Alghero e il pericolo Cleopatra
Da noi la conta dei morti sarebbe stata alta, tragicamente alta.
Tonio Mura |
Cosa sarebbe successo se il ciclone Cleopatra anziché sfiorarci fosse passato esattamente sulle nostre teste, sulla città di Alghero e nei suoi dintorni? Rispondo subito: sarebbe stato un disastro, più o meno quello che è capitato ad Olbia, e anche da noi la conta dei morti sarebbe stata alta, tragicamente alta.
Questa convinzione non mi viene dalle competenze che non ho in campo idrogeologico o meteo, bensì da quello che conosco e ho visto accadere nel tempo e a causa dell’acqua, cioè di quel bene prezioso che non poche volte mostra il volto sadico e vendicativo del serial killer.
Questa convinzione non mi viene dalle competenze che non ho in campo idrogeologico o meteo, bensì da quello che conosco e ho visto accadere nel tempo e a causa dell’acqua, cioè di quel bene prezioso che non poche volte mostra il volto sadico e vendicativo del serial killer.
L’hanno chiamato Cleopatra, e forse mai nome fu così ben azzeccato, considerati i due volti della Regina d’Egitto: quello della bellezza e della sensualità e quello della spietata vendicatrice, tanto che non è stata clemente neanche con se stessa.
Ad Alghero basta una notte di pioggia battente per allagare le strade della passeggiata Barcellona, per mettere in difficoltà le attività ristorative di Via Cavour e le persone che ancora risiedono nei sottani del centro storico. Ci vuole assai di meno per allagare i marciapiedi di via Valverde e di via S.Agostino oppure la strada per Sassari appena più in là del Cimitero, in zona La Purissima e Caragol. Per non parlare della piscina a cielo aperto che si forma a lato della concessionaria della Fiat, in via Antonio De Curtis, oppure del mare e delle alghe che invadono la carreggiata della rotonda che conduce a Fertilia e delle onde che scavano i bastioni nei pressi della Torre di S.Giacomo, causando lo smottamento del terrapieno. Non sto parlando di storia, di cose accadute e rese inoffensive. Mi riferisco alla nostra quotidianità autunnale, a quando due giorni fa ho visto un vigile in divisa che, mosso a pietà, si è messo a spalare acqua in una corsia della passeggiata Barcellona insieme agli altri operai del Comune. Nel mentre altri vigili deviavano il traffico e volutamente evitavano di ascoltare le imprecazioni di qualche autista infastidito. E fin qui sono sicuro di aver trascurato altre situazioni di pari importanza.
Voglio tuttavia evidenziare altri elementi, meno vistosi ma sicuramente decisivi nel caso una bomba d’acqua dovesse riversarsi nelle nostre campagne e nelle zone a monte della città. Penso, per esempio, alla fragilità della copertura del canalone che fuoriesce a S.Giovanni e a quello che è accaduto qualche decina di anni fa per il blocco causato dai detriti trascinati dalla violenza dell’acqua all’altezza di via degli Orti e nel punto dove sussisteva uno dei pochi tratti coperti del canale. I fatti sono così noti che ritengo inutile anche descriverli! Oggi quel canale è un budello che da via Barraccu scende verso il mare, coperto di cemento e asfalto, sotto il fiume e sopra la strada, una strada peraltro intensamente trafficata dagli studenti che vogliono raggiungere le diverse scuole superiori della città. Non sappiamo se in quel canale si effettuano ispezioni periodiche, non sappiamo come vengono svolte le manutenzioni, come viene controllato il tappo di alghe che si forma a mare, non sappiamo se le condizioni della condotta sono ancora ottimali, anche se i recenti interventi prossimi all’incrocio di via Vittorio Emanuele non ce lo fanno pensare. Eppure quel canale fu realizzato per prevenire le alluvioni che dalla zona S.Angeli andavano ad interessare le campagne che si affacciavano al mare. Si racconta che proprio lì, agli inizi degli anni ’50, un’onda d’acqua proveniente dalle parti alte della campagna algherese trascinò via dalla sua casa una mamma e due bambine, decretandone l’inattesa morte.
E’ di questi giorni, e la Voce di Alghero se ne è fatta portavoce, la denuncia del Comitato Rinascita della Bonifica a proposito della scarsa se non assente manutenzione dei canali di scolo dell’acqua piovana nell’agro di Alghero. La cosa non è di poco conto, perché l’agro di Alghero è intensamente abitato e in esso sussistono aziende agricole e turistiche di una certa rilevanza che, come abbiamo visto nelle parti colpite dal ciclone Cleopatra, possono essere spazzate via dall’impeto dell’acqua nel tempo di qualche minuto! Poi ci sono le campagne a monte della città (S.Giuliano, Monte Ricciu, La Scaletta, Valverde ecc.), cioè i luoghi da dove più di frequente si è formata la massa d’acqua alluvionale. Tra i miei ricordi c’è l’allagamento del piano interrato del Green Hotel, in Viale della Resistenza, e degli scantinati e dei box delle case vicine. Fu allora che si decise di progettare il canale di raccolta che attraversa appunto le campagne prossime alla città della Scaletta e di Valverde. Naturalmente in che condizioni versi oggi quell’opera a noi non è dato sapere; quello che sappiamo è che gli abitanti dell’agro sono abbastanza preoccupati, e questo ci basta per intuire che né a nord né a sud della città sia stato fatto quello che era ed è necessario fare.
Poi ci sono i corsi d’acqua, dai principali Rio Filibertu, Rio Barca, Rio Calvia a quelli minori, secchi d’estate ma molto attivi quando la pioggia si fa insistente, come in questi giorni. Spesso questi corsi sono invasi dalle canne e dagli arbusti, ostruiti da cedimenti di terra o di pietre se non addirittura dalla caduta di alberi. Le zone interessate sono tante, da Valverde a Carrabuffas, da Surigheddu a Mamuntanas, e tutte le campagne a confine con lo stagno del Calic. Ci sono, ancora, le strutture già precarie per l’età, figuriamoci davanti ad un evento eccezionale, ad esempio il Pont de Serra in zona Punta Moro. Di esso si parla sempre, ogni qualvolta il tempo gira a male e l’acqua gonfia i torrenti, ma chiedere cosa effettivamente in questi anni sia stato fatto per rinforzare quella struttura è come parlare ai sordi (con tutto rispetto dei sordi che lo sono davvero).
Mi fermo, perché tanto basta per poter riconoscere, con lealtà e senza infingimenti, che anche la nostra è una cittadina a serio rischio idrogeologico. In questi giorni si è parlato delle tante responsabilità degli amministratori del territorio, della speculazione edilizia che amplifica i danni che già di per sé provoca un evento naturale e potente come il ciclone Cleopatra, si è parlato di protezione civile, di piani di emergenza che mancano. E mancano anche ad Alghero, purtroppo!
A me l’idea che un’onda alluvionale possa essere alta due metri e che in dodici ore possa cadere l’acqua di sei mesi mi preoccupa e non poco. Specialmente se penso che siamo quasi completamente sguarniti davanti a emergenze di un certo tipo e sperando di sbagliarmi, sperando che qualcuno mi dica che non è così, che la situazione è sotto controllo e che è stato fatto tutto il possibile per limitare i danni. Il vigile e gli operai che ho visto in azione nella passeggiata Barcellona spalavano a mano, eppure una piccola motopompa a benzina fa molto di più di dieci uomini, più velocemente e a costi decisamente più contenuti. Ma se non c’è la motopompa da 500 euro posso immaginare il resto!
Mi piacerebbe sapere, poi, almeno sul piano statistico, il numero degli interventi dei vigili del fuoco di Alghero per svuotare scantinati e seminterrati durante la stagione invernale. Credo che si accenderebbe un campanello di allarme. Quindi posso augurarmi solo poche cose: che la situazione meteo si normalizzi al più presto, che i paesi alluvionati possano risollevarsi, che la solidarietà continui anche dopo l’effetto mediatico e, infine, che non passi invano il sacrificio di chi è stato inghiottito dall’onda assassina. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
Ad Alghero basta una notte di pioggia battente per allagare le strade della passeggiata Barcellona, per mettere in difficoltà le attività ristorative di Via Cavour e le persone che ancora risiedono nei sottani del centro storico. Ci vuole assai di meno per allagare i marciapiedi di via Valverde e di via S.Agostino oppure la strada per Sassari appena più in là del Cimitero, in zona La Purissima e Caragol. Per non parlare della piscina a cielo aperto che si forma a lato della concessionaria della Fiat, in via Antonio De Curtis, oppure del mare e delle alghe che invadono la carreggiata della rotonda che conduce a Fertilia e delle onde che scavano i bastioni nei pressi della Torre di S.Giacomo, causando lo smottamento del terrapieno. Non sto parlando di storia, di cose accadute e rese inoffensive. Mi riferisco alla nostra quotidianità autunnale, a quando due giorni fa ho visto un vigile in divisa che, mosso a pietà, si è messo a spalare acqua in una corsia della passeggiata Barcellona insieme agli altri operai del Comune. Nel mentre altri vigili deviavano il traffico e volutamente evitavano di ascoltare le imprecazioni di qualche autista infastidito. E fin qui sono sicuro di aver trascurato altre situazioni di pari importanza.
Voglio tuttavia evidenziare altri elementi, meno vistosi ma sicuramente decisivi nel caso una bomba d’acqua dovesse riversarsi nelle nostre campagne e nelle zone a monte della città. Penso, per esempio, alla fragilità della copertura del canalone che fuoriesce a S.Giovanni e a quello che è accaduto qualche decina di anni fa per il blocco causato dai detriti trascinati dalla violenza dell’acqua all’altezza di via degli Orti e nel punto dove sussisteva uno dei pochi tratti coperti del canale. I fatti sono così noti che ritengo inutile anche descriverli! Oggi quel canale è un budello che da via Barraccu scende verso il mare, coperto di cemento e asfalto, sotto il fiume e sopra la strada, una strada peraltro intensamente trafficata dagli studenti che vogliono raggiungere le diverse scuole superiori della città. Non sappiamo se in quel canale si effettuano ispezioni periodiche, non sappiamo come vengono svolte le manutenzioni, come viene controllato il tappo di alghe che si forma a mare, non sappiamo se le condizioni della condotta sono ancora ottimali, anche se i recenti interventi prossimi all’incrocio di via Vittorio Emanuele non ce lo fanno pensare. Eppure quel canale fu realizzato per prevenire le alluvioni che dalla zona S.Angeli andavano ad interessare le campagne che si affacciavano al mare. Si racconta che proprio lì, agli inizi degli anni ’50, un’onda d’acqua proveniente dalle parti alte della campagna algherese trascinò via dalla sua casa una mamma e due bambine, decretandone l’inattesa morte.
E’ di questi giorni, e la Voce di Alghero se ne è fatta portavoce, la denuncia del Comitato Rinascita della Bonifica a proposito della scarsa se non assente manutenzione dei canali di scolo dell’acqua piovana nell’agro di Alghero. La cosa non è di poco conto, perché l’agro di Alghero è intensamente abitato e in esso sussistono aziende agricole e turistiche di una certa rilevanza che, come abbiamo visto nelle parti colpite dal ciclone Cleopatra, possono essere spazzate via dall’impeto dell’acqua nel tempo di qualche minuto! Poi ci sono le campagne a monte della città (S.Giuliano, Monte Ricciu, La Scaletta, Valverde ecc.), cioè i luoghi da dove più di frequente si è formata la massa d’acqua alluvionale. Tra i miei ricordi c’è l’allagamento del piano interrato del Green Hotel, in Viale della Resistenza, e degli scantinati e dei box delle case vicine. Fu allora che si decise di progettare il canale di raccolta che attraversa appunto le campagne prossime alla città della Scaletta e di Valverde. Naturalmente in che condizioni versi oggi quell’opera a noi non è dato sapere; quello che sappiamo è che gli abitanti dell’agro sono abbastanza preoccupati, e questo ci basta per intuire che né a nord né a sud della città sia stato fatto quello che era ed è necessario fare.
Poi ci sono i corsi d’acqua, dai principali Rio Filibertu, Rio Barca, Rio Calvia a quelli minori, secchi d’estate ma molto attivi quando la pioggia si fa insistente, come in questi giorni. Spesso questi corsi sono invasi dalle canne e dagli arbusti, ostruiti da cedimenti di terra o di pietre se non addirittura dalla caduta di alberi. Le zone interessate sono tante, da Valverde a Carrabuffas, da Surigheddu a Mamuntanas, e tutte le campagne a confine con lo stagno del Calic. Ci sono, ancora, le strutture già precarie per l’età, figuriamoci davanti ad un evento eccezionale, ad esempio il Pont de Serra in zona Punta Moro. Di esso si parla sempre, ogni qualvolta il tempo gira a male e l’acqua gonfia i torrenti, ma chiedere cosa effettivamente in questi anni sia stato fatto per rinforzare quella struttura è come parlare ai sordi (con tutto rispetto dei sordi che lo sono davvero).
Mi fermo, perché tanto basta per poter riconoscere, con lealtà e senza infingimenti, che anche la nostra è una cittadina a serio rischio idrogeologico. In questi giorni si è parlato delle tante responsabilità degli amministratori del territorio, della speculazione edilizia che amplifica i danni che già di per sé provoca un evento naturale e potente come il ciclone Cleopatra, si è parlato di protezione civile, di piani di emergenza che mancano. E mancano anche ad Alghero, purtroppo!
A me l’idea che un’onda alluvionale possa essere alta due metri e che in dodici ore possa cadere l’acqua di sei mesi mi preoccupa e non poco. Specialmente se penso che siamo quasi completamente sguarniti davanti a emergenze di un certo tipo e sperando di sbagliarmi, sperando che qualcuno mi dica che non è così, che la situazione è sotto controllo e che è stato fatto tutto il possibile per limitare i danni. Il vigile e gli operai che ho visto in azione nella passeggiata Barcellona spalavano a mano, eppure una piccola motopompa a benzina fa molto di più di dieci uomini, più velocemente e a costi decisamente più contenuti. Ma se non c’è la motopompa da 500 euro posso immaginare il resto!
Mi piacerebbe sapere, poi, almeno sul piano statistico, il numero degli interventi dei vigili del fuoco di Alghero per svuotare scantinati e seminterrati durante la stagione invernale. Credo che si accenderebbe un campanello di allarme. Quindi posso augurarmi solo poche cose: che la situazione meteo si normalizzi al più presto, che i paesi alluvionati possano risollevarsi, che la solidarietà continui anche dopo l’effetto mediatico e, infine, che non passi invano il sacrificio di chi è stato inghiottito dall’onda assassina. Chi ha orecchie per intendere, intenda.
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