È possibile uscire dalla crisi algherese?
L’immagine che il centrosinistra ha mostrato agli elettori è, a dir poco, imbarazzante.
Antonio Budruni |
A poco più di un anno dalla vittoria elettorale, la coalizione è riuscita a far pentire migliaia di elettori per il voto espresso nell’estate del 2012.
La maggioranza dei cittadini, stanca e delusa dal decennio di malgoverno del centro-destra, aveva riposto aspettative e speranze in una coalizione che si era presentata con un programma convincente, con facce in gran parte nuove e pulite, con un candidato a sindaco che “sapeva cosa fare e come farlo” e con una dichiarata volontà di cambiamento della politica.Ma già dal giorno successivo alla prime scelte importanti del sindaco e dei consiglieri comunali – assessori giovani, scelti in base alle competenze, prevalenza di donne nell’esecutivo, un presidente del consiglio donna, nomine negli enti fatte in base ai curricula – una parte dei partiti di maggioranza ha cominciato a manifestare insofferenza e disagio, lamentando la scarsa (a loro dire) rappresentanza dei partiti in giunta e negli enti. In sostanza: l’attuazione del cambiamento promesso agli elettori non era gradito.
Anzi, quei segni di cambiamento erano nient’altro che “fuffa”, semplice vernice che copriva le cose importanti: la gestione del potere. Da subito, soprattutto da alcuni consiglieri del Pd, è venuta forte la richiesta di inserire i “politici” (leggi: consiglieri comunali) in giunta, di ritornare alle care e vecchie pratiche spartitorie e lottizzatorie senza le quali alcune forze del centrosinistra non saprebbero come amministrare la cosa pubblica.
Per essere chiari fino in fondo, quella logica prevede le seguenti priorità: prima si affidano gli incarichi a chi li merita per i voti presi; dopo si pensa ad affrontare i problemi della città. Se no, si blocca tutto.
Il sindaco, gettato nella mischia delle primarie da chi non aveva tempo o voglia per farlo in prima persona, senza alcuna precedente esperienza politica, sentendosi assediato dalle pretese dei partiti si è chiuso a riccio, contribuendo a complicare ulteriormente la situazione.
Da qui, l’inizio della fine. Un percorso suicida attuato, più o meno consapevolmente, dall’intera coalizione, salvo rarissime e lodevoli eccezioni.
Ciò che colpisce drammaticamente, e deve far riflettere tutti, è che è stata l’incapacità politica a determinare questo anno orribile.
Anziché la discussione e il dialogo, anziché tentare di trovare soluzioni vere ai problemi politici, si è scelta prevalentemente la disfida muscolare, la ripicca, l’agguato, l’aggressione, la delegittimazione di chi avevi scelto come compagno di squadra in campagna elettorale. Più che un confronto politico, agli occhi dell’opinione pubblica questa contesa all’interno del centrosinistra si è snodata come un bisticcio di bambini viziati e presuntuosi.
Ora che è davanti agli occhi di tutti il fallimento delle scelte compiute e delle dinamiche politiche (o pre-politiche?) messe in atto, le alternative sono solo due: o si vota la sfiducia al sindaco e si ridà la parola al popolo sovrano; oppure si cambia radicalmente il modo di stare all’interno di una coalizione e si intraprende l’unica strada maestra possibile, quella proposta alla fine di luglio dal Movimento “C’è un’Alghero migliore”: si definiscono (e si sottoscrivono) le modalità e i tempi di attuazione dei punti programmatici da qui al luglio 2014 e ci si muove da subito per attuarli, svolgendo ciascuno il ruolo che gli elettori hanno attribuito col voto (i consiglieri svolgono il ruolo per il quale sono stati eletti, il sindaco svolge il ruolo di capo dell’amministrazione e sceglie gli assessori, le forze politiche sostengo sindaco, giunta e consiglieri comunali e si occupano di mobilitare i cittadini, favorendo la partecipazione popolare alla scelta delle priorità da affrontare.
L’ho detto e l’ho scritto tante volte: ogni scorciatoia che allontani dalla corretta interpretazione dei ruoli e delle funzioni, è pericolosa e dannosa.
I fatti si sono incaricati di mostrarlo con abbagliante concretezza.
Errare è umano, perseverare è diabolico.
La maggioranza dei cittadini, stanca e delusa dal decennio di malgoverno del centro-destra, aveva riposto aspettative e speranze in una coalizione che si era presentata con un programma convincente, con facce in gran parte nuove e pulite, con un candidato a sindaco che “sapeva cosa fare e come farlo” e con una dichiarata volontà di cambiamento della politica.Ma già dal giorno successivo alla prime scelte importanti del sindaco e dei consiglieri comunali – assessori giovani, scelti in base alle competenze, prevalenza di donne nell’esecutivo, un presidente del consiglio donna, nomine negli enti fatte in base ai curricula – una parte dei partiti di maggioranza ha cominciato a manifestare insofferenza e disagio, lamentando la scarsa (a loro dire) rappresentanza dei partiti in giunta e negli enti. In sostanza: l’attuazione del cambiamento promesso agli elettori non era gradito.
Anzi, quei segni di cambiamento erano nient’altro che “fuffa”, semplice vernice che copriva le cose importanti: la gestione del potere. Da subito, soprattutto da alcuni consiglieri del Pd, è venuta forte la richiesta di inserire i “politici” (leggi: consiglieri comunali) in giunta, di ritornare alle care e vecchie pratiche spartitorie e lottizzatorie senza le quali alcune forze del centrosinistra non saprebbero come amministrare la cosa pubblica.
Per essere chiari fino in fondo, quella logica prevede le seguenti priorità: prima si affidano gli incarichi a chi li merita per i voti presi; dopo si pensa ad affrontare i problemi della città. Se no, si blocca tutto.
Il sindaco, gettato nella mischia delle primarie da chi non aveva tempo o voglia per farlo in prima persona, senza alcuna precedente esperienza politica, sentendosi assediato dalle pretese dei partiti si è chiuso a riccio, contribuendo a complicare ulteriormente la situazione.
Da qui, l’inizio della fine. Un percorso suicida attuato, più o meno consapevolmente, dall’intera coalizione, salvo rarissime e lodevoli eccezioni.
Ciò che colpisce drammaticamente, e deve far riflettere tutti, è che è stata l’incapacità politica a determinare questo anno orribile.
Anziché la discussione e il dialogo, anziché tentare di trovare soluzioni vere ai problemi politici, si è scelta prevalentemente la disfida muscolare, la ripicca, l’agguato, l’aggressione, la delegittimazione di chi avevi scelto come compagno di squadra in campagna elettorale. Più che un confronto politico, agli occhi dell’opinione pubblica questa contesa all’interno del centrosinistra si è snodata come un bisticcio di bambini viziati e presuntuosi.
Ora che è davanti agli occhi di tutti il fallimento delle scelte compiute e delle dinamiche politiche (o pre-politiche?) messe in atto, le alternative sono solo due: o si vota la sfiducia al sindaco e si ridà la parola al popolo sovrano; oppure si cambia radicalmente il modo di stare all’interno di una coalizione e si intraprende l’unica strada maestra possibile, quella proposta alla fine di luglio dal Movimento “C’è un’Alghero migliore”: si definiscono (e si sottoscrivono) le modalità e i tempi di attuazione dei punti programmatici da qui al luglio 2014 e ci si muove da subito per attuarli, svolgendo ciascuno il ruolo che gli elettori hanno attribuito col voto (i consiglieri svolgono il ruolo per il quale sono stati eletti, il sindaco svolge il ruolo di capo dell’amministrazione e sceglie gli assessori, le forze politiche sostengo sindaco, giunta e consiglieri comunali e si occupano di mobilitare i cittadini, favorendo la partecipazione popolare alla scelta delle priorità da affrontare.
L’ho detto e l’ho scritto tante volte: ogni scorciatoia che allontani dalla corretta interpretazione dei ruoli e delle funzioni, è pericolosa e dannosa.
I fatti si sono incaricati di mostrarlo con abbagliante concretezza.
Errare è umano, perseverare è diabolico.
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