Il 25 Aprile
Festa della liberazione: due fatti e perché festeggiarla.
Arnaldo 'Bibo' Cecchini |
È noto che tutte le ricorrenze assumono una funzione retorica, ma se una nazione decide che una certa data o un certo evento sono rilevanti e sono da ricordare o da festeggiare, una ragione c’è.
In Italia il 25 aprile è festa nazionale: non è la data della fine della guerra, è la data dell’inizio dell’offensiva che portò alla liberazione di Milano e Torino da parte dei partigiani. È stata istituita nel 1946 in aprile con un decreto luogotenenziale firmato da Umberto di Savoia e resa definitiva nel 1947, come “anniversario della liberazione”.
Questo è un fatto.
È successo molte tempo fa, ma l’Unità d’Italia è successa molto prima.
Festa della liberazione. Liberazione da chi? Dall'occupazione nazista, di cui Mussolini e i capi della Repubblica di Salò, sono stati complici e sostenitori.
Questo è un fatto.
L’Italia ricorda quella liberazione con una delle sue feste nazionali.
Le ricorrenze non esimono dalla discussione della storia e festeggiare l’Unità d’Italia non vuol dire non esaminare le vicende del brigantaggio meridionale e della sua sanguinosa repressione da parte dell’esercito piemontese (italiano).
Non sono uno storico, ma il semplice buonsenso ci dice che non tutti quelli che si arruolarono o vennero arruolati nell’esercito repubblichino erano efferati e convinti fascisti o complici del nazismo. C’erano tanti giovani che avevano scelto il “meno peggio” (o quello che a loro appariva tale) e altri che pensavano di combattere per l’onore della patria (o quello che a loro appariva tale).
In ogni caso a chi è morto, persone inconsapevoli e in buona fede, ma persino persone in malafede e davvero complici del nazismo, va la nostra pietà. Non c’è nulla di male, anzi c’è molto di positivo, nel ricordare tutti i morti (tutti), militari e civili della guerra: con il loro nome e cognome e nient’altro e con il ricordo e nient’altro.
Ma sarebbe un atto fazioso e pretestuoso quello che volesse non già accomunare tutti i morti nella pietà e nel ricordo, ma esprimere un giudizio sul fatto che tutti loro, anche chi è stato vittima innocente o inconsapevole o chi ha militato nelle truppe repubblichine, sono morti per gli ideali della giustizia e la libertà, un giudizio che è falso storicamente e che è un insulto al sacrificio del fratelli Rosselli, che di Giustizia e Libertà sono stati fondatori.
Tutti gli italiani sono chiamati a festeggiare la liberazione, io lo farò con gioia e convinzione.
Viva la Resistenza! Viva la Repubblica!
Questo è un fatto.
È successo molte tempo fa, ma l’Unità d’Italia è successa molto prima.
Festa della liberazione. Liberazione da chi? Dall'occupazione nazista, di cui Mussolini e i capi della Repubblica di Salò, sono stati complici e sostenitori.
Questo è un fatto.
L’Italia ricorda quella liberazione con una delle sue feste nazionali.
Le ricorrenze non esimono dalla discussione della storia e festeggiare l’Unità d’Italia non vuol dire non esaminare le vicende del brigantaggio meridionale e della sua sanguinosa repressione da parte dell’esercito piemontese (italiano).
Non sono uno storico, ma il semplice buonsenso ci dice che non tutti quelli che si arruolarono o vennero arruolati nell’esercito repubblichino erano efferati e convinti fascisti o complici del nazismo. C’erano tanti giovani che avevano scelto il “meno peggio” (o quello che a loro appariva tale) e altri che pensavano di combattere per l’onore della patria (o quello che a loro appariva tale).
In ogni caso a chi è morto, persone inconsapevoli e in buona fede, ma persino persone in malafede e davvero complici del nazismo, va la nostra pietà. Non c’è nulla di male, anzi c’è molto di positivo, nel ricordare tutti i morti (tutti), militari e civili della guerra: con il loro nome e cognome e nient’altro e con il ricordo e nient’altro.
Ma sarebbe un atto fazioso e pretestuoso quello che volesse non già accomunare tutti i morti nella pietà e nel ricordo, ma esprimere un giudizio sul fatto che tutti loro, anche chi è stato vittima innocente o inconsapevole o chi ha militato nelle truppe repubblichine, sono morti per gli ideali della giustizia e la libertà, un giudizio che è falso storicamente e che è un insulto al sacrificio del fratelli Rosselli, che di Giustizia e Libertà sono stati fondatori.
Tutti gli italiani sono chiamati a festeggiare la liberazione, io lo farò con gioia e convinzione.
Viva la Resistenza! Viva la Repubblica!
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