Pd ostaggio del Pdl
Ma Berlusconi non starà anche questa volta a guardare e staccherà la spina dopo che avrà costretto il Pd a dire “no” alle sue proposte.
Giuseppe Santino |
Il Pd. Un partito sotto tutela, o forse sarebbe meglio dire in ostaggio del Pdl. E questo grazie a due fattori, uno interno ed uno esterno al Partito Democratico, diversi nella loro origine ma uniti nell’incidenza politica.
Quello interno prende origine dalla nascita del Pd come coacervo di uomini e di idee diverse e a volte divaricanti sulla politica, sul modello di società e sullo sviluppo.
Una macedonia senza il liquido che crei armonia di sapori diversi. Per anni questo magma ha fluito senza troppi scossoni per la presenza di una destra tutta piegata sul capo carismatico e sulle sue vicende personali.
Nel momento in cui il Pd, pur con un risultato elettorale insufficiente, deve assumersi la responsabilità del Governo quel magma esplode in mille rivoli, prestando il fianco agli attacchi di un avversario che ritorna ringalluzzito e rimesso in gioco.
Comincia dentro il Pd lo scontro tra le diverse anime che non hanno mai trovato un momento di sintesi. E mi viene un po’ da sorridere nel sentire qualche ex democristiano attribuire le lotte all’interno del partito al sistema delle tessere che ha creato gruppi di potere in perpetua lotta tra loro. E’ anche questo un metro di valutazione che risente dell’origine culturale e politica della ex Dc che ai congressi per il governo del partito e poi del Paese faceva contare anche chi era andato nel mondo dei più, come “le anime morte” di Gogol. Troppo semplicistico e troppo giustificazionista dell’azione politica del partito attraverso i suoi dirigenti incapaci di cogliere la sofferenza e le difficoltà dei cittadini in un quadro di crisi economica e di fiducia nella politica.
Situazioni portate all’estremo limite che avrebbero avuto bisogno di risposte rapide, certe e risolutive. Così si è persa l’occasione delle urne nel novembre del 2011 e il Pd si è imbarcato nell’avventura Monti ingoiando un rospo dietro l’altro. Ma Berlusconi non starà anche questa volta a guardare e staccherà la spina dopo che avrà costretto il Pd a dire “no” alle sue proposte programmatiche annunciate in campagna elettorale. Assumerà ancora una volta il ruolo di chi difende i ceti medio-bassi, facendo una inversione di campo lasciato libero dai titolari.
E’ storia che si sta svolgendo con molti distinguo e veti da parte di Berlusconi, che tirandosi indietro dal governo Letta, ha già tracciato la strada per il Quirinale. Il Pd se non vorrà fare come con Monti ed uscire dalla trappola in cui si è messo anche con l’elezione di Napolitano, dovrà dichiarare finito, da qui a non molto, il tentativo delle larghe intese.
Si andrà alle lezioni con il Pdl che farà il pieno e avrà la forza di imporre Berlusconi al Colle, dopo che il Presidente avrà lasciato in anticipo. E’ un gran bel risultato a cui hanno portato la contrapposizione di gruppi interna al Pd e il duro e puro Grillo e grillini vari. E’ quest’ultimo l’altro fattore, esterno al PD, che ha concorso alla rinascita dell’araba fenice dal volto di Berlusconi. Grillo ha perso l’occasione storica di utilizzare la propria forza per contribuire concretamente all’avvio di un serio cambiamento della politica e dell’apparato burocratico-amministrativo. Non può recriminare contro nessuno per quella che oggi definisce ghettizzazione del voto di 8 milioni di cittadini. La responsabilità è tutta nella scelta massimalista e demagogica che ha inteso abbracciare. Ha preferito tuonare dall’alto della sua “purezza morale”con il tutti a casa indistintamente . E i suoi seguaci non sono stati da meno, tranne qualche caso , subito rientrato o sconfessato e isolato.
Della posizione dei grillini, abilmente indottrinati, valga la candidatura della capo-gruppo alla Camera, con buone probabilità di successo, al Nobel per le gaffe, le castronerie e la mala educazione. I grillini avrebbero potuto concordare con Bersani i punti di un programma comune che avrebbe potuto portare alla nascita di un governo e scongelare il potenziale politico di cui erano stati investiti e forse portare alla elezione di Rodotà o di Prodi.
La durezza di Grillo, mi spezzo ma non mi piego, ha iniziato a creare situazioni di difficoltà, da parte del suo elettorato, a comprendere la posizione di assoluto rifiuto del dialogo, con le conseguenze manifeste nei risultati elettorali del Friuli; ma ha determinato anche la consegna della politica e dell’Italia a Berlusconi che non ha più avversari, considerata la profonda crisi del Pd. Ha ottenuto un ottimo risultato mettendo all’angolo il Partito democratico e se stesso fuori dalle grande decisioni che riguardano il futuro del Paese.
Barbara Spinelli afferma che quello di Grillo non è un atteggiamento populista in quanto non racconta bugie al popolo ma dà voce e vigore politico alle richieste e ai bisogni dei cittadini. Un novello Ulisse. E’ vero che quanto è avvenuto per l’elezione del Capo dello Stato è un duro colpo per la democrazia rappresentativa ma lo è anche per quella deliberativa via web, che Grillo vorrebbe far diventare patrimonio comune. Grillo non è l’Ulisse di Dante. Non lo è perché, rifiutando l’offerta di Bersani, ha scelto di non mettersi per “l’alto mare aperto” per “seguire virtute e canoscenza”e ha precluso a se stesso e agli 8 milioni di elettori di divenire coprotagonisti del cambiamento contro un sistema che tende a chiudersi in autodifesa. Il mare sopra loro si chiuse ma non solo quello dell’apparato ma anche quello della “ciurma”, ancora consistente, che però cerca di capire per che cosa ha dato quel voto, perché la navigazione non è iniziata. Forse è anche vero che senza Grillo ci sarebbe stata una maggiore deriva a destra con un apporto più consistente verso gli estremismi.
Ma non basta fare argine occorre che non si creino le condizioni che alimentano forme di proteste esasperate e occorre dare fiducia alla politica più che alla demagogia. Se Grillo avrà avuto ragione lo sapremo fra qualche mese.
Ma dubito che si possa continuare a parlare del grillismo come grande forza politica di cambiamento così come del Pd come grande partito progressista, impegnato, come sarà, a crearsi una forte identità. Per ora non ci rimane che Berlusconi e la sua azienda.
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