I costi della politica e la responsabilità del cittadino elettore
Rinnovare non vuol dire cambiare il centro-destra col centro-sinistra (l’esperienza Lubrano insegna!).
Tonio Mura |
Il caso Barracciu, e la sua esclusione dalla competizione elettorale, la dice lunga sul peso che riveste oggi la magistratura nella vita politica sarda.
L’indagine sull’utilizzo dei fondi pubblici destinati ai gruppi consiliari regionali di fatto ci consegna consiglieri già reclusi, altri agli arresti domiciliari, altri ancora semplicemente indagati.
Sotto torchio ci sono i partiti rappresentati in consiglio regionale, e tra i nomi coinvolti figurano anche esponenti politici di spicco, che avevano una larga base elettorale.
Tutto ciò accade perché c’è il sospetto che le cifre non siano state utilizzate per scopi politici ma per spese personali di vario genere, configurandosi così il reato di peculato.
Una cosa, al di là di quello che sarà l’esito delle indagini, è certa: la politica regionale sta dando di sé la peggiore immagine possibile, e tutto questo alle porte della nuova competizione elettorale del 16 febbraio.
Pur precisando che essere indagati non vuol dire essere colpevoli, è sicuro che se le indagini sono state avviate vuol dire che c’è il dubbio che possa essere accaduto qualcosa di illegale, e che tale dubbio è supportato da prove che giustificano l’inizio dell’azione giudiziaria. Se, alla fine, molti (o pochi) degli indagati risulteranno effettivamente puliti, rimarrà nell’opinione pubblica la sensazione che la corruzione o il mal costume siano una malattia endemica della politica, dilatandosi così la sfiducia verso i partiti e i loro esponenti. Quanto di peggio potesse accadere prima delle elezioni, quasi a giustificare la massa di quelli che si rifiuteranno di partecipare al voto.
Tuttavia non è solo questo il problema! Lo dico perché è dai tempi di Tangentopoli (anni ’90) che è stato scoperchiato il tombino della corruzione, eppure ancora esso continua a spargere il suo nauseabondo contenuto, senza alcuna distinzione tra i vecchi e i nuovi politici, dove i nuovi sono quelli che hanno sostituito i primi promettendo la moralizzazione della politica, però con quel fare gattopardesco di risorgimentale memoria che tanto piace ai politici italiani e, a quanto pare, anche ai politici sardi, quindi per non cambiare assolutamente nulla e godere degli stessi privilegi.
Detto questo veniamo a quello che m’interessa di più: la responsabilità del cittadino elettore. Sono convinto che esercitare il diritto di voto, oggi più di ieri, voglia dire mettere in atto la forma di protesta più temuta dai politici in carriera, quelli dentro il sistema dei favoritismi della casta e toccati o solo sfiorati dalle indagini in corso. Con la sua scelta il cittadino-elettore ha il potere si scegliere la nuova classe politica sarda, sganciandola dal sistema dei poteri forti che immobilizzano la politica, specialmente in Sardegna (i grandi potentati economici ed imprenditoriali, l’informazione e i media in genere, le banche e le loro fondazioni, la stessa Chiesa locale quando dichiara una preferenza di persona e non di contenuto, ecc. ecc.). Rinnovare non vuol dire cambiare il centro-destra col centro-sinistra (l’esperienza Lubrano insegna!), neppure cambiare i nomi o l’età (ci sono giovani mentalmente molto vecchi, purtroppo); rinnovare è accettare il rischio, rimettere tutto in gioco, rimescolare le carte per giocare davvero una nuova partita, andando a rimettere in discussione anche l’assetto geo-politico dello Stato (visto che penalizza soprattutto la nostra isola).
Questo ragionamento però s’infrange quando si scontra con quelli che sono i limiti della democrazia moderna, che per quanto sia la migliore possibile (Popper) è anche quella che si basa di più sul consenso e di meno sulla competenza. Che i partiti abbiano il compito di selezionare la classe politica e di definire le liste elettorali lo do per scontato. Meno scontato è che dentro le liste ci finiscano solo persone serie, competenti, autonome e oneste. Essere candidati però non vuol dire essere eletti. Per essere eletti ci vogliono i voti, ed ecco che ritorna la forza del cittadino-elettore. O la sua debolezza!
Se si votano i partiti di sempre (anche quando cambiano nome), se sono sempre le stesse persone che alla fine vengono elette, se si moltiplicano i mandati e il politico fa mettere radici alla sua poltrona, è proprio vero che il cittadino-elettore non c’entra? Io sostengo di no, anzi esagero: mi sorprende l’ipocrisia di tutti quelli che vanno a votare sapendo di non fare la cosa giusta ma ci vanno! Vanno a eleggere il candidato che ha promesso di più, sapendo già in partenza che quelle promesse non saranno mantenute. E lo fanno perché magari gli sono debitori di un piacere, di qualcosa che col suo favore hanno ottenuto, magari senza infrangere la legge ma sicuramente con un occhio di riguardo in più, la classica spintarella. E se questo è il sistema c’è poco da stare allegri o grillini: il limite della democrazia moderna è che non sempre vengono eletti i candidati migliori! Di conseguenza la politica costa e non produce, e più costa e meno è credibile. Quando il mito di Berlusconi è crollato ho scoperto che nessuno lo aveva votato, e dovevo pure crederci! Così per Dalema, per Di Pietro, sino a giungere ai nostri Soru e Lubrano!
La questione allora è solo una: quanto il cittadino-elettore è ancora disposto a farsi manipolare? Quanto il cittadino elettore è disposto a liberarsi dalle logiche clientelari e scegliere il cambiamento? Quanto il cittadino-elettore sa esercitare il suo diritto di voto in modo responsabile? Lo chiedo perché sono convinto che se non cambiano le teste e inutile attendersi un cambiamento dalle urne.
Pur precisando che essere indagati non vuol dire essere colpevoli, è sicuro che se le indagini sono state avviate vuol dire che c’è il dubbio che possa essere accaduto qualcosa di illegale, e che tale dubbio è supportato da prove che giustificano l’inizio dell’azione giudiziaria. Se, alla fine, molti (o pochi) degli indagati risulteranno effettivamente puliti, rimarrà nell’opinione pubblica la sensazione che la corruzione o il mal costume siano una malattia endemica della politica, dilatandosi così la sfiducia verso i partiti e i loro esponenti. Quanto di peggio potesse accadere prima delle elezioni, quasi a giustificare la massa di quelli che si rifiuteranno di partecipare al voto.
Tuttavia non è solo questo il problema! Lo dico perché è dai tempi di Tangentopoli (anni ’90) che è stato scoperchiato il tombino della corruzione, eppure ancora esso continua a spargere il suo nauseabondo contenuto, senza alcuna distinzione tra i vecchi e i nuovi politici, dove i nuovi sono quelli che hanno sostituito i primi promettendo la moralizzazione della politica, però con quel fare gattopardesco di risorgimentale memoria che tanto piace ai politici italiani e, a quanto pare, anche ai politici sardi, quindi per non cambiare assolutamente nulla e godere degli stessi privilegi.
Detto questo veniamo a quello che m’interessa di più: la responsabilità del cittadino elettore. Sono convinto che esercitare il diritto di voto, oggi più di ieri, voglia dire mettere in atto la forma di protesta più temuta dai politici in carriera, quelli dentro il sistema dei favoritismi della casta e toccati o solo sfiorati dalle indagini in corso. Con la sua scelta il cittadino-elettore ha il potere si scegliere la nuova classe politica sarda, sganciandola dal sistema dei poteri forti che immobilizzano la politica, specialmente in Sardegna (i grandi potentati economici ed imprenditoriali, l’informazione e i media in genere, le banche e le loro fondazioni, la stessa Chiesa locale quando dichiara una preferenza di persona e non di contenuto, ecc. ecc.). Rinnovare non vuol dire cambiare il centro-destra col centro-sinistra (l’esperienza Lubrano insegna!), neppure cambiare i nomi o l’età (ci sono giovani mentalmente molto vecchi, purtroppo); rinnovare è accettare il rischio, rimettere tutto in gioco, rimescolare le carte per giocare davvero una nuova partita, andando a rimettere in discussione anche l’assetto geo-politico dello Stato (visto che penalizza soprattutto la nostra isola).
Questo ragionamento però s’infrange quando si scontra con quelli che sono i limiti della democrazia moderna, che per quanto sia la migliore possibile (Popper) è anche quella che si basa di più sul consenso e di meno sulla competenza. Che i partiti abbiano il compito di selezionare la classe politica e di definire le liste elettorali lo do per scontato. Meno scontato è che dentro le liste ci finiscano solo persone serie, competenti, autonome e oneste. Essere candidati però non vuol dire essere eletti. Per essere eletti ci vogliono i voti, ed ecco che ritorna la forza del cittadino-elettore. O la sua debolezza!
Se si votano i partiti di sempre (anche quando cambiano nome), se sono sempre le stesse persone che alla fine vengono elette, se si moltiplicano i mandati e il politico fa mettere radici alla sua poltrona, è proprio vero che il cittadino-elettore non c’entra? Io sostengo di no, anzi esagero: mi sorprende l’ipocrisia di tutti quelli che vanno a votare sapendo di non fare la cosa giusta ma ci vanno! Vanno a eleggere il candidato che ha promesso di più, sapendo già in partenza che quelle promesse non saranno mantenute. E lo fanno perché magari gli sono debitori di un piacere, di qualcosa che col suo favore hanno ottenuto, magari senza infrangere la legge ma sicuramente con un occhio di riguardo in più, la classica spintarella. E se questo è il sistema c’è poco da stare allegri o grillini: il limite della democrazia moderna è che non sempre vengono eletti i candidati migliori! Di conseguenza la politica costa e non produce, e più costa e meno è credibile. Quando il mito di Berlusconi è crollato ho scoperto che nessuno lo aveva votato, e dovevo pure crederci! Così per Dalema, per Di Pietro, sino a giungere ai nostri Soru e Lubrano!
La questione allora è solo una: quanto il cittadino-elettore è ancora disposto a farsi manipolare? Quanto il cittadino elettore è disposto a liberarsi dalle logiche clientelari e scegliere il cambiamento? Quanto il cittadino-elettore sa esercitare il suo diritto di voto in modo responsabile? Lo chiedo perché sono convinto che se non cambiano le teste e inutile attendersi un cambiamento dalle urne.
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