Santa Chiara, Ateneo-Comune: 0 a 0
"Ricordiamo il punteggio da Alghero … dopo l’intervallo: Ateneo 0, Comune 0."
Era settembre, e si scriveva questo circa il Santa Chiara, e la vertenza infinita tra Comune e Università.
Parafrasando il linguaggio sportivo, questa era ed è la situazione del Santa Chiara (la nuova “sede”, il cui uso è conteso tra Comune e Ateneo). Tutt’oggi, di fatto.
Pareggio, ovvero un continuo confronto tra le parti fatto di patti, firme, strette di mano, convenzioni e protocolli. Oltre 600 persone e un indotto di primaria importanza per il tessuto economico-sociale sono ancora senza sede, tenute in ostaggio della burocrazia e delle dichiarazioni d’intenzioni. O in sedi provvisorie, precarie, non all’altezza delle richieste.
Una lettura retrospettiva di quest’articolo di settembre, permette di cogliere la situazione oltre sei mesi dopo. Immaginando, per un attimo, questa retrospettiva:
Si nominavano news circa il probabile trasferimento a Sassari di alcune classi per le quali non è possibile trovare lo spazio. Ora, di trasferimento non si parla più; alcune classi sono attive. E, ad onore del vero, al paragrafo:
andrebbe aggiunta qualche riga che potrebbe suonare come:
Mentre invece resterebbe invariato, tristemente:
Parimenti, rimarrebbe la malinconica coda finale di quell’articolo; un finale amaro che lega lo studente ad Alghero. Come una carrellata cinematografica che estende, su un sottofondo triste, l’inquadratura, fino a cogliere l’intero contesto (quello algherese, in questo caso), con un grandangolo molto ampio.
Senza ulteriori commenti circa il tormentato rapporto Alghero – Università, e le sfumature amore-odio (e altri dualismi), epitaffio malinconico di questo articolo, resta l’immagine scattata durante un sopralluogo a fine 2011. Fermo immagine del vuoto degli scaffali che ancora imperversa.
Redazione Arkimastria
Era settembre, e si scriveva questo circa il Santa Chiara, e la vertenza infinita tra Comune e Università.
Parafrasando il linguaggio sportivo, questa era ed è la situazione del Santa Chiara (la nuova “sede”, il cui uso è conteso tra Comune e Ateneo). Tutt’oggi, di fatto.
Pareggio, ovvero un continuo confronto tra le parti fatto di patti, firme, strette di mano, convenzioni e protocolli. Oltre 600 persone e un indotto di primaria importanza per il tessuto economico-sociale sono ancora senza sede, tenute in ostaggio della burocrazia e delle dichiarazioni d’intenzioni. O in sedi provvisorie, precarie, non all’altezza delle richieste.
Biblioteca |
Si nominavano news circa il probabile trasferimento a Sassari di alcune classi per le quali non è possibile trovare lo spazio. Ora, di trasferimento non si parla più; alcune classi sono attive. E, ad onore del vero, al paragrafo:
“Il Santa Chiara pare oramai una pedina immobiliare, una puntata di una mano di poker, più che un oculato investimento culturale per un territorio. I writers hanno già inaugurato la struttura con alcune scritte e i bambini vi giocano a calcio nel retro e magari qualche parkour ci salta intorno. Almeno è possibile affermare che il complesso è integrato nelle dinamiche urbane, e che l’appropriazione degli spazi esterni da parte della comunità procede bene. Sono dinamiche che seguono altri tempi, ovviamente.”
andrebbe aggiunta qualche riga che potrebbe suonare come:
“tuttavia, dopo svariate vicissitudini e aperture rateizzate,che lasciano una parte ancora in cantiere, i riscaldamenti funzionano, alcune stanze sono fruibili. Lentamente, si mira a una normalità e a una serenità meritata e necessaria”.
Mentre invece resterebbe invariato, tristemente:
“Da un lato il declino di questa situazione, dall’altro il barlume di positività derivante dall’impegno intellettuale che ogni singolo può coltivare in proprio, seguendo le proprie passioni. Impegno necessario per fermare almeno il declino intellettuale che una certa situazione può trascinarsi, come effetto allegato. Meglio ricordare gli impegni da studente, la vocazione e la passione che, non si sa mai venga meno…
… È da notare che questo impegno intellettuale è difficile da ricercare in una biblioteca parzialmente inagibile, ospitata (letteralmente) in due locali della curia vescovile diocesana.”
Parimenti, rimarrebbe la malinconica coda finale di quell’articolo; un finale amaro che lega lo studente ad Alghero. Come una carrellata cinematografica che estende, su un sottofondo triste, l’inquadratura, fino a cogliere l’intero contesto (quello algherese, in questo caso), con un grandangolo molto ampio.
“Si sa però, da sempre gli studenti sono tappabuchi Doc: un tavolo di fianco a un letto, in viale Europa o in viale S. Agostino, dovrebbe bastare, con contratto o senza, poi si vedrà: siamo in Italia, si sa.
Mentre, “nel mondo reale”, tutto scorre regolarmente, durante “l’intervallo estivo” di cui all’inizio: l’antico borgo medievale catalano ricerca ossessivamente una vocazione turistica entro le sue mura, aprendo decine di gelaterie (in contemporanea); il declino qualitativo delle parti urbane esistenti procede regolare; le periferie continuano a essere progressivamente frammentate; un’ aeroporto cerca continuamente convenzioni con compagnie low-cost; un campo nomadi a esso vicino raggiunge dimensioni superficiali pari all’abitato nel quale è situato.”
Senza ulteriori commenti circa il tormentato rapporto Alghero – Università, e le sfumature amore-odio (e altri dualismi), epitaffio malinconico di questo articolo, resta l’immagine scattata durante un sopralluogo a fine 2011. Fermo immagine del vuoto degli scaffali che ancora imperversa.
Redazione Arkimastria
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