Ma una soluzione c’è
Antonio Budruni |
La legge elettorale, il famigerato “porcellum”, ha attribuito alla coalizione di centrosinistra, che ha vinto – seppur con lieve distacco dalla coalizione di centro-destra – la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati.
Al Senato, al contrario, il centrosinistra, pur avendo un numero di senatori maggiore rispetto al centro-destra, non ha la maggioranza assoluta.
Il vero protagonista di queste elezioni è stato, indubbiamente, il Movimento 5 stelle, che ha cambiato il volto politico dell’Italia.
La nostra Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica il ruolo di nominare il Presidente del Consiglio dei ministri.
La nomina avviene sulla base della possibilità che il presidente incaricato possa avere una maggioranza parlamentare (in entrambi i rami del Parlamento).
Oggi, al Senato, non è possibile alcuna maggioranza. Quindi, si rivoterà? È una delle ipotesi più realistiche, se si fa riferimento alle recenti dichiarazioni dei leader dei partiti. Grillo, il capo assoluto del Movimento 5 stelle, ha già detto che non sarà possibile fare parte di alcuna coalizione di Governo. Il Pd ha affermato che non farà accordi con il Pdl. Non ci sono vie d’uscita.
A questo punto, però, il popolo sovrano deve richiamare tutti alle proprie responsabilità, soprattutto i veri vincitori di questa competizione elettorale, il Movimento 5 stelle. Spetta soprattutto a chi ha vinto le elezioni fare proposte per la soluzione dei problemi degli elettori. Se, infatti, milioni di italiani ti hanno votato, tu hai il dovere di dare risposte. Bersani, che certamente riceverà da Napolitano l’incarico di provare a formare il governo, dovrebbe immediatamente rinunciare e chiedere al Presidente della Repubblica di nominare il leader del Movimento 5 stelle, assicurandogli la disponibilità a votare la fiducia, riservandosi di votare i singoli provvedimenti del governo Grillo, ogni qualvolta essi coincidessero con il programma del centrosinistra e con gli interessi generali. Grillo accetterebbe? Io penso che fuggirebbe con orrore. Non so, però, se gli eletti del Movimento avrebbero questo stesso atteggiamento. E penso, anche, che avrebbero qualche difficoltà a spiegare agli elettori il perché ci si sottrae a una responsabilità che, normalmente, in ogni democrazia, spetta ai vincitori. A meno che, non rispolverino la tesi che per poter accettare il governo dell’Italia bisogna aspettare di avere la maggioranza del 100 per cento dopo aver cacciato via dal Parlamento tutti gli altri.
Quello che avete appena letto è una parte del mio articolo apparso su “La voce di Alghero” il 27 febbraio scorso e scritto il pomeriggio del 26, il giorno dopo le elezioni.
Dopo oltre un mese dal risultato elettorale, la situazione è assolutamente bloccata, proprio perché non è stata percorsa l’unica strada in grado di produrre risultati positivi per la collettività. Strada che indicavo sin dal 26 febbraio, ma che nessuna delle parti direttamente coinvolte (gli unici vincitori delle elezioni: M5S e coalizione di centrosinistra) hanno voluto percorrere.
Ora, la scelta di Napolitano di nominare due commissioni di saggi per favorire la decantazione delle tensioni tra i partiti ed avvicinare la possibilità di dar vita ad un governo, tende, con tutta evidenza, ad un approdo prestabilito: il governo delle larghe intese, che escluda il M5S.
Uno scenario che favorirebbe una delle parti politiche, il movimento di Grillo e Casaleggio, che potrebbe continuare la propria campagna elettorale contro la “casta” e “gli inciucci”, vincendo a mani basse le elezioni tra un anno.
È lecito chiedersi, a questo punto: ma perché il Pd – e, più in generale, il centrosinistra – continuano a sfrecciare in autostrada a fari spenti? Non si rendono conto che, inevitabilmente, finiranno spiaccicati e, purtroppo, contribuiranno a rendere ancora più difficile l’uscita dell’Italia da una crisi che morde la carne viva di milioni d’italiani?
Evidentemente non se ne rendono conto. Evidentemente hanno perso tutte le bussole, non sanno più analizzare la società, i loro gruppi dirigenti non hanno più contatti diretti con le sofferenze, i disagi e la disperazione di milioni di persone. Sono tutti impegnati nell’imminente riposizionamento delle correnti e delle componenti in vista dell’ascesa del nuovo leader, Matteo Renzi. Tutte le energie sono finalizzate a conquistare posizioni utili nei nuovi organigrammi nazionali, regionali, provinciali e locali. Ma per fare che cosa, se poi tutto questo affannarsi sarà spazzato via dal nuovo tzunami elettorale sempre più vicino?
Il profeta Elia diceva che Dio acceca coloro che vuole perdere.
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