Dopo il disastro del Pd, niente sarà più come prima
Oggi, si può affermare, senza tema di smentita, che è crollata definitamente la Seconda Repubblica.
Antonio Budruni |
Alcuni giornalisti, in questo fine settimana di aprile, non sono riusciti a trattenersi, e hanno utilizzato l’enfasi delle grandi occasioni, scomodando la Storia.
Ma il vento sta cambiando, i cittadini acquistano sempre più coscienza della situazione, e capiscono che è necessario battersi in prima persona, unirsi, strutturarsi. La nuova sinistra, inevitabilmente, rinascerà dal basso e riconoscerà coloro che fino a ieri hanno lavorato per sé stessi, contribuendo a gettare nel fango ideali, sogni e speranze di cambiamento.
Storica era (ed è, in effetti) la rielezione di Napolitano alla presidenza della Repubblica, ma ancora più storica è, a mio parere, la rivoluzione politico-culturale che le elezioni presidenziali hanno determinato nel nostro Paese.
Oggi, si può affermare, senza tema di smentita, che è crollata definitamente la seconda repubblica. Niente sarà più come prima.
Oggi, si può affermare, senza tema di smentita, che è crollata definitamente la seconda repubblica. Niente sarà più come prima.
Il Pd, ultimo partito erede della prima repubblica, ha finito di esistere venerdì pomeriggio, subito dopo la sconfitta del candidato (“all’unanimità”) Prodi, bruciato da oltre cento franchi tiratori.
Quel partito non ha più leader né credibilità né futuro. Si è suicidato in diretta mondiale perché ha perso i contatti con la realtà del Paese, è incapace di coglierne gli umori profondi, non ha capito (e non capisce) che il mondo è cambiato.
Un tonfo dietro l’altro: perde le elezioni; non riesce a trovare la maggioranza al Senato per formare un Governo; sbaglia i candidati alla Presidenza della Repubblica; sacrifica, per insipienza politica e organizzativa, il fondatore dell’Ulivo, consegnandolo alle bande e alle correnti interne contrapposte. Un disastro: roba da dilettanti allo sbaraglio.
Poi, per rendere ancor più evidenti la pochezza e l’incapacità politica, corre (insieme al Pdl, a Scelta civica e alla Lega) a chiedere aiuto a un signore di 87 che, a più riprese e in tutte le sedi, aveva dichiarato di non volersi ricandidare alla Presidenza della Repubblica. Di fronte alla disfatta di un’intera classe politica, Napolitano ha dovuto cedere, togliendo le castagne dal fuoco a quella che sempre più si conferma essere la casta dei politici.
In tutto questo marasma, com’era facilmente prevedibile, emerge il peggio: Berlusconi. La destra italiana – è bene ricordarlo, mentre si avvicina la celebrazione del 25 aprile – ha tenuto per oltre vent’anni (1922-1943), sotto il tallone di una feroce e sgangherata dittatura, un intero Paese, trascinandolo in una guerra disastrosa, dalla quale gli italiani sono usciti pagando un prezzo altissimo. Ma quella destra, dietro diverse spoglie, è sempre stata una componente fondamentale dell’ideologia nazionale, più che della politica.
In tutto questo marasma, com’era facilmente prevedibile, emerge il peggio: Berlusconi. La destra italiana – è bene ricordarlo, mentre si avvicina la celebrazione del 25 aprile – ha tenuto per oltre vent’anni (1922-1943), sotto il tallone di una feroce e sgangherata dittatura, un intero Paese, trascinandolo in una guerra disastrosa, dalla quale gli italiani sono usciti pagando un prezzo altissimo. Ma quella destra, dietro diverse spoglie, è sempre stata una componente fondamentale dell’ideologia nazionale, più che della politica.
Di quell’ideologia che fa breccia parlando alla pancia della gente. Quella parte di popolazione che da sempre è contro lo Stato e i doveri; contro i diversi, i poveri, gli intellettuali. La destra italiana – iraconda, rissosa, pasticciona e passionale, come è una parte considerevole della popolazione – ha sempre svolto un ruolo di primo piano nell’economia, nelle istituzioni e nella politica. Dopo un breve periodo di disorientamento, ha trovato il nuovo “duce” in Silvio Berlusconi e lo idolatra, lo osanna, lo segue e lo vota, nonostante tutto.
Dall’altro lato, la sinistra, priva ormai di una spina dorsale politica e culturale, in balia di tutte le correnti e di tutti i venti, persa di vista la strategia, vive (o, meglio: sopravvive) di tattiche, naviga a vista, è lontana dalle esigenze e dagli obiettivi dei suoi elettori. E, quando qualcosa di nuovo sembra affacciarsi in quest’area è sempre caotica, confusa, parolaia, agitatrice, senza ossatura, senza retroterra culturale, senza finalità di lungo periodo: tutto e subito, che si traduce in: niente, mai.
Sembra che tutto ciò che la storia insegna, non interessi più. Tutto sembra nuovo, inedito, mai visto prima. In realtà, tutto è molto chiaro, se solo si hanno gli strumenti per leggere la realtà. La realtà degli ultimi anni, in tutto il mondo, è la seguente: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Una esigua minoranza detiene la grande fetta della ricchezza mondiale. Come mai? Semplice: quelle esigue minoranze detengono il potere. Tutto il potere: quello economico e quello politico (funzionale al mantenimento del potere economico). Quelle esigue minoranze detengono anche un altro potere importante: l’informazione, quella particolare informazione che alcuni hanno definito “lavaggio del cervello”. Che passa attraverso spettacoli, intrattenimenti, notiziari che spingono al disimpegno, al rincitrullimento dello spettatore. Che passa attraverso la devastazione della scuola pubblica e la riduzione degli investimenti nella cultura. Più il popolo è ignorante, meno pensa e meglio è per chi detiene il potere.
E, dunque, se questa è la situazione, coloro che guidano la sinistra dovrebbero occuparsi, senza tregua, di tornare tra la gente, di spiegare, di fare analisi, di mostrare esempi, individuare obbiettivi di lotta, strategie politiche capaci di aggregare la grande moltitudine dei tartassati, sfruttati, disperati. E, invece, anch’essi, molto spesso, utilizzano la loro cultura, le loro conoscenze, le loro capacità politiche, per conquistare il potere.
Dall’altro lato, la sinistra, priva ormai di una spina dorsale politica e culturale, in balia di tutte le correnti e di tutti i venti, persa di vista la strategia, vive (o, meglio: sopravvive) di tattiche, naviga a vista, è lontana dalle esigenze e dagli obiettivi dei suoi elettori. E, quando qualcosa di nuovo sembra affacciarsi in quest’area è sempre caotica, confusa, parolaia, agitatrice, senza ossatura, senza retroterra culturale, senza finalità di lungo periodo: tutto e subito, che si traduce in: niente, mai.
Sembra che tutto ciò che la storia insegna, non interessi più. Tutto sembra nuovo, inedito, mai visto prima. In realtà, tutto è molto chiaro, se solo si hanno gli strumenti per leggere la realtà. La realtà degli ultimi anni, in tutto il mondo, è la seguente: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Una esigua minoranza detiene la grande fetta della ricchezza mondiale. Come mai? Semplice: quelle esigue minoranze detengono il potere. Tutto il potere: quello economico e quello politico (funzionale al mantenimento del potere economico). Quelle esigue minoranze detengono anche un altro potere importante: l’informazione, quella particolare informazione che alcuni hanno definito “lavaggio del cervello”. Che passa attraverso spettacoli, intrattenimenti, notiziari che spingono al disimpegno, al rincitrullimento dello spettatore. Che passa attraverso la devastazione della scuola pubblica e la riduzione degli investimenti nella cultura. Più il popolo è ignorante, meno pensa e meglio è per chi detiene il potere.
E, dunque, se questa è la situazione, coloro che guidano la sinistra dovrebbero occuparsi, senza tregua, di tornare tra la gente, di spiegare, di fare analisi, di mostrare esempi, individuare obbiettivi di lotta, strategie politiche capaci di aggregare la grande moltitudine dei tartassati, sfruttati, disperati. E, invece, anch’essi, molto spesso, utilizzano la loro cultura, le loro conoscenze, le loro capacità politiche, per conquistare il potere.
No, non quel potere che hanno le esigue minoranze di cui sopra, ma il piccolo potere delle caste incrostate nell’apparato dello Stato. Per il quale brigano, intrigano, manipolano sino al suicidio, fino all’annientamento della sinistra e di sé stessi. Ma già si vedono in giro alcuni di questi pseudo leader, i primi ad abbandonare la nave quando fiutano il naufragio, cercare casa altrove. Poco importa che questo altrove sia a destra, al centro o a sinistra. L’importante è poter restare abbarbicati al potere, continuare a far parte, in qualunque modo, di una delle “caste”.
Ma il vento sta cambiando, i cittadini acquistano sempre più coscienza della situazione, e capiscono che è necessario battersi in prima persona, unirsi, strutturarsi. La nuova sinistra, inevitabilmente, rinascerà dal basso e riconoscerà coloro che fino a ieri hanno lavorato per sé stessi, contribuendo a gettare nel fango ideali, sogni e speranze di cambiamento.
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