “casta” (leggi: tutti gli altri partiti e, più in generale, tutti coloro che non la pensano allo stesso modo del capo), al Fatto quotidiano, che spesso è la versione di sinistra del Giornale e non si lascia sfuggire l’occasione per brutalizzare la “casta” e gli altri giornalisti dell’universo, rei di non essere intelligenti come il grande Travaglio. Per non parlare di tutto ciò che si legge nel web: diventato, in alcuni ambiti, un’autentica cloaca di post razzisti, furiosi, trasudanti odio e disprezzo.
Ma cosa è successo in questo Paese negli ultimi anni? Perché milioni di persone, quando sono in gruppo (dallo stadio alla manifestazione di piazza), degradano al livello degli ominidi, tutto istinto e zero cultura? Già, la cultura. A furia di screditarla, sminuirla, sostituirla con pseudo ideali da Billioner, Chi e via enumerando (leggi: eredità berlusconiana) si è lasciato spazio alla violenza (non più solo verbale), al disprezzo degli altri, all’insulto automatico, alla sopraffazione dei deboli (anziani, donne, bambini e poveri) in un sabba che, evidentemente, ci ha portato al punto in cui siamo e, forse, ci precipiterà in situazioni ancora più drammatiche.
Ieri, i nuovi ministri giuravano di rispettare la Costituzione e le leggi. Ripeto ciò che scrivevo il 7 aprile: ma i nuovi ministri, tutti i nuovi ministri, conoscono la Costituzione? Soprattutto, ne conoscono la prima parte? Quella che li obbliga (insieme al Parlamento e al Presidente della Repubblica) a realizzare, concretamente, l’eguaglianza dei cittadini, a creare le condizioni per rendere effettivo il diritto al lavoro, quello allo studio, quello del lavoratore ad una retribuzione dignitosa, quello alla tutela degli anziani, della salute per tutti ecc.?
Se i governanti dell’ultimo ventennio si fossero adoperati per rispettare concretamente il dettato costituzionale, anziché dare libero sfogo al ladrocinio organizzato, all’usurpazione di funzioni e poteri, all’utilizzo improprio delle risorse pubbliche, a moltiplicare i loro privilegi, oggi non ci troveremo in questa condizione.
E se le responsabilità sono soprattutto di chi ha gestito il potere, i singoli cittadini non possono scrollarsi di dosso le loro: dall’evasione fiscale all’uso privato di beni e servizi pubblici, dal considerare normali (senza, cioè, vergognarsi) la maleducazione, l’insulto, l’arroganza, il disprezzo dell’ambiente, dei beni comuni, la mancanza di solidarietà e di “pietas” nei confronti degli altri.
Ma ciò di cui con maggiore difficoltà e tempo riusciremo (mi auguro) a liberarci sarà la capacità di separare la critica (politica, sociale, culturale, sportiva) dall’astio, dall’odio nei confronti dei soggetti o dell’oggetto della nostra critica. Si può, infatti, tranquillamente criticare Brunetta per le sue opinioni politiche o Berlusconi per le sue scelte di vita o Balotelli perché sbaglia una partita, ma non li s può insultare per l’altezza, per la ricchezza o per il colore della pelle o per la maglia che indossano. Questa è la civiltà. Sulla base di questi comportamenti singoli e collettivi si misura la cultura di un popolo e il suo prestigio nel consesso mondiale.
Noi siamo passati, nell’immaginario collettivo, da “italiani, brava gente” a “popolo di santi, poeti e navigatori” a “furbi, ladri e un po’ cialtroni”.
Ci vorrà molto tempo, prima che gli altri cambino idea e prima che noi riusciamo a convincerci della necessità di cambiare.
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Antonio Budruni |
L’episodio di ieri è l’ultimo di una lunga serie che può essere, a buon diritto, imputabile alla gravissima crisi economica che il nostro Paese vive da ormai molti anni. Una crisi che ha portato e sta portando alla disperazione migliaia di persone. I suicidi di imprenditori, di esodati, di disoccupati, di giovani senza prospettive rappresentano altrettanti segnali di una situazione non più tollerabile per una parte rilevante di nostri concittadini. Già in un mio precedente intervento del 7 aprile scorso svolgevo una serie di considerazioni sull’argomento che, a rileggerle oggi, appaiono quasi presaghe di situazioni che ieri si sono, almeno in parte, effettivamente vissute.
Se uno Stato non riesce a comprendere (e a fare proprie) le esigenze di milioni di cittadini precipitati nella disperazione più nera, se le principali forze politiche, anziché lavorare senza posa alla ricerca di soluzioni concrete ai problemi, continuano a dilapidare le risorse collettive, ad occuparsi d’altro, a urlare, sbraitare e a seminare odio, non ci si può poi stupire se fasce sempre più numerose di cittadini si incattiviscono e si lasciano andare a gesti estremi.
Per chiarezza e per evitare equivoci e mettere tutti, indistintamente, sul banco degli accusati, faccio nomi e cognomi: dalla Lega nord, che semina razzismo e xenofobia e dimostra di volersi occupare esclusivamente degli interessi del proprio territorio per puro calcolo elettorale, al Pdl, che denigra, insulta e delegittima la Magistratura per difendere il suo capo supremo dai processi in corso, ai giornali di famiglia di Berlusconi (Il foglio, Libero e Il Giornale) che, quotidianamente, ridicolizzano gli avversari politici del padrone, additano all’opinione pubblica come malfattori i giudici, i sindacati, le forze politiche di sinistra, al M5S (soprattutto il capo carismatico Grillo, che a furia di volere morti tutti gli altri partiti politici e i loro leader potrebbe, da grande, aprire un’agenzia di pompe funebri) che indicano al ludibrio tutti gli esponenti della “casta” (leggi: tutti gli altri partiti e, più in generale, tutti coloro che non la pensano allo stesso modo del capo), al Fatto quotidiano, che spesso è la versione di sinistra del Giornale e non si lascia sfuggire l’occasione per brutalizzare la “casta” e gli altri giornalisti dell’universo, rei di non essere intelligenti come il grande Travaglio. Per non parlare di tutto ciò che si legge nel web: diventato, in alcuni ambiti, un’autentica cloaca di post razzisti, furiosi, trasudanti odio e disprezzo.
Ma cosa è successo in questo Paese negli ultimi anni? Perché milioni di persone, quando sono in gruppo (dallo stadio alla manifestazione di piazza), degradano al livello degli ominidi, tutto istinto e zero cultura? Già, la cultura. A furia di screditarla, sminuirla, sostituirla con pseudo ideali da Billioner, Chi e via enumerando (leggi: eredità berlusconiana) si è lasciato spazio alla violenza (non più solo verbale), al disprezzo degli altri, all’insulto automatico, alla sopraffazione dei deboli (anziani, donne, bambini e poveri) in un sabba che, evidentemente, ci ha portato al punto in cui siamo e, forse, ci precipiterà in situazioni ancora più drammatiche.
Ieri, i nuovi ministri giuravano di rispettare la Costituzione e le leggi. Ripeto ciò che scrivevo il 7 aprile: ma i nuovi ministri, tutti i nuovi ministri, conoscono la Costituzione? Soprattutto, ne conoscono la prima parte? Quella che li obbliga (insieme al Parlamento e al Presidente della Repubblica) a realizzare, concretamente, l’eguaglianza dei cittadini, a creare le condizioni per rendere effettivo il diritto al lavoro, quello allo studio, quello del lavoratore ad una retribuzione dignitosa, quello alla tutela degli anziani, della salute per tutti ecc.?
Se i governanti dell’ultimo ventennio si fossero adoperati per rispettare concretamente il dettato costituzionale, anziché dare libero sfogo al ladrocinio organizzato, all’usurpazione di funzioni e poteri, all’utilizzo improprio delle risorse pubbliche, a moltiplicare i loro privilegi, oggi non ci troveremo in questa condizione.
E se le responsabilità sono soprattutto di chi ha gestito il potere, i singoli cittadini non possono scrollarsi di dosso le loro: dall’evasione fiscale all’uso privato di beni e servizi pubblici, dal considerare normali (senza, cioè, vergognarsi) la maleducazione, l’insulto, l’arroganza, il disprezzo dell’ambiente, dei beni comuni, la mancanza di solidarietà e di “pietas” nei confronti degli altri.
Ma ciò di cui con maggiore difficoltà e tempo riusciremo (mi auguro) a liberarci sarà la capacità di separare la critica (politica, sociale, culturale, sportiva) dall’astio, dall’odio nei confronti dei soggetti o dell’oggetto della nostra critica. Si può, infatti, tranquillamente criticare Brunetta per le sue opinioni politiche o Berlusconi per le sue scelte di vita o Balotelli perché sbaglia una partita, ma non li s può insultare per l’altezza, per la ricchezza o per il colore della pelle o per la maglia che indossano. Questa è la civiltà. Sulla base di questi comportamenti singoli e collettivi si misura la cultura di un popolo e il suo prestigio nel consesso mondiale.
Noi siamo passati, nell’immaginario collettivo, da “italiani, brava gente” a “popolo di santi, poeti e navigatori” a “furbi, ladri e un po’ cialtroni”.
Ci vorrà molto tempo, prima che gli altri cambino idea e prima che noi riusciamo a convincerci della necessità di cambiare.
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