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Gli inquietanti primati delle servitù militari in Sardegna
Il Poligono sperimentale più grande e più importante d’Europa è un vero e proprio teatro di morte.
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Tonio Mura |
Quando parliamo di servitù militari in Sardegna dobbiamo necessariamente sbriciolare numeri da record.
L’estensione dei territori vincolati per attività funzionali all’esercito o addirittura destinati ad esercitazioni militari è pari a 35.000 ettari, quasi come la nuova provincia di Sassari.
Se consideriamo però le aree marine interdette alla pesca e a qualsiasi altra attività civile ne viene che le servitù militari hanno un’estensione pari, se non superiore, a tutto il territorio della nostra Isola.L’esposizione della Sardegna a questo tipo di limitazioni non ha eguali né in Italia né in Europa.
Tra Lanusei, Villaputzu, Perdasdefogu e Quirra si trova il Poligono sperimentale più grande e più importante d’Europa, un vero e proprio teatro di morte dove la finzione, o meglio le simulazioni di guerra, hanno prodotto e continuano a produrre decine di morti, sia tra i militari impegnati nelle esercitazioni e sia tra la popolazione civile.
Sono gli effetti delle armi moderne, di quelle arricchite con i sottoprodotti della fusione nucleare, come l’uranio impoverito; un modo considerato geniale per riconvertire i prodotti di scarto delle centrali nucleari. La potenza di tali armi è tale da fondere i metalli, compresi quelli pesanti contenuti nei missili o nelle bombe. L’impatto produce anche le cosiddette nano-particelle, sostanze che hanno la capacità di introdursi nel DNA (compreso quello umano), causando malformazioni fetali o varie forme di cancro. Gli effetti di tali armi però non si limitano a colpire la vita umana o quella animale; i pastori di Perdasdefogu raccontano che la pioggia di rottami, derivanti dallo scoppio di bombe o di missili, spesso rallenta o impedisce la crescita di erba, anche per più di due anni. Naturalmente i pascoli ne rimangono contaminati, con grave pericolo per la vita degli animali e degli stessi pastori.
A Capo Teulada invece i cingoli dei carri armati hanno devastato una delle zone dunali più belle della Sardegna. E’ stata distrutta anche la macchia mediterranea bassa e i crateri provocati dai continui bombardamenti ci consegnano un paesaggio deformato e spettrale, altamente inquinato. A Decimomannu ci sono periodi in cui gli aerei militari decollano e atterrano con una frequenza impressionante. La città trema e l’inquinamento acustico è tra i più alti che si possano immaginare, anche durante le ore notturne. Il 17 ottobre 2003 un sottomarino americano a propulsione nucleare, diretto alla Base americana di Santo Stefano, si è incagliato sulla Secca dei Monaci, a poche miglia dall’Arcipelago de La Maddalena. Pare che ci sia stato un rilascio di radiazioni. Da un’intervista a un sottoufficiale della Marina italiana in servizio a La Maddalena veniamo a sapere che gli americani non si sono mai riportati a casa l’acqua radioattiva dei loro propulsori a reazione nucleare, l’hanno sempre riversata in mare! C’è il sospetto, denunciato da alcune associazioni contrarie alle servitù militari, che il trasferimento del G8 da La Maddalena all’Aquila del terremoto, abbia una motivazione che smentisce tutte le buone intenzioni umanitarie dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e cioè l’inefficacia e la beffa delle bonifiche e la concentrazione di elementi radioattivi. Un esempio fra tutti: sono i francesi ad aver segnalato una presenza di torio (altro sottoprodotto della fusione nucleare) centinaia di volte superiore alla norma, fissato soprattutto sulle alghe rosse dei fondali, con tutto ciò che ne consegue per la fauna marina e non solo. Cagliari è tra i dodici porti italiani ad emergenza nucleare per via del transito e dell’approdo di navi e sommergibili a propulsione ed armamento atomico. Per prof. Zucchetti, docente di impianti nucleari al Politecnico di Torino, una disfunzione di queste navi può produrre conseguenze paragonabili al disastro di Chernobyl.
Naturalmente i più esposti al rischio di gravi malattie sono i militari, non sempre sufficientemente informati sulla pericolosità delle armi utilizzate o protetti contro le radiazioni. La tendenza è quella di nascondere o di ridimensionare tale pericolo, anche se ormai si contano centinaia di morti. Purtroppo i dati forniti hanno il difetto dell’incompletezza, proprio a causa della continua manipolazione delle informazioni. Per Fulvio Accame, presidente dell’ ANAVAFAF (Associazione che assiste i familiari delle vittime arruolatesi nelle Forse armate), il numero dei militari morti a causa dell’uranio impoverito varia tra gli 80 e i 160, e tra questi ci sono quelli che hanno prestato servizio in Sardegna nonché i militari sardi. Il numero dei militari malati invece varia tra i 300 e i 2500. Si tratta di numeri che superano di gran lunga quello dei militari che purtroppo hanno perso la vita in Afghanistan!
Anche i pescatori del sud della Sardegna sono toccati dagli effetti dei giochi di guerra lungo le coste e periodicamente devono fermare le loro barche in porto, in cambio di un indennizzo. Molti di essi però ormai cominciano a denunciare gli effetti devastanti delle battaglie simulate in mare. Il pesce scarseggia e non raramente le loro reti catturano la ferraglia bellica, residuati di dubbia provenienza e di indichiarato pericolo. Essi stessi si espongono al rischio di malattie ma le cronache talvolta raccontano di bombe inesplose attaccate alle reti, il che la dice lunga sulla sicurezza in mare per questi lavoratori. E’ dei giorni scorsi la notizia che a Capo Teulada l’Esercito italiano vuole costruire due villaggi per simulare situazioni di guerra in Medio Oriente e in una ipotetica metropoli moderna. Una notizia che spiega per intero quale rispetto e considerazione si porta per i nostri territori, esponendoli sempre di più agli effetti di guerre che si definiscono simulate ma che lasciano sul terreno veleni chimici sotto varie forme.
Ebbene, davanti a questa strage, continuano ad essere inascoltati o fraintesi coloro che chiedono la dismissione dei siti militari, spesso affittati ai fabbricanti di armi (o di morte) per dare dimostrazione del potere distruttivo dei loro mortali prodotti, luoghi dove le armi si provano e si vendono! Non pochi attivisti hanno dovuto subire l’attacco di personaggi istituzionali di dubbia coscienza morale, che anziché chiedere o pretendere la verità sui pericoli legati alle esercitazioni militari si sono prodigati in discutibili difese d’ufficio, sino a minacciare tutti coloro che diffondevano notizie considerate dannose per l’immagine dei territori. Il minimo che poteva capitare era una denuncia con richiesta di risarcimento per i possibili danni causati alla vocazione produttiva o turistica di certe zone! Chi da Lanusei indagava sulla Sindrome di Quirra, cioè il pm Domenico Fiordalisi, si è visto trasferito al Tribunale di Tempio. Di fatto l’indagine è stata volutamente silenziata, anche perché erano coinvolte alcune delle massime autorità dell’esercito italiano. Chi, da libero cittadino, indagava sulle scie chimiche rilasciate nei cieli di Sardegna, è scomparso in mare durante una battuta di pesca e il suo corpo non è stato mai ritrovato. Era il 2009 e l’attivista si chiamava Franco Caddeo. Poi c’è il mistero del mercantile Lucina, che pare imbarcasse armi nella rada a nord di Capo Ferrato. L’equipaggio fu sgozzato in Algeria nel 1994. Si salvarono solo due membri dell’equipaggio che si fermarono a Cagliari per una breve licenza. Uno di essi apparteneva all’organizzazione paramilitare Gladio e svolgeva attività di spionaggio in Algeria. Morirà quattro anni dopo in circostanze misteriose. Nel 1994 morirono anche due finanzieri che volavano in elicottero ( il Volpe 132) al largo di Capo Ferrato. Pare avessero avvistato operazioni strane attorno alla nave Lucina, giusto il tempo per essere abbattuti da un missile; così nel racconto di un testimone oculare.
Definito il quadro, abbastanza inquietante, veniamo alle domande: ma i sardi cosa ci guadagnano dalle servitù militari? C’è un’equivalenza tra il valore dei territori vincolati dalle servitù e le ricadute economiche per la popolazione? Di fatto dentro le servitù è impegnato anche personale civile, ovviamente in attività non militari, e questi ne ricavano uno stipendio. Poi ci sono gli indennizzi, , specialmente per i Comuni che più di altri sopportano il peso dei vincoli. Tuttavia l’impegno economico non è rispettato con puntualità, mancano gli aggiornamenti e quindi l’equivalenza tra il bene tolto e quello restituito sotto forma di denaro. In poche parole: la Sardegna ci sta perdendo! Perché è un territorio fortemente militarizzato, perché le simulazioni di guerra rilasciano forti concentrazioni di prodotti tossici, quando non radioattivi. Perché non danno alcuna prospettiva di sviluppo alle attività economiche locali (pastorizia, pesca, agricoltura, allevamento, turismo ecc.). Perché cresce il numero degli aborti e il numero dei malati (e anche dei morti) a causa della sperimentazione di armi moderne, perché non c’è e non potrebbe mai esserci una giusta proporzione tra i danni subiti e i risarcimenti in denaro. Perché con le servitù i sardi vengono espropriati delle loro terre, del loro mare e del loro pezzo di cielo; perché i giochi di guerra costano, e anche tanto, e quei soldi meglio sarebbero spesi per costruire nuove scuole o nuovi ospedali, anche più palestre pubbliche o campi di calcio. Perché non si può pensare che in questa nostra bellissima terra i giovani per non emigrare debbano arruolarsi, perché non è giusto consegnare alle nuove generazioni territori contaminati da bonificare, perché nessun sardo vuole sentirsi complice dei mercanti di armi. Perché la Sardegna e il suo popolo hanno il diritto all’autodeterminazione, cioè di decidere in casa propria, quindi di pretendere la smilitarizzazione dell’isola (abbiamo dato già abbastanza), di essere sostenuti economicamente nell’opera di bonifica (come giusto indennizzo) e di poter scegliere il futuro produttivo dei territori liberati, soprattutto un futuro di pace, non simulata ma reale, per i sardi e per tutti i popoli del Mediterraneo frades nostrus.
A Capo Teulada invece i cingoli dei carri armati hanno devastato una delle zone dunali più belle della Sardegna. E’ stata distrutta anche la macchia mediterranea bassa e i crateri provocati dai continui bombardamenti ci consegnano un paesaggio deformato e spettrale, altamente inquinato. A Decimomannu ci sono periodi in cui gli aerei militari decollano e atterrano con una frequenza impressionante. La città trema e l’inquinamento acustico è tra i più alti che si possano immaginare, anche durante le ore notturne. Il 17 ottobre 2003 un sottomarino americano a propulsione nucleare, diretto alla Base americana di Santo Stefano, si è incagliato sulla Secca dei Monaci, a poche miglia dall’Arcipelago de La Maddalena. Pare che ci sia stato un rilascio di radiazioni. Da un’intervista a un sottoufficiale della Marina italiana in servizio a La Maddalena veniamo a sapere che gli americani non si sono mai riportati a casa l’acqua radioattiva dei loro propulsori a reazione nucleare, l’hanno sempre riversata in mare! C’è il sospetto, denunciato da alcune associazioni contrarie alle servitù militari, che il trasferimento del G8 da La Maddalena all’Aquila del terremoto, abbia una motivazione che smentisce tutte le buone intenzioni umanitarie dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e cioè l’inefficacia e la beffa delle bonifiche e la concentrazione di elementi radioattivi. Un esempio fra tutti: sono i francesi ad aver segnalato una presenza di torio (altro sottoprodotto della fusione nucleare) centinaia di volte superiore alla norma, fissato soprattutto sulle alghe rosse dei fondali, con tutto ciò che ne consegue per la fauna marina e non solo. Cagliari è tra i dodici porti italiani ad emergenza nucleare per via del transito e dell’approdo di navi e sommergibili a propulsione ed armamento atomico. Per prof. Zucchetti, docente di impianti nucleari al Politecnico di Torino, una disfunzione di queste navi può produrre conseguenze paragonabili al disastro di Chernobyl.
Naturalmente i più esposti al rischio di gravi malattie sono i militari, non sempre sufficientemente informati sulla pericolosità delle armi utilizzate o protetti contro le radiazioni. La tendenza è quella di nascondere o di ridimensionare tale pericolo, anche se ormai si contano centinaia di morti. Purtroppo i dati forniti hanno il difetto dell’incompletezza, proprio a causa della continua manipolazione delle informazioni. Per Fulvio Accame, presidente dell’ ANAVAFAF (Associazione che assiste i familiari delle vittime arruolatesi nelle Forse armate), il numero dei militari morti a causa dell’uranio impoverito varia tra gli 80 e i 160, e tra questi ci sono quelli che hanno prestato servizio in Sardegna nonché i militari sardi. Il numero dei militari malati invece varia tra i 300 e i 2500. Si tratta di numeri che superano di gran lunga quello dei militari che purtroppo hanno perso la vita in Afghanistan!
Anche i pescatori del sud della Sardegna sono toccati dagli effetti dei giochi di guerra lungo le coste e periodicamente devono fermare le loro barche in porto, in cambio di un indennizzo. Molti di essi però ormai cominciano a denunciare gli effetti devastanti delle battaglie simulate in mare. Il pesce scarseggia e non raramente le loro reti catturano la ferraglia bellica, residuati di dubbia provenienza e di indichiarato pericolo. Essi stessi si espongono al rischio di malattie ma le cronache talvolta raccontano di bombe inesplose attaccate alle reti, il che la dice lunga sulla sicurezza in mare per questi lavoratori. E’ dei giorni scorsi la notizia che a Capo Teulada l’Esercito italiano vuole costruire due villaggi per simulare situazioni di guerra in Medio Oriente e in una ipotetica metropoli moderna. Una notizia che spiega per intero quale rispetto e considerazione si porta per i nostri territori, esponendoli sempre di più agli effetti di guerre che si definiscono simulate ma che lasciano sul terreno veleni chimici sotto varie forme.
Ebbene, davanti a questa strage, continuano ad essere inascoltati o fraintesi coloro che chiedono la dismissione dei siti militari, spesso affittati ai fabbricanti di armi (o di morte) per dare dimostrazione del potere distruttivo dei loro mortali prodotti, luoghi dove le armi si provano e si vendono! Non pochi attivisti hanno dovuto subire l’attacco di personaggi istituzionali di dubbia coscienza morale, che anziché chiedere o pretendere la verità sui pericoli legati alle esercitazioni militari si sono prodigati in discutibili difese d’ufficio, sino a minacciare tutti coloro che diffondevano notizie considerate dannose per l’immagine dei territori. Il minimo che poteva capitare era una denuncia con richiesta di risarcimento per i possibili danni causati alla vocazione produttiva o turistica di certe zone! Chi da Lanusei indagava sulla Sindrome di Quirra, cioè il pm Domenico Fiordalisi, si è visto trasferito al Tribunale di Tempio. Di fatto l’indagine è stata volutamente silenziata, anche perché erano coinvolte alcune delle massime autorità dell’esercito italiano. Chi, da libero cittadino, indagava sulle scie chimiche rilasciate nei cieli di Sardegna, è scomparso in mare durante una battuta di pesca e il suo corpo non è stato mai ritrovato. Era il 2009 e l’attivista si chiamava Franco Caddeo. Poi c’è il mistero del mercantile Lucina, che pare imbarcasse armi nella rada a nord di Capo Ferrato. L’equipaggio fu sgozzato in Algeria nel 1994. Si salvarono solo due membri dell’equipaggio che si fermarono a Cagliari per una breve licenza. Uno di essi apparteneva all’organizzazione paramilitare Gladio e svolgeva attività di spionaggio in Algeria. Morirà quattro anni dopo in circostanze misteriose. Nel 1994 morirono anche due finanzieri che volavano in elicottero ( il Volpe 132) al largo di Capo Ferrato. Pare avessero avvistato operazioni strane attorno alla nave Lucina, giusto il tempo per essere abbattuti da un missile; così nel racconto di un testimone oculare.
Definito il quadro, abbastanza inquietante, veniamo alle domande: ma i sardi cosa ci guadagnano dalle servitù militari? C’è un’equivalenza tra il valore dei territori vincolati dalle servitù e le ricadute economiche per la popolazione? Di fatto dentro le servitù è impegnato anche personale civile, ovviamente in attività non militari, e questi ne ricavano uno stipendio. Poi ci sono gli indennizzi, , specialmente per i Comuni che più di altri sopportano il peso dei vincoli. Tuttavia l’impegno economico non è rispettato con puntualità, mancano gli aggiornamenti e quindi l’equivalenza tra il bene tolto e quello restituito sotto forma di denaro. In poche parole: la Sardegna ci sta perdendo! Perché è un territorio fortemente militarizzato, perché le simulazioni di guerra rilasciano forti concentrazioni di prodotti tossici, quando non radioattivi. Perché non danno alcuna prospettiva di sviluppo alle attività economiche locali (pastorizia, pesca, agricoltura, allevamento, turismo ecc.). Perché cresce il numero degli aborti e il numero dei malati (e anche dei morti) a causa della sperimentazione di armi moderne, perché non c’è e non potrebbe mai esserci una giusta proporzione tra i danni subiti e i risarcimenti in denaro. Perché con le servitù i sardi vengono espropriati delle loro terre, del loro mare e del loro pezzo di cielo; perché i giochi di guerra costano, e anche tanto, e quei soldi meglio sarebbero spesi per costruire nuove scuole o nuovi ospedali, anche più palestre pubbliche o campi di calcio. Perché non si può pensare che in questa nostra bellissima terra i giovani per non emigrare debbano arruolarsi, perché non è giusto consegnare alle nuove generazioni territori contaminati da bonificare, perché nessun sardo vuole sentirsi complice dei mercanti di armi. Perché la Sardegna e il suo popolo hanno il diritto all’autodeterminazione, cioè di decidere in casa propria, quindi di pretendere la smilitarizzazione dell’isola (abbiamo dato già abbastanza), di essere sostenuti economicamente nell’opera di bonifica (come giusto indennizzo) e di poter scegliere il futuro produttivo dei territori liberati, soprattutto un futuro di pace, non simulata ma reale, per i sardi e per tutti i popoli del Mediterraneo frades nostrus.
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