Sorvegliare e punire (edizione piazza Juharia)
L'uso promuove l'organo.
L'uso promuove l'organo. Potete solo immaginare quanta ilarità provocava questa frase del docente di biologia in noi scolari delle medie imbottiti di ormoni della pubertà.
Eppure è proprio così: l'uso promuove l'organo; e vale anche per gli spazi pubblici.
La segnalazione del Wwf e di qualche facebookaro sullo stato della piazza Juharia sono meritorie perché sollevano un'importante questione. Tuttavia le soluzioni "securitarie" che vengono proposte potrebbero essere precipitose, e anzi rischiano di far velo della natura del problema, e della soluzione.
Senza dubbio, sorvegliare e punire produce l'esito. Militarizzare le piazza con persone armate in divisa taglia la testa al toro. Ma la taglia forse un po' troppo.
Come vengono usati gli spazi dipende dal senso che chi li usa attribuisce a loro. In generale, quando gli spazi vengono usati da utenti diversi e da "popolazioni" multiple, che se ne "servono" per scopi diversi, è allora che può emergere quel sano controllo sociale che dà luogo al loro uso "civile" e "pubblico".
Questa consapevolezza è una delle più leggibili qualità del progetto della piazza e del complesso. Per questo quello spazio anziché un cul-de-sac è stato pensato permeabile e accessibile dai dintorni, dal centro storico, dai bastioni e dal porto. E diventerà uno spazio pubblico solo quando gli utenti diversi e le popolazioni multiple inizieranno a farne uso e a mescolarsi: cittadini, studenti, utenti della biblioteca, turisti e avventori. Questo darà le migliori chance perché avvenga quell'ordinario miracolo dell'uso civile degli spazi pubblici, che si ripete quotidianamente in molti luoghi di tutte le città del mondo (Alghero compresa) senza eccessive sorveglianze e senza eccessive punizioni.
Sono invece spesso il monouso e l'iperspecializzazione degli spazi a rendere in generale necessaria la sorveglianza e a degradare la qualità dei luoghi pubblici. Che sia il monouso di quattro scalmanati che li trasforma in non-luoghi pubblici, o che sia l'iperspecializzazione turistica che li trasforma in luoghi non-pubblici attraverso moderni meccanismi delle chiudende, espropriazioni e recinti esclusivi.
Gli spazi pubblici sono non per quello che sono, ma per quello che se ne fa.
L'uso promuove l'organo. Potete solo immaginare quanta ilarità provocava questa frase del docente di biologia in noi scolari delle medie imbottiti di ormoni della pubertà.
Eppure è proprio così: l'uso promuove l'organo; e vale anche per gli spazi pubblici.
La segnalazione del Wwf e di qualche facebookaro sullo stato della piazza Juharia sono meritorie perché sollevano un'importante questione. Tuttavia le soluzioni "securitarie" che vengono proposte potrebbero essere precipitose, e anzi rischiano di far velo della natura del problema, e della soluzione.
Senza dubbio, sorvegliare e punire produce l'esito. Militarizzare le piazza con persone armate in divisa taglia la testa al toro. Ma la taglia forse un po' troppo.
Come vengono usati gli spazi dipende dal senso che chi li usa attribuisce a loro. In generale, quando gli spazi vengono usati da utenti diversi e da "popolazioni" multiple, che se ne "servono" per scopi diversi, è allora che può emergere quel sano controllo sociale che dà luogo al loro uso "civile" e "pubblico".
Questa consapevolezza è una delle più leggibili qualità del progetto della piazza e del complesso. Per questo quello spazio anziché un cul-de-sac è stato pensato permeabile e accessibile dai dintorni, dal centro storico, dai bastioni e dal porto. E diventerà uno spazio pubblico solo quando gli utenti diversi e le popolazioni multiple inizieranno a farne uso e a mescolarsi: cittadini, studenti, utenti della biblioteca, turisti e avventori. Questo darà le migliori chance perché avvenga quell'ordinario miracolo dell'uso civile degli spazi pubblici, che si ripete quotidianamente in molti luoghi di tutte le città del mondo (Alghero compresa) senza eccessive sorveglianze e senza eccessive punizioni.
Sono invece spesso il monouso e l'iperspecializzazione degli spazi a rendere in generale necessaria la sorveglianza e a degradare la qualità dei luoghi pubblici. Che sia il monouso di quattro scalmanati che li trasforma in non-luoghi pubblici, o che sia l'iperspecializzazione turistica che li trasforma in luoghi non-pubblici attraverso moderni meccanismi delle chiudende, espropriazioni e recinti esclusivi.
Gli spazi pubblici sono non per quello che sono, ma per quello che se ne fa.
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