I Rom e le politiche di inclusione. Il caso Alghero
Dalla Francia un'esperienza interessante.
Tonio Mura |
Partiamo da questa semplicissima considerazione: il principale responsabile della sanità pubblica, ad Alghero come altrove, è il sindaco.
Se un sindaco non ottempera a questi suoi doveri le conseguenze, per lui, possono essere anche molto spiacevoli.
Questo il nostro primo cittadino Stefano Lubrano lo sa, e sa anche che lo sgombero del campo Rom in loc. Arenosu, a qualche centinaio di metri dal centro abitato di Fertilia, ormai per lui e per la sua amministrazione è un atto obbligatorio.
Obbligatorio sarà anche bonificare e risanare l’intera area alberata che, se non è stata occupata abusivamente (c’è sempre stato il beneplacito delle varie amministrazioni comunali), di sicuro è stata usata in modo improprio e altamente pericoloso, se è vero che gli esperti hanno riscontrato sul terreno la presenza di piombo e di diossine.
Per la verità anche gli ultimi sindaci che hanno preceduto Lubrano sarebbero dovuti intervenire, perché tale situazione di disastro ambientale era nota. Ai tanti proclami però non sono mai seguiti atti concreti. In alcune precise circostanze sarebbero dovute intervenire anche le forze dell’ordine, perché dentro quel campo si sono regolarmente commessi dei reati ambientali, che nessun cittadino italiano può permettersi. Anche in questo caso, a parte qualche sporadica apparizione, forse si è stati troppo tolleranti, oltre ogni ragionevole forma di comprensione.
Poi c’è un’altra cosa che il sindaco Lubrano sa, e cioè che comunque ai Rom sgomberati bisogna offrire una accoglienza alternativa. Anche questo è un obbligo, sancito dalle leggi nazionali e internazionali a difesa delle minoranze etniche, di cui i Rom sono un’espressione.
Poi c’è un’altra cosa che il sindaco Lubrano sa, e cioè che comunque ai Rom sgomberati bisogna offrire una accoglienza alternativa. Anche questo è un obbligo, sancito dalle leggi nazionali e internazionali a difesa delle minoranze etniche, di cui i Rom sono un’espressione.
Quello che sorprende è che si è stabilita la data dello sgombero, cioè tra poco meno di un mese, ma non è dato sapere dove andranno a risiedere le famiglie Rom sgomberate. Si fanno delle ipotesi, è vero, ma sembra tutto campato in aria, e il tempo in questi casi è tiranno!
Va da sé, invece, che proprio questa è la principale preoccupazione di tanti cittadini algheresi, sapere cioè qual è l’identità dei prossimi coinquilini! Ma è anche la principale preoccupazione delle famiglie Rom, che comunque non condividono l’idea di essere tirati qua e là a seconda degli spazi disponibili, magari sottoponendo le stesse famiglie a trattamenti diversi. Sottovalutare questo elemento è un grave errore, sia amministrativo e sia politico, perché può diventare un elemento di disordine sociale, se non degenerare in comportamenti delittuosi.
Le linee d’indirizzo della Comunità Europea, da cui in genere arrivano le risorse per far fronte agli interventi di integrazione, invitano le comunità locali a progettare azioni che attendano ad almeno quattro principali esigenze, specialmente quando si parla di Rom: alloggio, istruzione, sanità e lavoro. E’ anche vero, poi, che sono diverse le osservazioni rivolte dalla stessa Comunità Europea all’Italia, per la mancanza o le manchevolezze del piano di accoglienza delle famiglie Rom. Infatti ogni sindaco fa da sé, fa quello che può e lo fa nella più totale solitudine. E se le cose vanno male paga di persona, cosa che ad Alghero si sta già verificando. Non mi sembra, infatti, che su questo tema ci stia mettendo la faccia anche qualche assessore o consigliere di maggioranza!
Tra le esperienze più interessanti in tema di integrazione Rom c’è quella francese. Qui la legge prevede che ogni comune con più di 5mila abitanti debba predisporre il suo campo d’accoglienza. I Rom sono suddivisi in stanziali, semistanziali e di passaggio. Agli stanziali si da un alloggio, singolo o all’interno di palazzine popolari. I semistanziali possono risiedere nel campo d’accoglienza ma possono anche usufruire di un piccolo terreno per una soluzione abitativa provvisoria. Quelli di passaggio devono fermarsi al campo d’accoglienza, spazio permettendo. Tutti devono pagare un affitto, l’acqua e la luce consumata. Tutti devono rispettare le regole, del condominio o del campo. E’ severamente vietato occupare abusivamente aree non destinate all’accoglienza dei Rom, chiedere l’elemosina, non mandare i figli a scuola, non rispettare il patto d’accoglienza.
Le linee d’indirizzo della Comunità Europea, da cui in genere arrivano le risorse per far fronte agli interventi di integrazione, invitano le comunità locali a progettare azioni che attendano ad almeno quattro principali esigenze, specialmente quando si parla di Rom: alloggio, istruzione, sanità e lavoro. E’ anche vero, poi, che sono diverse le osservazioni rivolte dalla stessa Comunità Europea all’Italia, per la mancanza o le manchevolezze del piano di accoglienza delle famiglie Rom. Infatti ogni sindaco fa da sé, fa quello che può e lo fa nella più totale solitudine. E se le cose vanno male paga di persona, cosa che ad Alghero si sta già verificando. Non mi sembra, infatti, che su questo tema ci stia mettendo la faccia anche qualche assessore o consigliere di maggioranza!
Tra le esperienze più interessanti in tema di integrazione Rom c’è quella francese. Qui la legge prevede che ogni comune con più di 5mila abitanti debba predisporre il suo campo d’accoglienza. I Rom sono suddivisi in stanziali, semistanziali e di passaggio. Agli stanziali si da un alloggio, singolo o all’interno di palazzine popolari. I semistanziali possono risiedere nel campo d’accoglienza ma possono anche usufruire di un piccolo terreno per una soluzione abitativa provvisoria. Quelli di passaggio devono fermarsi al campo d’accoglienza, spazio permettendo. Tutti devono pagare un affitto, l’acqua e la luce consumata. Tutti devono rispettare le regole, del condominio o del campo. E’ severamente vietato occupare abusivamente aree non destinate all’accoglienza dei Rom, chiedere l’elemosina, non mandare i figli a scuola, non rispettare il patto d’accoglienza.
Chi non rispetta le regole rischia il carcere, l’espulsione per sempre dalla Francia e il sequestro dell’auto o di altro mezzo di trasporto. Per sopravvivere i Rom della Francia svolgono lavori in proprio o alle dipendenze di altri. Tra i più soddisfatti dell’accoglienza, ma anche del rigore applicato quando non si rispettano le regole, ci sono i Rom; a dimostrazione del fatto che a fronte di un’accoglienza ben regolamentata e condivisa si è disposti anche ad accettare sanzioni severe per i trasgressori.
Mi sembra doveroso sottolineare che proprio i trasgressori, Rom di passaggio in Francia ma anche in Germania, preferiscono stabilirsi in Italia, dove il piano d’accoglienza nazionale è praticamente inesistente, i controlli sono sporadici se non del tutto assenti, e per quanto riguarda le strategie di sopravvivenza dei Rom si tollera anche quello che è palesemente fuori legge.
Dal riferimento alle altre esperienze si può imparare anche qualcosa di utile per casa nostra. Penso alla sottoscrizione di un Patto di accoglienza tra i rappresentanti delle famiglie Rom stanziali e l’amministrazione comunale. Vanno concordati, attraverso i servizi sociali, controlli periodici sulle condizioni igieniche, sulla frequenza scolastica dei bambini e dei ragazzi, sulla sicurezza degli alloggi. In questa direzione è importante che il nostro comune si doti della figura del mediatore culturale, perché non si dica, domani, che i patti non erano chiari o addirittura incomprensibili; ma anche perché i Rom possano avere un interlocutore credibile e agganciato alle istituzioni.
Mi sembra doveroso sottolineare che proprio i trasgressori, Rom di passaggio in Francia ma anche in Germania, preferiscono stabilirsi in Italia, dove il piano d’accoglienza nazionale è praticamente inesistente, i controlli sono sporadici se non del tutto assenti, e per quanto riguarda le strategie di sopravvivenza dei Rom si tollera anche quello che è palesemente fuori legge.
Dal riferimento alle altre esperienze si può imparare anche qualcosa di utile per casa nostra. Penso alla sottoscrizione di un Patto di accoglienza tra i rappresentanti delle famiglie Rom stanziali e l’amministrazione comunale. Vanno concordati, attraverso i servizi sociali, controlli periodici sulle condizioni igieniche, sulla frequenza scolastica dei bambini e dei ragazzi, sulla sicurezza degli alloggi. In questa direzione è importante che il nostro comune si doti della figura del mediatore culturale, perché non si dica, domani, che i patti non erano chiari o addirittura incomprensibili; ma anche perché i Rom possano avere un interlocutore credibile e agganciato alle istituzioni.
Penso che se non si vuole andare incontro all’ennesimo rinvio dello sgombero del campo dell’Arenosu, sia urgente individuare un campo di sosta provvisorio, dotato dei servizi essenziali, che risponda anche alle esigenze di mobilità dei Rom. Bisogna da subito precisare, poi, che l’occupazione abusiva di qualsiasi altra area comporterà lo sgombero immediato, insieme alle sanzioni previste in queste circostanze.
Se bisogna assegnare delle case, per esempio, è utile sapere quali sono le famiglie Rom stanziali, e a quali condizioni una famiglia Rom può essere definita stanziale e come potrà o dovrà partecipare alle spese. Sicuramente il Sindaco di Cagliari per questo tipo di soluzioni può essere considerato un precursore, almeno in Sardegna. Tuttavia quella esperienza insegna che il tema del disagio sociale va affrontato nel suo complesso, non trascurando i soggetti diversi dai Rom, per evitare le inevitabili reazioni e perché è doveroso che il Comune si doti di un piano organico per dare risposte a tutte le famiglie in difficoltà, nei limiti delle risorse disponibili e senza privilegiare qualche categoria in particolare. Questo Zedda allora non lo aveva fatto e ne ha subito le inevitabili contestazioni.
Io voglio credere che queste cose, e altre che ho trascurato (discariche abusive e comportamenti fuori norma, coinvolgimento delle forze dell’ordine e dell’associazionismo sociale, bilancio sociale dei risultati raggiunti in relazione alle risorse impegnate, lavoro per i capo-famiglia e azioni di sensibilizzazione sociale come chiede la Comunità Europea ecc.), siano dentro il piano di sgombero del 15 settembre p.v. Diversamente mi viene difficile comprendere la bontà di tale proposito, perché rimarrebbe un gesto isolato, obbligatorio ma isolato. Inidoneo a risolvere la complessità delle relazioni che riguardano la comunità Rom e i cittadini. I quali soggetti sono diversi per origine, storia e cultura e la prima discriminazione sarebbe non riconoscere le diversità di ciascuno. Integrare non vuol dire omologare!
Io voglio credere che queste cose, e altre che ho trascurato (discariche abusive e comportamenti fuori norma, coinvolgimento delle forze dell’ordine e dell’associazionismo sociale, bilancio sociale dei risultati raggiunti in relazione alle risorse impegnate, lavoro per i capo-famiglia e azioni di sensibilizzazione sociale come chiede la Comunità Europea ecc.), siano dentro il piano di sgombero del 15 settembre p.v. Diversamente mi viene difficile comprendere la bontà di tale proposito, perché rimarrebbe un gesto isolato, obbligatorio ma isolato. Inidoneo a risolvere la complessità delle relazioni che riguardano la comunità Rom e i cittadini. I quali soggetti sono diversi per origine, storia e cultura e la prima discriminazione sarebbe non riconoscere le diversità di ciascuno. Integrare non vuol dire omologare!
Ci sono abitudini di vita a cui i Rom non saprebbero mai rinunciare, neppure sotto la minaccia del regolamento del condominio. Pensarci prima a queste cose non sarebbe male; non pensarci affatto invece significa superficialità, pressapochismo e incoscienza. Con un’aggravante: che certe difese d’ufficio possono esasperare le posizioni e rendere ancora più difficile la mediazione. La quale mediazione, invece, per chi governa la città è un dovere, specialmente in termini preventivi, per evitare lo stupidario delle accuse reciproche di razzismo.
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