Il turismo? Sì, ma quale?
Il turismo è una “industria pesante", soprattutto se non ben governato.
Francesco Indovina |
In questi ultimi mesi, per uscire della crisi economica, del nostro paese si riparla del turismo come salvagente, in grado di mettere a frutto alcune delle caratteristiche del “bel paese”.
Prescindiamo della polemica si chi vede nel turismo la trasformazione della nostra economia in un “paese di camerieri”, il cameriere è un lavoro come un altro, la sua connotazione “servile” sta nella maleducazione del cliente, che pareggia l’arroganza di molti “padroni” e “padroncini”, il problema vero e su che cosa si intenda quando si parla dell'utilizzazione del patrimonio del paese. Il turismo può, ancor di più di oggi, essere un importante settore della nostra economia a certe condizioni (esso comunque non è in grado di risolvere la crisi di sistema, ma questo tralasciamo).
Intanto va chiarito che il turismo è una “industria pesante”, nel senso che le sue conseguenze possono essere “pesanti”, se non ben governato, proprio sul patrimonio del paese, anche se ben governato, figuriamoci allo stato brado nel quale è lasciato.
La speranza di attrarre soprattutto una “clientela” di prestigio, cioè “ricca” di soldi, soprattutto, e di cultura, oltre che essere un atteggiamento reazionario è un'illusione sia perché tutti gli altri paesi concorrenti, e sono molti, vorrebbero la stessa cosa, sia perché si tratta di fatto di una clientela che non gradisce troppi vincoli e desidererebbe un uso esclusivo del nostro patrimonio. In realtà, oggi, i turismi sono molti ed il turismo sostanzialmente è di massa. È questo il fenomeno che deve essere governato.
Non è necessario una selezione del “clienti” secondo censo, ma un’organizzazione degli stessi secondo aspettative, desideri, curiosità e per un uso regolato del nostro patrimonio. Spesso si sente la lamentela del “turista mordi e fugge” e non si riflette che il turista “fugge” soprattutto dalla vessazione e sfruttamento al quale è sottoposto da chi dovrebbe invece renderlo fedele.
Lo sviluppo del turismo non può sposarsi con una idea “edilizia”, in questo caso il disastro per il “nostro” patrimonio sarebbe assicurato con la conseguenza di distruggere l'oggetto del desiderio.
Per sviluppare il turismo sono necessarie azioni, soprattutto, di salvaguardia del nostro “patrimonio”. Non si possono privatizzare e distruggere coste, monti e paesaggio è sperare di attrarre turisti. Non si possono trasformare le nostre città d’arte in “bolge” impraticabili nelle quali il turista è il pollo da spennare. Non si può mal gestire il nostro patrimonio artistico e storico e lamentarsi che i musei sono poco frequentati.
Lo sviluppo del turismo non serve al rilancio dell’edilizia e cementificazione, ma piuttosto in una sua limitazione, non significa concentrare l’attenzione solo in pochi siti ma cercare di valorizzare aspetti diversi del nostro territorio e del nostro patrimonio.
Uno sviluppo ordinato e fruttuoso del turismo deve essere organizzato e gestito non secondo l’interesse degli speculatori, degli albergatori e dei ristoratori, ecc. ma secondo criteri che soddisfino insieme le aspettative del turista, gli interessi del paese e la remunerazione dei fornitori di servizi.
Fino ad oggi non siamo stati capaci di questo, gli appelli allo sviluppo del turismo non fanno sperare niente di meglio. Non basta un “movimento” di difesa di specifici luoghi o panorami o singoli patrimoni, sarebbe necessario un piano e una politica. Questa necessità rende pessimisti.
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