Questa fu la settimana che fu
Diario 25-31 marzo 2013
Napolitano, di fatto seppellisce una storia iniziata nel 1921
Il presidente della Repubblica, a me pare, vuole portare a compimento, con la distruzione del PD, una storia iniziata nel 1921 con la nascita del PCI e una “normalizzazione” del paese dove deve essere cancellata ogni possibilità di rivoluzionare i rapporti sociali di produzione.
Il presidente della Repubblica, a me pare, vuole portare a compimento, con la distruzione del PD, una storia iniziata nel 1921 con la nascita del PCI e una “normalizzazione” del paese dove deve essere cancellata ogni possibilità di rivoluzionare i rapporti sociali di produzione.
Non sto dicendo che il PD ha questo programma, ma esso rappresenta il residuo di un progetto iniziato 90 anni fa. Quella del PCI è una storia non priva di ombre, ma importante per il paese. Il grande contributo dato dal PCI nella resistenza prima e nella formazione della Repubblica e della sua Costituzione, non può essere cancellato.
Né può essere cancella la sordità alla grande politicizzazione di massa della fine degli anni ’60, con l’esclusione della sua sinistra. L’esclusione del PCI da ogni possibilità di “governo” per ragioni internazionali non ha eliminato, tuttavia, il peso avuto nella vita politica (e di governo) italiana per la sua radicazione tra le masse. La crisi del socialismo reale è stata un’occasione mancata di rinnovamento culturale ideologico e programmatico; ha prodotto un rinnovamento di nomi ma soprattutto una deriva teorica.
La mancata possibilità di formare un governo, dopo le ultime elezioni, è figlia del risultato elettorale, dell’incapacità del Movimento 5* di rendere utile alla trasformazione del paese la grande pressione di rinnovamento raccolta, da errori di conduzione del PD. Il PD ha pensato che fosse possibile un accordo con 5* gestito da Bersani,e non ha esplorato modalità diverse per coinvolgere 5*. Forse non poteva fare diversamente, ma l’esito non è positivo.
Un ruolo particolarmente pesante, tanto da modificare di fatto relative prerogative, ha svolto il presidente della Repubblica. Per quello che si capisce Napolitano ha puntato su la grande coalizione PD, PDL, Centro civico. Una soluzione questa che avrebbe “suicidato” il PD (sia per una possibile spaccatura, sia per l’alto prezzo elettorale che avrebbe pagato). Mai, di fatto il Presidente si è impegnato per facilitare un accordo PD con 5*; contemporaneamente 5* non si è manifestamente impegnata ad una soluzione se non con il generico “vogliamo il governo”, sapendo che il loro governo per avere la fiducia aveva bisogno comunque del PD.
Gli ultimi giorni a me paiono chiari. Napolitano minaccia le dimissioni ma non le dà, tanto per intenderci non fa come Benedetto XVI, lasciando ad un nuovo presidente (Z o R o O ecc.) di risolvere il problema che non era stato nella possibilità di risolvere. Ma ormai individua nel PD il centro della resistenza e di fatto l’antagonista.
Non dà le dimissioni non solo per condizionare i mercati (?), non solo per rispondere positivamente alle molte pressioni, ma perché precipitando l’elezione del nuovo presidente si rischiava non tanto l’esplosione del PD ma la sua chiusura a riccio per difendere le proprie prerogative di “grande elettore”.
Scartate le dimissioni si inventa una nuova procedura (le due commissioni di personalità che individuino le cose urgenti da fare, come se anche i bambini non li sapessero), che si può definire “prendi tempo” (non è un caso che le due commissioni non hanno limiti di tempo).
Prendi tempo perché? Prima di tutto per permettere a Monti di continuare a governare (nonostante lo sgarbo che gli ha fatto presentandosi alle elezioni, malgrado i pasticci internazionali ultimi, malgrado il fallimento delle sue principali riforme, Monti pare a Napolitano una adatta “pezza” per tappare il buco attuale).
La mancata possibilità di formare un governo, dopo le ultime elezioni, è figlia del risultato elettorale, dell’incapacità del Movimento 5* di rendere utile alla trasformazione del paese la grande pressione di rinnovamento raccolta, da errori di conduzione del PD. Il PD ha pensato che fosse possibile un accordo con 5* gestito da Bersani,e non ha esplorato modalità diverse per coinvolgere 5*. Forse non poteva fare diversamente, ma l’esito non è positivo.
Un ruolo particolarmente pesante, tanto da modificare di fatto relative prerogative, ha svolto il presidente della Repubblica. Per quello che si capisce Napolitano ha puntato su la grande coalizione PD, PDL, Centro civico. Una soluzione questa che avrebbe “suicidato” il PD (sia per una possibile spaccatura, sia per l’alto prezzo elettorale che avrebbe pagato). Mai, di fatto il Presidente si è impegnato per facilitare un accordo PD con 5*; contemporaneamente 5* non si è manifestamente impegnata ad una soluzione se non con il generico “vogliamo il governo”, sapendo che il loro governo per avere la fiducia aveva bisogno comunque del PD.
Gli ultimi giorni a me paiono chiari. Napolitano minaccia le dimissioni ma non le dà, tanto per intenderci non fa come Benedetto XVI, lasciando ad un nuovo presidente (Z o R o O ecc.) di risolvere il problema che non era stato nella possibilità di risolvere. Ma ormai individua nel PD il centro della resistenza e di fatto l’antagonista.
Non dà le dimissioni non solo per condizionare i mercati (?), non solo per rispondere positivamente alle molte pressioni, ma perché precipitando l’elezione del nuovo presidente si rischiava non tanto l’esplosione del PD ma la sua chiusura a riccio per difendere le proprie prerogative di “grande elettore”.
Scartate le dimissioni si inventa una nuova procedura (le due commissioni di personalità che individuino le cose urgenti da fare, come se anche i bambini non li sapessero), che si può definire “prendi tempo” (non è un caso che le due commissioni non hanno limiti di tempo).
Prendi tempo perché? Prima di tutto per permettere a Monti di continuare a governare (nonostante lo sgarbo che gli ha fatto presentandosi alle elezioni, malgrado i pasticci internazionali ultimi, malgrado il fallimento delle sue principali riforme, Monti pare a Napolitano una adatta “pezza” per tappare il buco attuale).
L’esperienza parlamentare, anche come Presidente dei deputati, non gli ha fatto vedere i possibili esiti di questa soluzione: un parlamento operativo è quello che vuole 5* per lanciare nel dibattito alcuni dei suoi punti programmatici. Attraverso tali proposte si vedrà la “natura” di 5*: si può sempre dire che ci si rivolge a tutto il parlamento ma le proposte non sono neutre rispetto ai due schieramenti.
Il “prendi tempo” serve soprattutto per far precipitare la situazione nel PD (fino anche alla rottura) con il sopravvento di chi non vede altra soluzione che il rapporto con il PDL (magari travestita da soluzione presidenziale). La storia iniziata nel ’21 si concluderebbe e garantirebbe una successione alla Presidenza della Repubblica non invisa, anzi sostenuta, dal PDL e da Berlusconi. Anche in questo campo il Presidente suggerisce unità nazionale, l’individuazione di una personalità di equilibrio (come crede di essere stato). Tra “tecnici”, oggettivamente neutri, e personalità al di sopra delle parti tramonta ogni strategia di trasformazione.
Il Presidente ha una grande e lunga esperienza politica, non credo che non veda come questa sbocco della crisi costituisca una grande dose di ricostituente per 5*, la fine del PD, e il prevalere in Italia di una linea non moderata ma di destra (forse civile). Né può rappresentare una speranza che l’inetto Grillo conquisti la maggioranza, essendo anch’egli portatore di umori e di destra.
È strano, Napolitano dovrebbe sapere che l’istituzionalizzazione costituisce un fortissimo strumento di normalizzazione, ma egli ha teso di fatto a delegittimare il Movimento 5* (non è un caso che tra i dieci saggi non è possibile riconoscere qualcuno di area grillina; forse ci ha provato con scarsi risultati o forse l’ha ritenuto inutile) assegnando a 5* il ruolo di catalizzatore della protesta ma senza peso nelle decisioni (in questo avendo trovato un alleato proprio in Grillo).
Un’ultima notazione: Il Presidente ha sottolineato più volte che i suoi poteri in questo momento sono ridotti, mancandogli il potere di sciogliere le Camere, mentre il nuovo Presidente nella pienezza dei suoi poteri potrebbe esercitare la propria pressione avendo anche questo strumento. Ma ci si dimentica che delle tre maggiori forze due vogliano andare alle elezioni, PDL e M5*, mentre solo il PD ha delle remore preoccupato di essere il capro espiatore di questa situazione. Sarebbe il PD a pagare il prezzo del fallimento della legislatura.
Citazioni: nel bene e nel male
Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2013: “La nostra democrazia è così andata, secondo la teoria dei sistemi, in sovraccarico, sia per l’incapacità di rispondere al crescente numero delle domande dei cittadini, in urgente bisogno di tutela dei loro diritti fondamentali, sia per l’inceppamento involutivo della sua macchina... La lotta alla disuguaglianze, come primo indiscutibile dovere della democrazia pare irrimediabilmente superata o quanto meno dimenticata. A causa poi di quel sovraccarico, del quale ho appena parlato, la caratteristica della nostra società democratica e quella di essere retta da un potere sempre più diffuso e frantumato in vari centri, in concorrenza fra loro”.
Roberto Pedrini, MicroMega, n. 3, 2013 Almanacco di economia: “Eppure basta volgersi indietro, e passare in rassegna la storia delle idee dell’Occidente, per accorgersi che il puzzle della diseguaglianza non è così semplice... Forse la strada giusta resta quella che passa per la collettività e per lo Stato (naturalmente efficiente e senza sprechi). Eguaglianza significa anche , e soprattutto, avere una protezione assicurata contro il rischio della vecchiaia, di malattia e di infortuni. Non per niente fino dai primi anni del novecento è nata una disciplina – proprio in Italia – che si chiama Scienza delle finanze e che ha precisamente lo scopo di regolare l’uso delle risorse pubbliche, ella loro distribuzione e del giusto sistema fiscale per finanziare le spese collettive”.
Il “prendi tempo” serve soprattutto per far precipitare la situazione nel PD (fino anche alla rottura) con il sopravvento di chi non vede altra soluzione che il rapporto con il PDL (magari travestita da soluzione presidenziale). La storia iniziata nel ’21 si concluderebbe e garantirebbe una successione alla Presidenza della Repubblica non invisa, anzi sostenuta, dal PDL e da Berlusconi. Anche in questo campo il Presidente suggerisce unità nazionale, l’individuazione di una personalità di equilibrio (come crede di essere stato). Tra “tecnici”, oggettivamente neutri, e personalità al di sopra delle parti tramonta ogni strategia di trasformazione.
Il Presidente ha una grande e lunga esperienza politica, non credo che non veda come questa sbocco della crisi costituisca una grande dose di ricostituente per 5*, la fine del PD, e il prevalere in Italia di una linea non moderata ma di destra (forse civile). Né può rappresentare una speranza che l’inetto Grillo conquisti la maggioranza, essendo anch’egli portatore di umori e di destra.
È strano, Napolitano dovrebbe sapere che l’istituzionalizzazione costituisce un fortissimo strumento di normalizzazione, ma egli ha teso di fatto a delegittimare il Movimento 5* (non è un caso che tra i dieci saggi non è possibile riconoscere qualcuno di area grillina; forse ci ha provato con scarsi risultati o forse l’ha ritenuto inutile) assegnando a 5* il ruolo di catalizzatore della protesta ma senza peso nelle decisioni (in questo avendo trovato un alleato proprio in Grillo).
Un’ultima notazione: Il Presidente ha sottolineato più volte che i suoi poteri in questo momento sono ridotti, mancandogli il potere di sciogliere le Camere, mentre il nuovo Presidente nella pienezza dei suoi poteri potrebbe esercitare la propria pressione avendo anche questo strumento. Ma ci si dimentica che delle tre maggiori forze due vogliano andare alle elezioni, PDL e M5*, mentre solo il PD ha delle remore preoccupato di essere il capro espiatore di questa situazione. Sarebbe il PD a pagare il prezzo del fallimento della legislatura.
Citazioni: nel bene e nel male
Guido Rossi, Il Sole 24 Ore, 31 marzo 2013: “La nostra democrazia è così andata, secondo la teoria dei sistemi, in sovraccarico, sia per l’incapacità di rispondere al crescente numero delle domande dei cittadini, in urgente bisogno di tutela dei loro diritti fondamentali, sia per l’inceppamento involutivo della sua macchina... La lotta alla disuguaglianze, come primo indiscutibile dovere della democrazia pare irrimediabilmente superata o quanto meno dimenticata. A causa poi di quel sovraccarico, del quale ho appena parlato, la caratteristica della nostra società democratica e quella di essere retta da un potere sempre più diffuso e frantumato in vari centri, in concorrenza fra loro”.
Roberto Pedrini, MicroMega, n. 3, 2013 Almanacco di economia: “Eppure basta volgersi indietro, e passare in rassegna la storia delle idee dell’Occidente, per accorgersi che il puzzle della diseguaglianza non è così semplice... Forse la strada giusta resta quella che passa per la collettività e per lo Stato (naturalmente efficiente e senza sprechi). Eguaglianza significa anche , e soprattutto, avere una protezione assicurata contro il rischio della vecchiaia, di malattia e di infortuni. Non per niente fino dai primi anni del novecento è nata una disciplina – proprio in Italia – che si chiama Scienza delle finanze e che ha precisamente lo scopo di regolare l’uso delle risorse pubbliche, ella loro distribuzione e del giusto sistema fiscale per finanziare le spese collettive”.
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