Il governo Letta potrebbe ancora favorire il cambiamento?
Il centrosinistra costringa il centrodestra ad uscire da questo e punti ad un governo del cambiamento con il M5S.
Antonio Budruni |
Facciamo un passo indietro: al 25 febbraio 2013.
Grazie alla legge “porcata”, il centrosinistra ottiene la maggioranza alla Camera, mentre non ce l’ha al Senato. Il Pdl, che pure canta vittoria, perde oltre 6 milioni di voti; il Pd, che pure arriva primo senza vincere, ne perde oltre 3 milioni. L’unico, vero vincitore delle elezioni è il M5S che, però, con il 25,5% e refrattario ad ogni alleanza, non può (e non vuole) governare.
Grazie alla legge “porcata”, il centrosinistra ottiene la maggioranza alla Camera, mentre non ce l’ha al Senato. Il Pdl, che pure canta vittoria, perde oltre 6 milioni di voti; il Pd, che pure arriva primo senza vincere, ne perde oltre 3 milioni. L’unico, vero vincitore delle elezioni è il M5S che, però, con il 25,5% e refrattario ad ogni alleanza, non può (e non vuole) governare.
In una situazione di questo tipo, un Pd guidato da leader veri, con una preparazione politica strutturata, con una linea politica coerente, avrebbe potuto provare ad ottenere gli obiettivi che pure aveva agitato in campagna elettorale: fare un governo che affrontasse i problemi veri della gran maggioranza della popolazione (occupazione, sanità, scuola, servizi), isolare il partito (il Pdl e il suo leader Berlusconi) che è stato causa principale del declino del Paese e della disperazione di milioni di disoccupati, pensionati e lavoratori dipendenti, cogliere la grande domanda di cambiamento emersa dal voto degli italiani.
Al contrario, il Pd, questo Pd, questo gruppo dirigente del Pd, è riuscito a costruire una delle più incredibili disfatte della storia politica del dopoguerra: si è disintegrato, dando al Paese l’immagine di un gruppo di dilettanti allo sbaraglio; ha rilanciato alla grande Berlusconi e il Pdl; è stato costretto a far parte di un Governo che è totalmente dipendente dal leader della destra italiana.
Eppure, il 26 febbraio il Pd avrebbe potuto compiere l’unica scelta vincente: proporre al Presidente della Repubblica di attribuire l’incarico di formare il governo a Grillo (o a un altro esponente del M5S) garantendo il voto di fiducia al nuovo governo in entrambe le Camere.
Sarebbe stato, come ebbi modo di scrivere su questo giornale il 26 febbraio, un gesto di grande lungimiranza politica, perché avrebbe permesso di ottenere i seguenti risultati: dare vita ad un Governo di cambiamento, così come il voto aveva richiesto; inchiodare il M5S alle proprie responsabilità, senza inseguire il narcisismo infinito di Beppe Grillo; ricacciare Berlusconi nell’angolo, lasciandolo ad occuparsi dei suoi processi; ripristinare la sintonia con gli elettori, ricompattando la coalizione di centrosinistra.
Non era difficile, no? E allora, perché Bersani e il Pd non hanno intrapreso questa strada, subito? Secondo me, perché il Pd non è più in grado di analizzare la società italiana, di capirne le sue pulsioni di fondo e le dinamiche tra le classi. Il Pd (e il suo gruppo dirigente) vivono alla giornata e, spesso, pensano al loro futuro politico individuale piuttosto che a quello dei cittadini e del Paese.
A questo punto, dobbiamo chiederci se quella scelta strategica, neanche presa in considerazione a partire dal 26 febbraio, possa essere ancora attuata.
Secondo me, sì. Il Governo Letta, come abbiamo già detto, è nato perché lo ha fatto nascere Berlusconi e lui lo terrà in vita sino a quando gli farà comodo. Che questa sia la strategia del cavaliere è chiaro a tutti. La reazione del Pd? Speriamo che il “Caimano” non ci cacci subito (e, se questa è la strategia, bisognerà che il Governo non scontenti troppo il cavaliere).
La stessa strategia cieca fin qui adotta dal Pd. Ma è possibile? Ma davvero questo partito vuole passare alla storia come il liquidatore della sinistra italiana, come il complice della resurrezione della peggiore politica di destra, dopo il fascismo?
L’intero centrosinistra dovrebbe invece utilizzare questo governo per tentare, con altri mezzi, di conseguire gli obiettivi politici proposti agli elettori: affrontare i problemi drammatici dei cittadini (lavoro, servizi, rilancio dell’economia, riduzione della pressione fiscale per i ceti meno abbienti); colpire l’evasione fiscale, la criminalità organizzata, gli sprechi delle risorse pubbliche dovuti alla cattiva gestione, alla commistione tra politica e affari; moralizzare il Paese; ricomporre, su queste basi, la coalizione di centrosinistra (e consolidare il Pd); costringere il centrodestra ad uscire dal Governo e puntare, finalmente, con la giusta intelligenza politica, a dare vita ad un nuovo governo del cambiamento con il M5S.
Così dovrebbero agire tutti coloro che non vogliono che il Paese precipiti definitivamente nel baratro. Invece, dai primi segnali, sembra che tutto ciò che la sinistra è in grado di fare sia, da un lato, guardare schifata al governo Letta e, dall’altro, gridare all’inciuccio, promuovendo l’ennesima campagna politica contro la casta, al grido di “sono tutti uguali, mandiamoli a casa”.
Non era difficile, no? E allora, perché Bersani e il Pd non hanno intrapreso questa strada, subito? Secondo me, perché il Pd non è più in grado di analizzare la società italiana, di capirne le sue pulsioni di fondo e le dinamiche tra le classi. Il Pd (e il suo gruppo dirigente) vivono alla giornata e, spesso, pensano al loro futuro politico individuale piuttosto che a quello dei cittadini e del Paese.
A questo punto, dobbiamo chiederci se quella scelta strategica, neanche presa in considerazione a partire dal 26 febbraio, possa essere ancora attuata.
Secondo me, sì. Il Governo Letta, come abbiamo già detto, è nato perché lo ha fatto nascere Berlusconi e lui lo terrà in vita sino a quando gli farà comodo. Che questa sia la strategia del cavaliere è chiaro a tutti. La reazione del Pd? Speriamo che il “Caimano” non ci cacci subito (e, se questa è la strategia, bisognerà che il Governo non scontenti troppo il cavaliere).
La stessa strategia cieca fin qui adotta dal Pd. Ma è possibile? Ma davvero questo partito vuole passare alla storia come il liquidatore della sinistra italiana, come il complice della resurrezione della peggiore politica di destra, dopo il fascismo?
L’intero centrosinistra dovrebbe invece utilizzare questo governo per tentare, con altri mezzi, di conseguire gli obiettivi politici proposti agli elettori: affrontare i problemi drammatici dei cittadini (lavoro, servizi, rilancio dell’economia, riduzione della pressione fiscale per i ceti meno abbienti); colpire l’evasione fiscale, la criminalità organizzata, gli sprechi delle risorse pubbliche dovuti alla cattiva gestione, alla commistione tra politica e affari; moralizzare il Paese; ricomporre, su queste basi, la coalizione di centrosinistra (e consolidare il Pd); costringere il centrodestra ad uscire dal Governo e puntare, finalmente, con la giusta intelligenza politica, a dare vita ad un nuovo governo del cambiamento con il M5S.
Così dovrebbero agire tutti coloro che non vogliono che il Paese precipiti definitivamente nel baratro. Invece, dai primi segnali, sembra che tutto ciò che la sinistra è in grado di fare sia, da un lato, guardare schifata al governo Letta e, dall’altro, gridare all’inciuccio, promuovendo l’ennesima campagna politica contro la casta, al grido di “sono tutti uguali, mandiamoli a casa”.
Intanto il cavaliere... Intanto i disoccupati... , i pensionati, le imprese, i giovani...
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