Mentre a Roma si discute (o si bisticcia?), Sagunto brucia
L’analisi delle ragioni della sconfitta del centrosinistra algherese nelle elezioni regionali è fondamentale per non ripetere gli errori del passato.
Budruni |
Come hanno già avuto modo di evidenziare i giornalisti sardi e, in modo particolare, quelli del nord Sardegna, la provincia di Sassari ha letteralmente spinto Pigliaru alla presidenza della regione.
Negli oltre 60 comuni della provincia, il centrosinistra si è affermato in 39 casi, ha perso in 24 e pareggiato in 2.
Alghero è tra i comuni nei quali Pigliaru e la coalizione di centrosinistra hanno perso. I commentatori politici locali hanno attributo le ragioni di questa sconfitta alla tradizionale forza della destra algherese e, in modo particolare, all’exploit dell’ex sindaco Marco Tedde che, in città, con le sue 3594 preferenze, ha sbaragliato tutti gli altri candidati.
Prendiamo per buone, momentaneamente, le valutazioni dei succitati commentatori e cerchiamo di capire se collimino con la realtà.
Nel 2009, una città “destrorsa” elegge in Consiglio regionale due esponenti del centrosinistra algherese, mentre la destra vince le elezioni regionali. I due sono: Mario Bruno del Pd (5245 preferenze nella circoscrizione sassarese) e Carlo Sechi di Rifondazione comunista. Il dato che più impressionò, allora, l’opinione pubblica fu proprio la grande affermazione del candidato algherese del Pd, che fece volare il partito in città oltre il 25% dei voti. Curiosamente, nelle elezioni del 2014 è accaduto ciò che era già capitato nel 2009, ma a parti invertite. Con alcune significative differenze, però. Nel 2009, ad Alghero aveva vinto il candidato alla presidenza Cappellacci, ma erano stati eletti consiglieri due esponenti del centrosinistra (oltre a Pietrino Fois, di centro-destra). Oggi, rivince Cappellacci, viene eletto un consigliere di centro-destra e nessuno di centrosinistra.
Quindi, sul punto relativo ad un orientamento politico generalmente di centro-destra, in città, si potrebbe convenire con i commentatori di cui sopra. Ciò non può voler dire, tuttavia, dimenticare le poche, ma importantissime eccezioni che, forse, potrebbero confermare la regola. Ma, com’è noto, non sempre è così. Tra tutte, quella del 1994 (elezioni comunali) in cui la sinistra confinò la destra algherese in un angolino scomodo. Allora, vinsero un sindaco, Carlo Sechi, e una lista civica, Algheroviva, con l’antenato del Pd che ebbe un ruolo quasi marginale. Ricordo quel momento storico per la sinistra algherese perché ha dimostrato, con la concretezza dei numeri, che non esistono, in generale, città di destra o di sinistra per scelta del destino. Ma che la sinistra o la destra ottengono il consenso quando riescono a sintonizzarsi con il sentire comune della maggioranza dei cittadini.
Anche adesso siamo di fronte ad una nuova sfida tra centrodestra e centrosinistra in città. A maggio vincerà una delle due coalizioni – purché non si verifichino stravolgimenti nell’orientamento della maggioranza degli elettori – che si sfideranno per contendersi i voti degli algheresi e conquistare il governo della città
Il centrodestra, ha già dichiarato, per bocca del suo leader Marco Tedde, fresco di elezione in Consiglio regionale, che “l’obiettivo è presentare (…) una coalizione forte e matura che possa far dimenticare il malgoverno della sinistra cittadina e possa far risollevare un’economia messa in ginocchio da una classe politica inadeguata”. Fatta la tara della propaganda, il progetto del centrodestra è piuttosto chiaro: presentare una coalizione di centro-destra forte e matura.
E, invece, nel centrosinistra? Ciascuno per proprio conto. Quando, come nel caso dell’Associazione C’è un’Alghero migliore, si fa una campagna elettorale per le regionali cercando di vedere in prospettiva e di capire quali potessero essere le possibilità di dar vita ad una coalizione alternativa al centro-destra, capace di una visione condivisa della città e in grado di imparare dai propri errori, a partire da quello, più recente, della fine anticipata della giunta Lubrano, si scatena la lotta intestina e, pur di dimostrare l’indimostrabile, si arriva persino a stravolgere la forza dei numeri.
Partiamo da qui, allora. Dai numeri. E confrontiamo, come è normale fare nei paesi democratici, elezioni regionali con elezioni regionali.
I risultati segnalano una evidente sfiducia dei cittadini nei confronti della politica. Se la metà della popolazione non vota, significa che ritiene il proprio voto inutile. Sarà il caso di chiedersi il perché? Io penso che una politica responsabile deve interrogarsi e individuare le ragioni di una disaffezione che mette in crisi i presupposti della stessa democrazia. Io non mi pongo il problema se le responsabilità siano in tutto o in parte del berlusconismo, di Cappellacci o del decennio di amministrazione di Marco Tedde. Io ho il dovere di chiedermi quali sono le responsabilità del centrosinistra. E devo chiedermi se chi non va a votare sia la nostra gente: il proletariato, i disoccupati, le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese o quelli che, invece, riescono a reggere o che, magari, grazie alla crisi, si arricchiscono (o non si sono impoveriti). E devo anche cercare di capire se la divaricazione crescente tra i rappresentanti politici e i rappresentati sia frutto della propaganda populista o non invece (o non anche) la sostanziale omologazione – almeno agli occhi di chi è schiacciato dalla crisi – di tutti i politici diventati “casta”, o parte della casta. Ho la sensazione netta che chi non è andato a votare si collochi, per la maggioranza, tra quelli travolti dalla crisi: il nostro elettorato potenziale.
I dati delle recenti elezioni regionali, ad Alghero, aiutano molto a capire ciò che è successo e ciò che potrà succedere.
Ecco i numeri. In città, Cappellacci ottiene 8863 voti, pari al 46,77%; Pigliaru, invece, 7630 voti, pari al 40,18% . Ad Alghero, dunque, Cappellacci supera Pigliaru di oltre 6 punti percentuali. Ma la sconfitta più dolorosa è quella della coalizione di centrosinistra nei confronti del centro-destra: 7288 (44,88%) contro 9549 (53,30%). Oltre 8% di differenza. Il centrosinistra ha perso, rispetto alle elezioni regionali del 2009, 2190 voti.
Allora (2009), il candidato algherese più votato era stato Mario Bruno, Pd (3992 voti), seguito da Martinelli, Pdl (3398 voti). Oggi, il candidato più votato del Pd, Cacciotto, ha conquistato 2009 preferenze (- 1983 rispetto a quelle di Bruno nel 2009), mentre quello di F.I., Marco Tedde, supera, nonostante l’astensionismo, il risultato ottenuto da Martinelli. Dunque, Forza Italia cresce ad Alghero, in termini percentuali rispetto alle precedenti elezioni regionali (anche se di poco), mentre il Pd perde il 2,1% (oltre 1500 voti) rispetto alle precedenti regionali.
Se a ciò aggiungiamo il dato relativo ai comuni limitrofi ad Alghero (Sassari, Porto Torres, Ittiri, Uri, Villanova Monteleone, Olmedo e Putifigari) il confronto spiega molte cose, compresa l’esperienza della giunta Lubrano.
Con l’eccezione di Putifigari, comune nel quale ha vinto il centrodestra, in tutti gli altri c’è stata la vittoria della coalizione di centrosinistra. A Sassari, il centrosinistra vince col 55,80% e il Pd, grazie all’eccezionale risultato personale del sindaco Ganau, conquista il 36,26%; a Porto Torres, il Centrosinistra prende più voti del presidente Pigliaru (54,27% rispetto al 52,62%), mentre il Pd si ferma al 18,32%; a Ittiri, il Centrosinistra ottiene il 58,85%, col Pd che va al 31,66%; a Uri, le liste di centrosinistra prendono meno voti di Pigliaru, ma vincono la competizione col centrodestra e il Pd non va oltre il 20%; a Villanova Monteleone, il Centrosinistra vince col 54,29%, grazie soprattutto all’exploit della lista di Rifondazione Comunisti Italiani Sinistra Sarda che schizza al 24,50%, mentre il Pd si deve accontentare del 13,23%.
Non rendersi conto che il centrosinistra algherese ha perso le elezioni regionali non è un buon segno in vista della prossima competizione comunale. Negare che nella sconfitta e nel fenomeno dell’astensionismo non abbiano avuto un ruolo l’esperienza (e l’”eutanasia”) della giunta Lubrano, significa commettere un imperdonabile errore di valutazione della realtà locale.
Se poi, esponenti di primo piano del Pd locale ritengono che di fronte a questa sconfitta del centrosinistra e del Pd ci si possa consolare con un raffronto improponibile con le elezioni comunali, facciano pure. Ma, mi chiedo: è utile, in vista delle imminenti elezioni comunali, nascondere la testa sotto la sabbia? O è più importante capire le motivazioni che hanno spinto la metà degli elettori a disertare le urne e l’altra metà a scegliere, maggioritariamente, il centrodestra?
Ecco, io sono preoccupato della sconfitta del centrosinistra alle elezioni regionali e cerco di capire che cosa sia opportuno fare per scongiurare un’altra sconfitta a maggio, alle elezioni comunali, sforzandomi di analizzare il percorso della coalizione in questi ultimi anni e mesi. Altri sembrano maggiormente interessati ad affermare che il Pd, ad Alghero, è cresciuto, interpretando ogni valutazione politica nella quale si evidenzino errori compiuti anche dal Pd come un atto di lesa maestà.
Nuvole nere si addensano all’orizzonte. Mentre a Roma si discute (o si bisticcia?), Sagunto brucia.
Alghero è tra i comuni nei quali Pigliaru e la coalizione di centrosinistra hanno perso. I commentatori politici locali hanno attributo le ragioni di questa sconfitta alla tradizionale forza della destra algherese e, in modo particolare, all’exploit dell’ex sindaco Marco Tedde che, in città, con le sue 3594 preferenze, ha sbaragliato tutti gli altri candidati.
Prendiamo per buone, momentaneamente, le valutazioni dei succitati commentatori e cerchiamo di capire se collimino con la realtà.
Nel 2009, una città “destrorsa” elegge in Consiglio regionale due esponenti del centrosinistra algherese, mentre la destra vince le elezioni regionali. I due sono: Mario Bruno del Pd (5245 preferenze nella circoscrizione sassarese) e Carlo Sechi di Rifondazione comunista. Il dato che più impressionò, allora, l’opinione pubblica fu proprio la grande affermazione del candidato algherese del Pd, che fece volare il partito in città oltre il 25% dei voti. Curiosamente, nelle elezioni del 2014 è accaduto ciò che era già capitato nel 2009, ma a parti invertite. Con alcune significative differenze, però. Nel 2009, ad Alghero aveva vinto il candidato alla presidenza Cappellacci, ma erano stati eletti consiglieri due esponenti del centrosinistra (oltre a Pietrino Fois, di centro-destra). Oggi, rivince Cappellacci, viene eletto un consigliere di centro-destra e nessuno di centrosinistra.
Quindi, sul punto relativo ad un orientamento politico generalmente di centro-destra, in città, si potrebbe convenire con i commentatori di cui sopra. Ciò non può voler dire, tuttavia, dimenticare le poche, ma importantissime eccezioni che, forse, potrebbero confermare la regola. Ma, com’è noto, non sempre è così. Tra tutte, quella del 1994 (elezioni comunali) in cui la sinistra confinò la destra algherese in un angolino scomodo. Allora, vinsero un sindaco, Carlo Sechi, e una lista civica, Algheroviva, con l’antenato del Pd che ebbe un ruolo quasi marginale. Ricordo quel momento storico per la sinistra algherese perché ha dimostrato, con la concretezza dei numeri, che non esistono, in generale, città di destra o di sinistra per scelta del destino. Ma che la sinistra o la destra ottengono il consenso quando riescono a sintonizzarsi con il sentire comune della maggioranza dei cittadini.
Anche adesso siamo di fronte ad una nuova sfida tra centrodestra e centrosinistra in città. A maggio vincerà una delle due coalizioni – purché non si verifichino stravolgimenti nell’orientamento della maggioranza degli elettori – che si sfideranno per contendersi i voti degli algheresi e conquistare il governo della città
Il centrodestra, ha già dichiarato, per bocca del suo leader Marco Tedde, fresco di elezione in Consiglio regionale, che “l’obiettivo è presentare (…) una coalizione forte e matura che possa far dimenticare il malgoverno della sinistra cittadina e possa far risollevare un’economia messa in ginocchio da una classe politica inadeguata”. Fatta la tara della propaganda, il progetto del centrodestra è piuttosto chiaro: presentare una coalizione di centro-destra forte e matura.
E, invece, nel centrosinistra? Ciascuno per proprio conto. Quando, come nel caso dell’Associazione C’è un’Alghero migliore, si fa una campagna elettorale per le regionali cercando di vedere in prospettiva e di capire quali potessero essere le possibilità di dar vita ad una coalizione alternativa al centro-destra, capace di una visione condivisa della città e in grado di imparare dai propri errori, a partire da quello, più recente, della fine anticipata della giunta Lubrano, si scatena la lotta intestina e, pur di dimostrare l’indimostrabile, si arriva persino a stravolgere la forza dei numeri.
Partiamo da qui, allora. Dai numeri. E confrontiamo, come è normale fare nei paesi democratici, elezioni regionali con elezioni regionali.
I risultati segnalano una evidente sfiducia dei cittadini nei confronti della politica. Se la metà della popolazione non vota, significa che ritiene il proprio voto inutile. Sarà il caso di chiedersi il perché? Io penso che una politica responsabile deve interrogarsi e individuare le ragioni di una disaffezione che mette in crisi i presupposti della stessa democrazia. Io non mi pongo il problema se le responsabilità siano in tutto o in parte del berlusconismo, di Cappellacci o del decennio di amministrazione di Marco Tedde. Io ho il dovere di chiedermi quali sono le responsabilità del centrosinistra. E devo chiedermi se chi non va a votare sia la nostra gente: il proletariato, i disoccupati, le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese o quelli che, invece, riescono a reggere o che, magari, grazie alla crisi, si arricchiscono (o non si sono impoveriti). E devo anche cercare di capire se la divaricazione crescente tra i rappresentanti politici e i rappresentati sia frutto della propaganda populista o non invece (o non anche) la sostanziale omologazione – almeno agli occhi di chi è schiacciato dalla crisi – di tutti i politici diventati “casta”, o parte della casta. Ho la sensazione netta che chi non è andato a votare si collochi, per la maggioranza, tra quelli travolti dalla crisi: il nostro elettorato potenziale.
I dati delle recenti elezioni regionali, ad Alghero, aiutano molto a capire ciò che è successo e ciò che potrà succedere.
Ecco i numeri. In città, Cappellacci ottiene 8863 voti, pari al 46,77%; Pigliaru, invece, 7630 voti, pari al 40,18% . Ad Alghero, dunque, Cappellacci supera Pigliaru di oltre 6 punti percentuali. Ma la sconfitta più dolorosa è quella della coalizione di centrosinistra nei confronti del centro-destra: 7288 (44,88%) contro 9549 (53,30%). Oltre 8% di differenza. Il centrosinistra ha perso, rispetto alle elezioni regionali del 2009, 2190 voti.
Allora (2009), il candidato algherese più votato era stato Mario Bruno, Pd (3992 voti), seguito da Martinelli, Pdl (3398 voti). Oggi, il candidato più votato del Pd, Cacciotto, ha conquistato 2009 preferenze (- 1983 rispetto a quelle di Bruno nel 2009), mentre quello di F.I., Marco Tedde, supera, nonostante l’astensionismo, il risultato ottenuto da Martinelli. Dunque, Forza Italia cresce ad Alghero, in termini percentuali rispetto alle precedenti elezioni regionali (anche se di poco), mentre il Pd perde il 2,1% (oltre 1500 voti) rispetto alle precedenti regionali.
Se a ciò aggiungiamo il dato relativo ai comuni limitrofi ad Alghero (Sassari, Porto Torres, Ittiri, Uri, Villanova Monteleone, Olmedo e Putifigari) il confronto spiega molte cose, compresa l’esperienza della giunta Lubrano.
Con l’eccezione di Putifigari, comune nel quale ha vinto il centrodestra, in tutti gli altri c’è stata la vittoria della coalizione di centrosinistra. A Sassari, il centrosinistra vince col 55,80% e il Pd, grazie all’eccezionale risultato personale del sindaco Ganau, conquista il 36,26%; a Porto Torres, il Centrosinistra prende più voti del presidente Pigliaru (54,27% rispetto al 52,62%), mentre il Pd si ferma al 18,32%; a Ittiri, il Centrosinistra ottiene il 58,85%, col Pd che va al 31,66%; a Uri, le liste di centrosinistra prendono meno voti di Pigliaru, ma vincono la competizione col centrodestra e il Pd non va oltre il 20%; a Villanova Monteleone, il Centrosinistra vince col 54,29%, grazie soprattutto all’exploit della lista di Rifondazione Comunisti Italiani Sinistra Sarda che schizza al 24,50%, mentre il Pd si deve accontentare del 13,23%.
Non rendersi conto che il centrosinistra algherese ha perso le elezioni regionali non è un buon segno in vista della prossima competizione comunale. Negare che nella sconfitta e nel fenomeno dell’astensionismo non abbiano avuto un ruolo l’esperienza (e l’”eutanasia”) della giunta Lubrano, significa commettere un imperdonabile errore di valutazione della realtà locale.
Se poi, esponenti di primo piano del Pd locale ritengono che di fronte a questa sconfitta del centrosinistra e del Pd ci si possa consolare con un raffronto improponibile con le elezioni comunali, facciano pure. Ma, mi chiedo: è utile, in vista delle imminenti elezioni comunali, nascondere la testa sotto la sabbia? O è più importante capire le motivazioni che hanno spinto la metà degli elettori a disertare le urne e l’altra metà a scegliere, maggioritariamente, il centrodestra?
Ecco, io sono preoccupato della sconfitta del centrosinistra alle elezioni regionali e cerco di capire che cosa sia opportuno fare per scongiurare un’altra sconfitta a maggio, alle elezioni comunali, sforzandomi di analizzare il percorso della coalizione in questi ultimi anni e mesi. Altri sembrano maggiormente interessati ad affermare che il Pd, ad Alghero, è cresciuto, interpretando ogni valutazione politica nella quale si evidenzino errori compiuti anche dal Pd come un atto di lesa maestà.
Nuvole nere si addensano all’orizzonte. Mentre a Roma si discute (o si bisticcia?), Sagunto brucia.
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