Perché il Pd si spacca sui principi della democrazia?
Note a margine di una politica senza bussola.
Scoppia la rivolta nel Pdl. Urla e strepiti in tutte le televisioni, i giornali e i social network. Il Giornale di famiglia titola, a nove colonne: “Banditi di Stato” riferito alla Corte di Cassazione. Tutti, con tono indignato, accusano la Corte di avere anticipato i tempi per decidere, in via definitiva, la sorte del condannato.
Fermo restando che è raggelante vivere in un Paese nel quale milioni di persone combattano quotidianamente contro una crisi economica durissima mentre la classe politica si occupa di salvare il soldato Silvio, ciò che sgomenta e angoscia è scoprire come la politica si muova come se fosse cieca, come se non si accorgesse che è giunta alle soglie del baratro. Una politica senza bussola, senza punti di riferimento. Soprattutto, una politica che ha smarrito i fondamentali sui quali è stata costruita la nostra repubblica democratica, a dopo la devastante seconda guerra mondiale: la Costituzione repubblicana.
Come può una parte consistente dei parlamentari del Pd decidere di infischiarsene della Costituzione e dei principi sui quali si fondano lo Stato di diritto e le regole della democrazia, votando per la sospensione dell’attività parlamentare richiesta da una parte politica, il Pdl, come forma di protesta contro la Magistratura?
Viene da pensare che si sia trattato degli stessi parlamentari che, con assoluta indifferenza, non votarono Prodi alla Presidenza della Repubblica, qualche minuto dopo averlo candidato per acclamazione. E, cioè, quel ventre molle del partito che detiene la maggioranza, indifferente ad ogni valore e ad ogni etica pur di mantenere il potere.
La mancanza di spina dorsale (leggi: valori morali, etici e politici) in questo partito che rappresenta la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini politicamente schierati a sinistra è il vero problema della politica italiana. Senza un partito della sinistra coeso intorno a valori e principi democratici, non si possono creare le condizioni di una vera alternanza di governo, determinando quella eterna palude del consociativismo, dei governi tecnici o delle larghe intese che hanno contribuito ad incancrenire la crisi facendola pagare tutta intera ai ceti più deboli della popolazione. Proprio quelli che dovrebbero essere gli interlocutori privilegiati di un grande partito della sinistra.
Che succede in questo nostro Paese? Cosa sarebbe necessario che gli italiani, tutti gli italiani “democratici”, facessero per far uscire il Paese da questa maleodorante palude?
È aperta la discussione.
Antonio Budruni |
Cominciamo dagli antefatti: dopo la condanna a 4 anni di reclusione e all’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici dell’imputato Silvio da parte della Corte d’Appello di Milano, il condannato disse:
“Siamo certi che la Cassazione rigetterà questa sentenza che è un attacco alla democrazia”.I fatti. La Corte di Cassazione fissa al 30 luglio prossimo la data dell’udienza per decidere nel merito del ricorso presentato dagli avvocati-deputati di Silvio Berlusconi.
Scoppia la rivolta nel Pdl. Urla e strepiti in tutte le televisioni, i giornali e i social network. Il Giornale di famiglia titola, a nove colonne: “Banditi di Stato” riferito alla Corte di Cassazione. Tutti, con tono indignato, accusano la Corte di avere anticipato i tempi per decidere, in via definitiva, la sorte del condannato.
Ma come? Non aspettavano tutti il pronunciamento della Cassazione che avrebbe rimandato a casa Silvio pulito come un angioletto?
Ed ecco la verità, dietro la propaganda asfissiante: Silvio e i suoi non confidavano sulla sentenza della Cassazione, ma sulla prescrizione, che, come ha dichiarato il presidente Santacroce, per motivare “giuridicamente” la data del 30 luglio, sarebbe scattata a settembre.
Tra le prove muscolari decise dal partito di Berlusconi, oltre ad alcune poi archiviate nello spazio di qualche ora, ne è rimasta, per ora, solo una in piedi: la proposta di bloccare i lavori parlamentari per 3 giorni come forma di protesta contro la Magistratura, rea di voler eliminare Berlusconi dalla politica.
Riunione dei capigruppo per decidere nel merito. Dopo ampia discussione, si raggiunge un compromesso. Tra chi? Ovvio, tra le forze della cosiddetta maggioranza delle “larghe intese”: Pdl, Pd e Scelta civica. Tre giorni di blocco dei lavori parlamentari sono troppi. Va bene uno. Su questa base, il Pd si spacca. Da una parte, coloro che pur di salvare il governo capeggiato dal giovane Letta, sono pronti a turarsi il naso su tutto, a cominciare dai principi; dall’altra, i parlamentari che ritengono questo atteggiamento assolutamente inaccettabile, in quanto non si può – né ci sono precedenti nella lunga storia parlamentare italiana – decidere l’interruzione dei lavori parlamentari come forma di protesta contro un altro potere dello Stato, quale è la Magistratura.
Ed ecco la verità, dietro la propaganda asfissiante: Silvio e i suoi non confidavano sulla sentenza della Cassazione, ma sulla prescrizione, che, come ha dichiarato il presidente Santacroce, per motivare “giuridicamente” la data del 30 luglio, sarebbe scattata a settembre.
Tra le prove muscolari decise dal partito di Berlusconi, oltre ad alcune poi archiviate nello spazio di qualche ora, ne è rimasta, per ora, solo una in piedi: la proposta di bloccare i lavori parlamentari per 3 giorni come forma di protesta contro la Magistratura, rea di voler eliminare Berlusconi dalla politica.
Riunione dei capigruppo per decidere nel merito. Dopo ampia discussione, si raggiunge un compromesso. Tra chi? Ovvio, tra le forze della cosiddetta maggioranza delle “larghe intese”: Pdl, Pd e Scelta civica. Tre giorni di blocco dei lavori parlamentari sono troppi. Va bene uno. Su questa base, il Pd si spacca. Da una parte, coloro che pur di salvare il governo capeggiato dal giovane Letta, sono pronti a turarsi il naso su tutto, a cominciare dai principi; dall’altra, i parlamentari che ritengono questo atteggiamento assolutamente inaccettabile, in quanto non si può – né ci sono precedenti nella lunga storia parlamentare italiana – decidere l’interruzione dei lavori parlamentari come forma di protesta contro un altro potere dello Stato, quale è la Magistratura.
Chiaro, tra gli altri, l’atteggiamento di Rosi Bindi:
“Il Pd non dovrebbe mai assecondare gli atteggiamenti di eversione istituzionale del Pdl. Il centrodestra ha attaccato la Cassazione; ha minacciato di bloccare i lavori parlamentari per alcuni giorni. È vero che lo stop delle commissioni e dell’aula è stato di un pomeriggio, ma il significato politico non cambia. Inoltre con il nostro comportamento in aula, abbiamo assecondato i “falchi” del Pdl: non dovevamo offrire sponda agli irresponsabili”.
Fermo restando che è raggelante vivere in un Paese nel quale milioni di persone combattano quotidianamente contro una crisi economica durissima mentre la classe politica si occupa di salvare il soldato Silvio, ciò che sgomenta e angoscia è scoprire come la politica si muova come se fosse cieca, come se non si accorgesse che è giunta alle soglie del baratro. Una politica senza bussola, senza punti di riferimento. Soprattutto, una politica che ha smarrito i fondamentali sui quali è stata costruita la nostra repubblica democratica, a dopo la devastante seconda guerra mondiale: la Costituzione repubblicana.
Come può una parte consistente dei parlamentari del Pd decidere di infischiarsene della Costituzione e dei principi sui quali si fondano lo Stato di diritto e le regole della democrazia, votando per la sospensione dell’attività parlamentare richiesta da una parte politica, il Pdl, come forma di protesta contro la Magistratura?
Viene da pensare che si sia trattato degli stessi parlamentari che, con assoluta indifferenza, non votarono Prodi alla Presidenza della Repubblica, qualche minuto dopo averlo candidato per acclamazione. E, cioè, quel ventre molle del partito che detiene la maggioranza, indifferente ad ogni valore e ad ogni etica pur di mantenere il potere.
La mancanza di spina dorsale (leggi: valori morali, etici e politici) in questo partito che rappresenta la stragrande maggioranza delle donne e degli uomini politicamente schierati a sinistra è il vero problema della politica italiana. Senza un partito della sinistra coeso intorno a valori e principi democratici, non si possono creare le condizioni di una vera alternanza di governo, determinando quella eterna palude del consociativismo, dei governi tecnici o delle larghe intese che hanno contribuito ad incancrenire la crisi facendola pagare tutta intera ai ceti più deboli della popolazione. Proprio quelli che dovrebbero essere gli interlocutori privilegiati di un grande partito della sinistra.
Che succede in questo nostro Paese? Cosa sarebbe necessario che gli italiani, tutti gli italiani “democratici”, facessero per far uscire il Paese da questa maleodorante palude?
È aperta la discussione.
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