Verso nuovi modelli di continuità territoriale
Non è lontano il tempo in cui muoversi sarà considerato un bene sociale, esattamente come la sanità e la scuola pubblica.
Tonio Mura |
Precisiamo innanzitutto cosa s’intende per continuità territoriale.
Lo si fa perché è sulle definizioni che spesso ci si confonde. È un diritto? Purtroppo ancora non lo è! È una garanzia? Si, attualmente è una garanzia. È sufficiente che sia una garanzia e non un diritto?
Assolutamente no, e lo dimostrano i continui rimaneggiamenti che una continuità considerata alla stregua di una garanzia comporta. Perché i diritti sono riconosciuti, le garanzie invece contrattate di volta in volta! Cosa garantisce la continuità territoriale?
Che i servizi di trasporto (soprattutto di mare e di cielo) non penalizzino i cittadini residenti nei territori più svantaggiati o meno favoriti. Le isole, per ovvie ragioni, rientrano in questi territori, ragion per cui la Sardegna è interessata dalla-alla continuità territoriale. Tuttavia due diritti, fortunatamente già riconosciuti, si collegano a quello di continuità territoriale: il diritto all’uguaglianza e il diritto alla mobilità. Si tratta di due diritti che in genere impegnano gli Stati, perché da un’uguaglianza generica si passi ad un’uguaglianza sostanziale, il che vuol dire che ci si impegna a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono tale risultato; e idem per il diritto alla mobilità, che nella sostanza significa non solo poter entrare in uno Stato diverso da quello di nascita ma anche viaggiare a costi ragionevoli e soprattutto poter operare in ambito commerciale a parità di costi di trasporto. Un nuovo modello di continuità territoriale dovrebbe affermare in modo chiarissimo che essa è un contenuto sostanziale del diritto alla mobilità dei cittadini e delle merci.
Data la definizione andiamo avanti. Quale sarebbe il modello ideale di continuità territoriale? Presto detto. Prendiamo due distanze: una via mare, per esempio Porto Torres-Genova; e una simile via terra. Ebbene, attraversare il mare dovrebbe avere gli stessi costi del percorso stradale o ferroviario, questa dovrebbe essere la vera continuità territoriale. Allo stato attuale però non è così, quindi il diritto sostanziale alla mobilità dei cittadini e delle merci non è riconosciuto. Se viaggio per mare, e porto con me l’auto, spendo molto di più del corrispettivo viaggio in autostrada o in treno. Va un po’ meglio se viaggio in aereo, ma spesso dipende anche dalle rotte. E poi i vantaggi non sono per tutti, specialmente in Sardegna, dove la condizione di residente discrimina chi non lo è. Va bene? No che non va bene, ma è su questa continuità territoriale discriminante che si fanno i conti!
Altra domanda: ma l’Unione Europea queste cose non le vede? Certo che le vede, ma finché il trasporto di passeggeri, di mezzi e di prodotti è considerato attività commerciale in regime di concorrenza c’è poco da fare.
Data la definizione andiamo avanti. Quale sarebbe il modello ideale di continuità territoriale? Presto detto. Prendiamo due distanze: una via mare, per esempio Porto Torres-Genova; e una simile via terra. Ebbene, attraversare il mare dovrebbe avere gli stessi costi del percorso stradale o ferroviario, questa dovrebbe essere la vera continuità territoriale. Allo stato attuale però non è così, quindi il diritto sostanziale alla mobilità dei cittadini e delle merci non è riconosciuto. Se viaggio per mare, e porto con me l’auto, spendo molto di più del corrispettivo viaggio in autostrada o in treno. Va un po’ meglio se viaggio in aereo, ma spesso dipende anche dalle rotte. E poi i vantaggi non sono per tutti, specialmente in Sardegna, dove la condizione di residente discrimina chi non lo è. Va bene? No che non va bene, ma è su questa continuità territoriale discriminante che si fanno i conti!
Altra domanda: ma l’Unione Europea queste cose non le vede? Certo che le vede, ma finché il trasporto di passeggeri, di mezzi e di prodotti è considerato attività commerciale in regime di concorrenza c’è poco da fare.
Chi organizza il nostro viaggio, cioè la Compagnia aerea o marittima, è uno che vende un prodotto, così come altri vendono pesci o lavatrici. Significa che il tutto è finalizzato ad un profitto, che alla fine rimane nella sola disponibilità del venditore.
Come si misura il benessere di un’azienda? Dalle proporzioni della vendita e dal profitto che questa genera. Questa è la regola generale, che vale quasi per tutti e che sta alla base del libero mercato; poi c’è un’eccezione, e cioè il mancato profitto delle compagnie aeree e marittime che viaggiano in regime di continuità.
È chiaro che se ciò accade, e accade, vuol dire che nel sistema di assegnazione delle rotte c’è qualcosa che non funziona. Le varianti sono tre: la Compagnia fa beneficenza, la Compagnia non sa fare i conti, la Compagnia ci vuole fregare! Non sto qui a spiegare perché escludo da subito le prime due varianti e invece mi concentro sulla terza.
Il piatto della continuità territoriale aerea è molto ricco (50 milioni di euro solo per la Sardegna), ma è vincolato ad un contratto di servizio pubblico, che lega le compagnie al rispetto di certe condizioni. Meridiana, per bocca del suo AD Scaramella, non partecipa ai bandi per i voli da Cagliari e da Alghero perché c’è solo da perdere! Partecipa ad Olbia, invece, perché il guadagno è garantito. In Sicilia però si dice pronto a offrire ai residenti voli da Palermo e da Catania a 50 euro a tratta, destinazione tutta l’Italia. Sentite sentite: senza aiuti di Stato! Meno, molto meno di quanto pagano i sardi in continuità territoriale.
Peggio però è andata per i passaggi via mare, dove prima si è fatto cartello, impedendo la concorrenza, e poi si è proceduto ad un aumento sconsiderato dei biglietti, nonostante i 70 milioni di contributo statale per garantire il servizio pubblico di continuità marittima. Sembra un paradosso: più aumentano gli aiuti alle Compagnie e peggio va per i passeggeri!
È fin troppo evidente che il sistema dei bandi e delle assegnazioni non funziona; è urgente cercare un nuovo modello di continuità che da una parte metta alla pari tutti quelli che per motivi di lavoro o semplicemente per turismo si muovono sul territorio nazionale ed europeo; dall’altro faccia chiarezza sui reali costi di un volo o di una attraversata in regime di servizio pubblico, stabilendo i parametri di variabilità utili ad innescare una concorrenza leale tra le varie compagnie.
Viviamo in un Continente dove le necessità del vivere hanno prodotto la sanità e la scuola pubblica; esse sono mantenute da un sistema solidaristico basato sul pagamento delle tasse, e ne usufruiscono anche coloro che le tasse non le pagano. La cura della salute e l’istruzione sono due pilastri della società democratica, moderna e pluralista.
Un terzo pilastro si fa spazio, ed è quello della mobilità sostanziale, vera, alla portata di tutti. La continuità territoriale e i voli low cost dimostrano che a certe condizioni tale mobilità è possibile, con vantaggi non indifferenti per il benessere delle persone e per il progresso economico.
Non è lontano il tempo in cui muoversi sarà considerato un bene sociale, esattamente come la sanità e la scuola pubblica. Nell’immediato, se si vuole raggiungere tale obiettivo, ci sono due possibilità per recuperare le risorse utili allo scopo: ridimensionare l’esercito e le spese militari, e poi affrancare le Compagnie disponibili a garantire un vero servizio pubblico a favore della continuità, non caricandole di alcune tasse che, alla fine, pesano sempre sul portafoglio o sulla pay card di chi paga il biglietto.
Quanto sarei felice se la battaglia per la conquista del diritto sostanziale alla mobilità delle persone e delle merci partisse proprio dalla nostra Isola, che tanto ancora paga sul piano produttivo ed economico per l’inadeguatezza dei servizi di trasporto, sia pubblici che privati.
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