Morire a 19 anni
Non potrò mai dimenticare lo sguardo di Mirko, ucciso da una società-giungla.
Antonio Budruni |
Mirko Maninchedda è stato un mio alunno, nel suo primo biennio all’Alberghiero.
Ancora un bambino, a quattordici anni, con quei suoi occhietti vispi, il viso imberbe, la sua corporatura minuta.
Uno di quegli alunni che ti fanno tenerezza appena li vedi seduti in aula, il primo giorno di lezione.
Ricordo i suoi goffi tentativi di arrampicarsi sugli specchi, quando doveva rispondere alle domande sulla Costituzione o sul sistema economico.
Forse non amava studiare. O, forse, non amava molto studiare le mie materie, distanti, credo, dai suoi interessi di ragazzino innamorato del calcio, dei giochi elettronici, della compagnia degli amici e dei primi sguardi delle compagne di classe.
Mirko era un ragazzino normale, come la stragrande maggioranza dei suoi compagni. Come loro, insofferente sui banchi, distratto da mille pensieri più affascinanti rispetto alle materie scolastiche.
Oggi, leggendo i giornali ho scoperto che qualcuno, alle tre del mattino, lo aveva falciato sulla strada, nei pressi della discoteca. Ho letto, nel titolo, la sua età: 19 anni. E mi sono reso conto di come gli anni passino veloci e di come, in questa nostra società sempre più a misura di macchine e di soldi, si possa morire all’improvviso, a diciannove anni, mentre, col sorriso sulle labbra, ci si appresta a varcare la soglia del “divertimentificio giovanile di massa”, dopo una serata di lavoro: da chef. O, meglio, da apprendista chef, accanto a suo padre.
Mirko aveva studiato per prepararsi a svolgere quella professione, quell’arte. Qualcuno gli ha impedito di crescere, di misurarsi con le difficoltà della vita e di diventare adulto, imparando dagli errori e gioendo per i successi. Come tutti, in fondo.
Chi gli ha sottratto la vita, si dice, è un vecchio. Un signore ottuagenario che alle tre del mattino percorreva la strada verso Olmedo. Ma non un pirata della strada, un ex ergastolano, un fallito. No, un signore che per molti anni aveva ricoperto la carica di primo cittadino. Un signore responsabile, maturo, per bene.
Certo, può succedere. A tutti può capitare un momento di distrazione, un colpo di sonno alla guida, un malore. Ma non fermarsi, dopo aver provocato una simile tragedia, questo sì è un gesto ingiustificabile. Un ex sindaco che non presta soccorso. Un rappresentante di una comunità che non adempie ad uno dei doveri fondamentali previsti dalla nostra Costituzione. Il dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale.
Mirko, l’articolo 2 della Costituzione lo aveva studiato e lo conosceva bene.
Sarà difficile, per me, dimenticare quello sguardo da fanciullo del mio alunno, ucciso a soli 19 anni in quella società (e da quella società) che sempre più tende a diventare giungla. Per tutti.
Ancora un bambino, a quattordici anni, con quei suoi occhietti vispi, il viso imberbe, la sua corporatura minuta.
Uno di quegli alunni che ti fanno tenerezza appena li vedi seduti in aula, il primo giorno di lezione.
Ricordo i suoi goffi tentativi di arrampicarsi sugli specchi, quando doveva rispondere alle domande sulla Costituzione o sul sistema economico.
Forse non amava studiare. O, forse, non amava molto studiare le mie materie, distanti, credo, dai suoi interessi di ragazzino innamorato del calcio, dei giochi elettronici, della compagnia degli amici e dei primi sguardi delle compagne di classe.
Mirko era un ragazzino normale, come la stragrande maggioranza dei suoi compagni. Come loro, insofferente sui banchi, distratto da mille pensieri più affascinanti rispetto alle materie scolastiche.
Oggi, leggendo i giornali ho scoperto che qualcuno, alle tre del mattino, lo aveva falciato sulla strada, nei pressi della discoteca. Ho letto, nel titolo, la sua età: 19 anni. E mi sono reso conto di come gli anni passino veloci e di come, in questa nostra società sempre più a misura di macchine e di soldi, si possa morire all’improvviso, a diciannove anni, mentre, col sorriso sulle labbra, ci si appresta a varcare la soglia del “divertimentificio giovanile di massa”, dopo una serata di lavoro: da chef. O, meglio, da apprendista chef, accanto a suo padre.
Mirko aveva studiato per prepararsi a svolgere quella professione, quell’arte. Qualcuno gli ha impedito di crescere, di misurarsi con le difficoltà della vita e di diventare adulto, imparando dagli errori e gioendo per i successi. Come tutti, in fondo.
Chi gli ha sottratto la vita, si dice, è un vecchio. Un signore ottuagenario che alle tre del mattino percorreva la strada verso Olmedo. Ma non un pirata della strada, un ex ergastolano, un fallito. No, un signore che per molti anni aveva ricoperto la carica di primo cittadino. Un signore responsabile, maturo, per bene.
Certo, può succedere. A tutti può capitare un momento di distrazione, un colpo di sonno alla guida, un malore. Ma non fermarsi, dopo aver provocato una simile tragedia, questo sì è un gesto ingiustificabile. Un ex sindaco che non presta soccorso. Un rappresentante di una comunità che non adempie ad uno dei doveri fondamentali previsti dalla nostra Costituzione. Il dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale.
Mirko, l’articolo 2 della Costituzione lo aveva studiato e lo conosceva bene.
Sarà difficile, per me, dimenticare quello sguardo da fanciullo del mio alunno, ucciso a soli 19 anni in quella società (e da quella società) che sempre più tende a diventare giungla. Per tutti.
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