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Alghero: la disperazione sta emergendo drammaticamente
Da lunedì spero che qualcuno trovi un momento per pensare a chi vive male questo presente.
Qualche giorno fa, in un articolo pubblicato su questo giornale scrivevo, a proposito di una donna algherese accovacciata davanti ad un supermercato in attesa della solidarietà degli affrettati acquirenti, che
I commenti nei social network sono anch’essi, spesso, frutto della disperazione. Le responsabilità sono attribuite tutte intere ai politici locali, senza più alcuna distinzione di schieramento: tutti uguali e tutti incapaci, ladri e menefreghisti allo stesso modo.
Come dare torto a chi, disperato, non sa più cosa inventarsi, cos’altro fare, per uscire da una situazione che vie d’uscita non ne ha?
Io non credo che la crisi attuale sia colpa dei politici locali. E sono convinto che anche le famiglie algheresi che vivono più di altre le difficoltà e la disperazione attribuiscano le responsabilità all’amministrazione locale solo perché è la più vicina, quella alla quale, comunque, ci si può rivolgere.
Ciò che credo, invece, debba essere attribuito alla politica locale è una certa indifferenza rispetto al tema. Non se ne parla: se non in campagna elettorale per raggranellare qualche voto.
Invece, i politici, la politica, dovrebbero fare due cose, importanti:
occuparsi del problema, anche se è difficile in ambito locale rastrellare risorse per affrontarlo;
battersi accanto alle famiglie bisognose per non accentuare lo stato di isolamento e di abbandono nel quale vivono.
Penso che la politica, l’amministrazione, la popolazione tutta debbano riscoprire il valore (e il dovere) della solidarietà. So che alcuni amministratori, qualche politico, le associazioni di volontariato e anche singoli cittadini si occupano delle famiglie meno abbienti, delle persone sole, anziane, malate. Ma si tratta, appunto, di scelte individuali. Manca uno slancio collettivo di una popolazione (guidata dagli amministratori, dalla politica) che ponga al centro dei suoi interessi e delle sue preoccupazioni la condizione di disagio dei propri concittadini e, tutti insieme, ciascuno in base alle proprie possibilità, facciano la loro parte per alleviare una situazione sempre più insopportabile.
È vero che non è facile; che ci possono essere remore di vario genere nel mettersi a disposizione degli altri. E, tuttavia, non credo che ci possano essere alternative efficaci se non uno slancio generale di solidarietà e di fratellanza.
Venerdì si concluderà la campagna elettorale per le regionali. Da lunedì spero che qualcuno, tra i partiti, i movimenti, tra i candidati delle decine di liste impegnati a tempo pieno nella caccia al voto, trovi un momento per pensare a che cosa si può fare per i nostri concittadini che vivono male, molto male, questo presente.
Ne riparleremo.
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Budruni |
Qualche giorno fa, in un articolo pubblicato su questo giornale scrivevo, a proposito di una donna algherese accovacciata davanti ad un supermercato in attesa della solidarietà degli affrettati acquirenti, che
“Questa è solo la punta dell’iceberg di un’umanità sofferente, dolente, schiantata dalla crisi economica. Sono centinaia le famiglie algheresi (e non solo) che sono costrette a ricorrere alla carità pubblica e privata. Famiglie che vedono ridurre, giorno dopo giorno, la propria dignità e, soprattutto, si disperano per non riuscire a garantire ai propri figli il minimo necessario per un’esistenza libera e dignitosa, nella quale ci sia spazio anche per i sogni, per un futuro migliore”.Le cronache di questi giorni confermano, ancor più drammaticamente, l’emergere di una disperazione che si diffonde e penetra in profondità nella carne di viva di donne, uomini, anziani e bambini.
I commenti nei social network sono anch’essi, spesso, frutto della disperazione. Le responsabilità sono attribuite tutte intere ai politici locali, senza più alcuna distinzione di schieramento: tutti uguali e tutti incapaci, ladri e menefreghisti allo stesso modo.
Come dare torto a chi, disperato, non sa più cosa inventarsi, cos’altro fare, per uscire da una situazione che vie d’uscita non ne ha?
Io non credo che la crisi attuale sia colpa dei politici locali. E sono convinto che anche le famiglie algheresi che vivono più di altre le difficoltà e la disperazione attribuiscano le responsabilità all’amministrazione locale solo perché è la più vicina, quella alla quale, comunque, ci si può rivolgere.
Ciò che credo, invece, debba essere attribuito alla politica locale è una certa indifferenza rispetto al tema. Non se ne parla: se non in campagna elettorale per raggranellare qualche voto.
Invece, i politici, la politica, dovrebbero fare due cose, importanti:
occuparsi del problema, anche se è difficile in ambito locale rastrellare risorse per affrontarlo;
battersi accanto alle famiglie bisognose per non accentuare lo stato di isolamento e di abbandono nel quale vivono.
Penso che la politica, l’amministrazione, la popolazione tutta debbano riscoprire il valore (e il dovere) della solidarietà. So che alcuni amministratori, qualche politico, le associazioni di volontariato e anche singoli cittadini si occupano delle famiglie meno abbienti, delle persone sole, anziane, malate. Ma si tratta, appunto, di scelte individuali. Manca uno slancio collettivo di una popolazione (guidata dagli amministratori, dalla politica) che ponga al centro dei suoi interessi e delle sue preoccupazioni la condizione di disagio dei propri concittadini e, tutti insieme, ciascuno in base alle proprie possibilità, facciano la loro parte per alleviare una situazione sempre più insopportabile.
È vero che non è facile; che ci possono essere remore di vario genere nel mettersi a disposizione degli altri. E, tuttavia, non credo che ci possano essere alternative efficaci se non uno slancio generale di solidarietà e di fratellanza.
Venerdì si concluderà la campagna elettorale per le regionali. Da lunedì spero che qualcuno, tra i partiti, i movimenti, tra i candidati delle decine di liste impegnati a tempo pieno nella caccia al voto, trovi un momento per pensare a che cosa si può fare per i nostri concittadini che vivono male, molto male, questo presente.
Ne riparleremo.
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