La chiesa di Alghero-Bosa ha scelto: prima i giovani
Si deve puntare sulla loro interiorità e speranza.
Un momento del convegno |
Per due giorni, il 19 e il 20 di settembre, la Chiesa di Alghero-Bosa, guidata dal suo vescovo, S.E. monsignor Mauro Morfino, si è confrontata con uno dei temi più complessi del nostro tempo: i giovani.
L’occasione è stata il Convegno Ecclesiale Diocesano dal titolo “Giovane dove sei ?!”, e con l’aiuto e la competenza del pastoralista Don Josè Luis Moral, di esperienza internazionale, si è tracciato il quadro della odierna realtà giovanile. Una realtà difficile da interpretare, nonostante i numerosi studi che circolano al riguardo; una realtà che interpella tutte le agenzie educative, comprese le parrocchie e le comunità cristiane.
Ma chi è il giovane? Per Don Josè Luis Moral i giovani “sono più vittime che colpevoli”, per la semplice ragione che vivono un mondo costruito dagli adulti, e per gli adulti. Vivono nella “società del rischio” ma non sono loro ad averla voluta; vivono nella società che ha smarrito il senso della vita ma solo perché è così che l’hanno trovata.
Ma chi è il giovane? Per Don Josè Luis Moral i giovani “sono più vittime che colpevoli”, per la semplice ragione che vivono un mondo costruito dagli adulti, e per gli adulti. Vivono nella “società del rischio” ma non sono loro ad averla voluta; vivono nella società che ha smarrito il senso della vita ma solo perché è così che l’hanno trovata.
Nella società di ieri orientarsi era più facile, e la metafora presentata è stata quella dell’ “uomo bussola”, che aveva un nord fisso, e lì ruotava tutto il sistema dei valori. Ebbene, quella società non c’è più, e a poco vale rievocarla con nostalgia. La metafora che spiega il giovane di oggi è quella dell’ “uomo radar”, ed egli “si orienta attraverso uno schermo personale, dal cui centro parte un raggio luminoso, che reagisce con quanto si trova di fronte”.
I punti di riferimento non sono più fissi, le esperienze si moltiplicano, talvolta si rischia l’eccesso e lo smarrimento. Sono consumatori perché la società è consumistica; vogliono tutto e subito perché prevale il pensiero iper-individualista; vogliono divertirsi perché è l’unica cosa che li protegge dalle incertezze del futuro, “un futuro che vorrebbero diverso da quello che noi adulti gli abbiamo consegnato”.
Ma c’è un’altra metafora, per Don Luis, che apre alla speranza. Essa è veicolata dal mondo marinaresco: quella dell’ “opera morta” e dell’ “opera viva”. In una barca l’opera morta è quella che emerge dall’acqua, quella che si vede. L’opera viva invece è quella che sta sotto la superficie del mare, perché anche se non si vede è la parte che conta, quella che tiene a galla la barca e la fa muovere. Applicando la metafora ai giovani si capisce che dobbiamo cercare nella loro interiorità, nei loro desideri, nella loro speranza, perché è lì che si trova l’opera viva, il motore nascosto che li spinge a vivere questo mondo, nonostante tutto. Se vogliamo questo è stato uno dei passaggi più importanti del Convegno, che trasformano il giovane da “problema” a “profezia”, perché obbligano tutti –Chiesa compresa- a cambiare il modello interpretativo, il linguaggio, la comunicazione, il sistema delle relazioni. Il che significa non fare più le cose “per” i giovani ma farle “con” i giovani, in uno stile di accoglienza totale.
Tale analisi, poi, con l’apporto di Don Paolo Pala (Direttore dell’Ufficio catechistico della Diocesi di Tempio-Ampurias) è stata applicata ai giovani della Sardegna. I risultati generali non si discostano da quanto detto, con qualche specificità: la disoccupazione giovanile, il desiderio di realizzarsi lontano dalla propria terra (nuova emigrazione), la sfiducia verso la politica e le istituzioni (“tanto non cambia nulla”, dicono). Per contro però c’è una larga partecipazione dei giovani al volontariato e, sul piano politico, una crescente adesione alle idee indipendentiste.
Dal Convegno sono scaturite alcune scelte pastorali che coinvolgeranno la Chiesa di Alghero-Bosa per i prossimi anni, e in particolare quella di mettere al centro i giovani, di partire da una scelta che è stata definita “non neutrale”. Per gli educatori, ha detto Don Luis, si tratta di rimodulare, di trasformare, di cambiare lo stile educativo. Per parlare ai giovani bisogna stare con i giovani, non si tratta di offrire loro del tempo ma di dare la propria vita. Una gratuità che i giovani sanno apprezzare.
Durante la celebrazione finale, il vescovo Morfino, ha ammesso agli Ordini Sacri del Diaconato e del Presbiterato due giovani seminaristi della Diocesi: Pierpaolo Daga, della parrocchia Nostra Signora di Talia in Olmedo, e Gabriele Galleri, della parrocchia SS. Nome di Gesù di Alghero.
Ma c’è un’altra metafora, per Don Luis, che apre alla speranza. Essa è veicolata dal mondo marinaresco: quella dell’ “opera morta” e dell’ “opera viva”. In una barca l’opera morta è quella che emerge dall’acqua, quella che si vede. L’opera viva invece è quella che sta sotto la superficie del mare, perché anche se non si vede è la parte che conta, quella che tiene a galla la barca e la fa muovere. Applicando la metafora ai giovani si capisce che dobbiamo cercare nella loro interiorità, nei loro desideri, nella loro speranza, perché è lì che si trova l’opera viva, il motore nascosto che li spinge a vivere questo mondo, nonostante tutto. Se vogliamo questo è stato uno dei passaggi più importanti del Convegno, che trasformano il giovane da “problema” a “profezia”, perché obbligano tutti –Chiesa compresa- a cambiare il modello interpretativo, il linguaggio, la comunicazione, il sistema delle relazioni. Il che significa non fare più le cose “per” i giovani ma farle “con” i giovani, in uno stile di accoglienza totale.
Tale analisi, poi, con l’apporto di Don Paolo Pala (Direttore dell’Ufficio catechistico della Diocesi di Tempio-Ampurias) è stata applicata ai giovani della Sardegna. I risultati generali non si discostano da quanto detto, con qualche specificità: la disoccupazione giovanile, il desiderio di realizzarsi lontano dalla propria terra (nuova emigrazione), la sfiducia verso la politica e le istituzioni (“tanto non cambia nulla”, dicono). Per contro però c’è una larga partecipazione dei giovani al volontariato e, sul piano politico, una crescente adesione alle idee indipendentiste.
Dal Convegno sono scaturite alcune scelte pastorali che coinvolgeranno la Chiesa di Alghero-Bosa per i prossimi anni, e in particolare quella di mettere al centro i giovani, di partire da una scelta che è stata definita “non neutrale”. Per gli educatori, ha detto Don Luis, si tratta di rimodulare, di trasformare, di cambiare lo stile educativo. Per parlare ai giovani bisogna stare con i giovani, non si tratta di offrire loro del tempo ma di dare la propria vita. Una gratuità che i giovani sanno apprezzare.
Durante la celebrazione finale, il vescovo Morfino, ha ammesso agli Ordini Sacri del Diaconato e del Presbiterato due giovani seminaristi della Diocesi: Pierpaolo Daga, della parrocchia Nostra Signora di Talia in Olmedo, e Gabriele Galleri, della parrocchia SS. Nome di Gesù di Alghero.
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