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Tragedie di Lampedusa e accoglienza dei profughi
L'ospitalità è un obbligo ma va organizzata bene.
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Vittorio Guillot |
Dopo le ripetute tragedie nel mare di Lampedusa, che non sono certo le prime e, temo, non saranno neppure le ultime, un coro unanime ci ricorda che abbiamo un “dovere di accoglienza” verso coloro che fuggono da guerre e miserie terribili.
Che si tratti di guerre e miserie terribili mi sembra assolutamente fuori discussione perché nessun uomo si esporrebbe per altre ragioni a viaggi così pericolosi e pieni di spaventose incognite.
Passando, però, dalle lacrime troppe volte fugaci, a fatti concreti , credo che il problema principale che debba essere posto ai nostri governanti, dopo quello di una efficace organizzazione della ricerca e del soccorso della vita umana in mare e della prima accoglienza, sia quello della integrazione di quei poveretti e, cioè le questioni connesse al lavoro regolare e quello della casa da offrire loro. A questi due fattori , a mio avviso, si deve aggiungere inevitabilmente quello relativo alla pretesa che rispettino le nostre leggi e i nostri usi e costumi.
Credo poco nella applicazione delle sanzioni penali connesse al reato di immigrazione clandestina. Infatti penso che le persone che affrontano viaggi così terribili se ne freghino altamente di ricevere un pezzo di carta con su scritto “ avviso di garanzia”. Quelle denunce, infatti ingolferebbero le Procure mentre quei procedimenti penali finirebbero prescritti. Molto più efficaci, anche se non facili, sarebbero, invece, gli interventi tesi a prevenire quelle partenze. Occorrerebbe, cioè impegnarsi politicamente, finanziariamente, economicamente, diplomaticamente e militarmente per stabilizzare i Paesi di provenienza aiutando quei popoli a essere governati da chi gode del loro consenso e ne favorisca lo sviluppo economico e sociale. Si dirà che questo tipo di interventi avrebbe un costo, anche di vite umane, che sarebbe pagato anche da noi.
È vero, ma il problema delle masse di diseredati che premono alle nostre frontiere finisce per investire anche noi europei, che rischiamo seriamente di essere travolti da quelle migrazioni. Occorrerebbe anche sapere quali sono le bande criminali , europee e arabe, che organizzano e lucrano su quei viaggi della speranza e stroncarle.
Teniamo presente, in ogni modo, che se non riusciremo a governare quelle emigrazioni gli immigrati continuerebbero ad essere abbandonati a se stessi, a finire nelle grinfie della criminalità o di chi li sfrutta con il lavoro “nero” o degli strozzini che fanno loro pagare affitti carissimi per alloggi fatiscenti.
È forse questa l’ospitalità che vogliamo dare? Non occorre essere dei profeti per capire che le situazioni negative si scaricherebbero con forza principalmente sulla parte più debole delle nostre stesse popolazioni e, per reazione, si incrementerebbe il razzismo e il rifiuto dello straniero.
Le condanne verbali e i pianti per le povere vittime, in altre parole, non servirebbero a niente se non fossero accompagnate da concrete politiche dell’immigrazione e sugli interventi “oltre mare”.
È chiaro, spero non solo per me, che l’Italia, di fronte a questa situazione, debba fare la sua parte, e , in verità, la sta facendo. Comunque, per evitare il collasso, deve pretendere che se ne faccia carico, e in fretta, l'Unione Europea e che si elabori, finalmente, una politica estera comunitaria sugli aiuti a quei popoli, sul soccorso e sulla accoglienza dei profughi e dei perseguitati e, ovviamente, sul respingimento dei delinquenti.
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