Programma “Ritornare a Casa”. Correttivo per l’esclusione?
Per gli affetti da demenza severa sarà difficile presentare la domanda per accedere al finanziamento.
Con le nuove linee di indirizzo del programma regionale “Ritornare a Casa”, approvate nel novembre 2012 dalla Giunta Regionale, per i soggetti affetti da demenza in forma severa sarà ben difficile riuscire a presentare la domanda per poter accedere al finanziamento.
E questo non di certo per la mancanza dei requisiti sanitari ma a causa di un correttivo apportato alla valutazione multidimensionale a cui i richiedenti devono sottoporsi per l’attivazione del piano personalizzato.
Nelle nuove linee di indirizzo si legge infatti che la compilazione della scala di valutazione del grado di deterioramento cognitivo, il cosiddetto certificato CDR, deve essere effettuata esclusivamente da uno specialista di struttura pubblica o convenzionata competente per quella branca.
All’apparenza una specificazione innocua, in realtà una modifica che, se non verrà cancellata, comporterà l’impossibilità di presentare la domanda di accesso al finanziamento con conseguente esclusione dei soggetti aventi diritto, oltre ad essere una palese violazione del diritto di ciascun cittadino di scegliere liberamente lo specialista a cui affidare la gestione della propria salute, e ad esprimere una pregiudiziale insinuazione secondo cui tutti i medici che svolgono la libera professione sono compiacenti.
Il problema sta nel fatto che i servizi di specialistica ambulatoriale distribuiti sul territorio non sono in grado di evadere le richieste di visita specialistica entro i tempi previsti per la procedura del piano personalizzato (trenta giorni per una prima attivazione, due mesi per il rinnovo annuale), a causa di liste d’attesa lunghissime, anche di 6-8 mesi. Tanto meno sono in grado di garantire le visite al domicilio del paziente considerato che stiamo parlando di soggetti non autosufficienti, spesso non deambulanti, che non possono recarsi in ambulatorio.
Ma anche supponendo che fosse superato questo scoglio con evasione delle richieste in tempi celeri, resta il problema insormontabile che i livelli essenziali di assistenza (LEA) per la specialistica ambulatoriale, come riportato sul portale del Ministero della Salute, comprendono solo ed esclusivamente le visite specialistiche, le prestazioni terapeutiche e riabilitative, la diagnostica strumentale e di laboratorio escludendo le relazioni mediche e le certificazioni, che possono essere compilate dallo specialista convenzionato solo fuori dall’orario di servizio e in regime di libera professione.
Insomma gli specialisti della Asl non possono compilare il certificato CDR come medici di struttura pubblica perché questo non rientra nelle loro mansioni e tanto meno possono svolgere visite domiciliari finalizzate alla compilazione di una certificazione.
Quindi da una parte la Regione, con il correttivo di recente approvato, attribuisce questo compito a chi non può svolgerlo, mostrando una scarsa conoscenza dell’attività che possono svolgere gli specialisti ambulatoriali convenzionati con la Asl. Dall’altra sottrae questo compito a chi invece potrebbe svolgerlo, gli specialisti liberi professionisti, che la Regione considera, in maniera del tutto illegittima, non abilitati.
La domanda che sorge spontanea è: ma allora chi deve compilare questo benedetto CDR?
Paola Correddu |
E questo non di certo per la mancanza dei requisiti sanitari ma a causa di un correttivo apportato alla valutazione multidimensionale a cui i richiedenti devono sottoporsi per l’attivazione del piano personalizzato.
Nelle nuove linee di indirizzo si legge infatti che la compilazione della scala di valutazione del grado di deterioramento cognitivo, il cosiddetto certificato CDR, deve essere effettuata esclusivamente da uno specialista di struttura pubblica o convenzionata competente per quella branca.
All’apparenza una specificazione innocua, in realtà una modifica che, se non verrà cancellata, comporterà l’impossibilità di presentare la domanda di accesso al finanziamento con conseguente esclusione dei soggetti aventi diritto, oltre ad essere una palese violazione del diritto di ciascun cittadino di scegliere liberamente lo specialista a cui affidare la gestione della propria salute, e ad esprimere una pregiudiziale insinuazione secondo cui tutti i medici che svolgono la libera professione sono compiacenti.
Il problema sta nel fatto che i servizi di specialistica ambulatoriale distribuiti sul territorio non sono in grado di evadere le richieste di visita specialistica entro i tempi previsti per la procedura del piano personalizzato (trenta giorni per una prima attivazione, due mesi per il rinnovo annuale), a causa di liste d’attesa lunghissime, anche di 6-8 mesi. Tanto meno sono in grado di garantire le visite al domicilio del paziente considerato che stiamo parlando di soggetti non autosufficienti, spesso non deambulanti, che non possono recarsi in ambulatorio.
Ma anche supponendo che fosse superato questo scoglio con evasione delle richieste in tempi celeri, resta il problema insormontabile che i livelli essenziali di assistenza (LEA) per la specialistica ambulatoriale, come riportato sul portale del Ministero della Salute, comprendono solo ed esclusivamente le visite specialistiche, le prestazioni terapeutiche e riabilitative, la diagnostica strumentale e di laboratorio escludendo le relazioni mediche e le certificazioni, che possono essere compilate dallo specialista convenzionato solo fuori dall’orario di servizio e in regime di libera professione.
Insomma gli specialisti della Asl non possono compilare il certificato CDR come medici di struttura pubblica perché questo non rientra nelle loro mansioni e tanto meno possono svolgere visite domiciliari finalizzate alla compilazione di una certificazione.
Quindi da una parte la Regione, con il correttivo di recente approvato, attribuisce questo compito a chi non può svolgerlo, mostrando una scarsa conoscenza dell’attività che possono svolgere gli specialisti ambulatoriali convenzionati con la Asl. Dall’altra sottrae questo compito a chi invece potrebbe svolgerlo, gli specialisti liberi professionisti, che la Regione considera, in maniera del tutto illegittima, non abilitati.
La domanda che sorge spontanea è: ma allora chi deve compilare questo benedetto CDR?
Al momento si è creato un vuoto normativo in cui non c’è nessuna figura professionale abilitata alla compilazione della scala di valutazione per le demenze.
Questo provvedimento di modifica delle linee di indirizzo del programma sembra essere subdolamente finalizzato all’esclusione piuttosto che alla inclusione dei soggetti beneficiari, a creare ulteriori disagi a soggetti già in difficoltà, scoraggiandoli a presentare la domanda. Gli anziani aumentano, aumentano le persone non autosufficienti e quindi bisogna trovare artefici burocratici per ridurre il numero degli aventi diritto?
Questo provvedimento di modifica delle linee di indirizzo del programma sembra essere subdolamente finalizzato all’esclusione piuttosto che alla inclusione dei soggetti beneficiari, a creare ulteriori disagi a soggetti già in difficoltà, scoraggiandoli a presentare la domanda. Gli anziani aumentano, aumentano le persone non autosufficienti e quindi bisogna trovare artefici burocratici per ridurre il numero degli aventi diritto?
Paola Correddu è medico chirurgo convenzianata Asl per la continuità assistenziale del Distretto di Alghero.
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