Vinyls Addio
Ecco perché Porto Torres e Marghera chiudono.
Muttoni |
La definitiva chiusura degli impianti Vinyls a Porto Torres, ed il conseguente licenziamento di 90 dipendenti, è l'ultima replica in ordine di tempo di quella tragedia che è la deindustrializzazione italiana.
Non molti sanno che il PVC, o polivinilcloruro, è una delle resine sintetiche più prodotte al mondo, utilizzato su larga scala nell'industria automobilistica,
elettrotecnica e nell'edilizia.
È dunque un prodotto destinato a rimanere sul mercato ancora per decenni, e comunque dotato di proprietà tali che un suo definitivo abbandono è al momento impensabile.
Questo significa che, se l'Italia cessa la produzione, qualcun altro subentrerà.
Perché, dunque, chiudiamo il business? Esistono importanti fattori da tenere in considerazione.
Per produrre il PVC servono due materie prime, l'etilene ed il cloro, e un intermedio dato dalla combinazione dei due, il VCM o vinilcloruro monomero. Tutti e tre, ma soprattutto gli ultimi due, sono composti altamente pericolosi, caratteristica che incide sui costi di produzione, a causa degli ingenti costi delle misure antinfortunistiche e di protezione ambientale.
Per la produzione serve inoltre una quantità non trascurabile di energia, altro componente che noi italiani, avendo, soli al mondo, rinunciato al nucleare, paghiamo a carissimo prezzo. Ci troviamo perciò nella condizione di produrre un prodotto valido, ma a basso valore aggiunto da un lato, e dover sopportare costi elevati per le materie prime, per l'energia e per la mano d'opera. A questi si aggiungono i costi per la protezione ambientale. La concorrenza si trova in paesi che dispongono della materia prima, o dove l'energia costa poco, o il personale è a perdere, o la protezione dell'ambiente è inesistente o rimandata a tempi migliori.
Solo di rado tutte queste condizioni sono presenti contemporaneamente, ma ne basta soltanto una per rendere la concorrenza pesantissima.
Ecco perché Portotorres, ma anche Marghera etc.. chiudono. Perché non c'è più margine di guadagno per chi investe, mentre per la gestione c'è la scoraggiante certezza di incappare in procedimenti giudiziari peggiori di qualsiasi chiusura. Con scenari simili hanno chiuso migliaia di industrie italiane.
Il compito di farci uscire da questa situazione grava sulle spalle di una classe politica che dovrebbe prima ammettere, poi spiegare ai cittadini che non basta tagliare le spese qua e là, corrodere le pensioni, limitare
l'evasione fiscale, per sanarla.
Senza produzione, non c'è ricchezza da distribuire, né miglioramento delle condizioni generali. E per produrre è necessario convincere gli investitori a rischiare i loro capitali sul lavoro, anziché sulle cartacce della Borsa. E sottolineare che un guadagno onesto ha rendimenti percentuali a una cifra. Parallelamente il governo dovrebbe adoperarsi per la protezione delle attività, dei lavoratori, e dell'ambiente.
Chiarendo alle parti sociali che alcune richieste, ancorché legittime, sono inesaudibili. Una cosa fattibile, ma che richiede una dose di onestà intellettuale ( oltre che contabile ), che è difficile intravedere.
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